Pubblicato su politicadomani Num 63 - Novembre 2006

Fotografia
Chi era Anna Politkovskaya
Donna, giornalista, uccisa. Continuava a denunciare al mondo intero il genocidio perpetrato in Cecenia dalla Russia di Eltsin e Putin

di Consuelo Quattrocchi

Anna Politkovskaja era nata nel 1958 a New York da una famiglia di diplomatici sovietici. Nel 1980 ha portato a termine gli studi presso la facoltà di giornalismo dell'Università Statale di Mosca. Ha cominciato la carriera giornalistica nel 1982 presso il quotidiano "Izvestija". Ha lavorato inoltre presso i giornali "Vozdusnyj transport" e "Megapolis-Express", l'unità creativa Eskart e le edizioni Paritet. Nel periodo 1994-1999 è stata redattrice della sezione eventi straordinari della "Obstaja Gazeta", a partire dal 1999 scrive per la "Novaja Gazeta". E' nota per le sue pubblicazioni sulla Cecenia e sulla corruzione in Russia, per la sua attività di difesa dei diritti umani e per la sua partecipazione alle trattative con i terroristi che nel 2002 avevano sequestrato centinaia di persone nel teatro della Dubrovka.
Politkovskaja ha ricevuto molti premi giornalistici nazionali e internazionali. Dal 1978 al 2000 è stata sposata con il giornalista televisivo Aleksandr Politkov-skij. Anna Politkovskaja lascia due figli.
Seppi dell'esistenza di questa donna frequentando un seminario sui genocidi e le violazioni dei diritti umani nel mondo. Lei era la giornalista che faceva paura al Cremlino, almeno così erano soliti apostrofarla. Apprezzai allora il suo modo di scrivere, la sua tenacia e il suo cuore impavido.
Risentii purtroppo parlare di lei il 7 ottobre 2006 al telegiornale: "Assassinata a Mosca Anna Politkovskaya, giornalista russa famosa in tutto il mondo per i suoi reportage sugli orrori della guerra in Cecenia e gli abusi compiuti dalle truppe federali. La donna è stata trovata morta da una vicina nell'atrio dell'edificio in cui viveva. Sul luogo del delitto, la polizia ha trovato una pistola e quattro bossoli".
In quel momento oltre al doloroso stupore che mi assalì, mi venne in mente una sua frase: "Il mondo teme una proliferazione nucleare incontrollata. Io, invece, temo l'odio". A preservare il mondo da quell'odio Anna dedicò la sua vita.
"Ci interessano e ci scandalizzano le torture dei carcerieri americani sui detenuti iracheni, ignoriamo invece, e ce ne infischiamo, le torture inflitte dai russi ai combattenti ceceni prigionieri", così affermava in uno dei suoi reportage dando voce ad uno dei tanti genocidi che continua a passare sotto silenzio: quello ceceno.
Ad Anna stava a cuore il lento e costante eccidio del popolo ceceno e la sua produzione è dedicata ampiamente a riportare testimonianze di persone che hanno subito e stanno subendo sulla loro pelle l'assurdità umana dello sterminio sistematico di un popolo. Molti hanno ipotizzato che la sua uccisione possa essere collegata al suo ultimo lavoro: "Ti chiamiamo terrorista: l'uso della tortura nel programma anti terrorismo in Nord Caucaso", le cui foto hanno fatto il giro del mondo intero.
Tutti si sono preoccupati di indagare il perché della sua morte io, invece, mi permetto di indagare sul perché della sua vita. Ho letto un suo articolo che mi ha commosso molto in cui testimonia le sue preoccupazioni di individuo che porta la sua testimonianza personale nel mondo: "Sono una reietta. È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all'estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me. Eppure tutti i più alti funzionari accettano d'incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto conducendo un'indagine. Ma lo fanno di nascosto. È una situazione a cui non ti abitui, ma impari a conviverci. Quale crimine ho commesso per essere bollata 'come una contro di noi'? Mi sono limitata a riferire i fatti di cui sono stata testimone. Ho scritto e, più raramente, ho parlato. Non sono un magistrato inquirente, sono solo una persona che descrive quello che succede a chi non può vederlo. Naturalmente gli articoli che mi presentano come la pazza di Mosca non mi fanno piacere. Vivere così è orribile. Vorrei un po' più di comprensione. Ma la cosa più importante è continuare a fare il mio lavoro, raccontare quello che vedo, ricevere ogni giorno in redazione persone che non sanno dove altro andare. Per il Cremlino le loro storie non rispettano la linea ufficiale. L'unico posto dove possono raccontarle è la Novaja Gazeta".
Le sue parole sono probabilmente le migliori per ricordare Anna Politkovskaya non solo come giornalista ma anche e soprattutto come persona: una vita vissuta col cuore, passata a difendere gli altri piuttosto se stessa, una donna che ha chiesto compassione ad un mondo che non ha saputo offrirgliela.
Addio Anna.

 

Per saperne di più

Genocidio
Il termine "genocidio" venne ufficialmente usato dalla prima volta dal giurista polacco Raphael Lemkin nel nono capitolo del suo libro "Axis Rule in occupied Europe", pubblicato nel 1944. Nell'analisi di Lemkin il concetto di genocidio, possibile anche in tempi di pace, non va obbligatoriamente associato a manifestazioni di forza violente e liquidatorie. Esso si determina anche attraverso attacchi non letali in grado di minare comunque la libertà e la sicurezza personale dei membri di un gruppo. Il genocidio comprende un numero di azioni molto vasto che ha come obiettivo la "disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali e la distruzione della sicurezza personale, della libertà della salute, della dignità e persino delle vite degli individui che appartengono a tali gruppi".

Novaja Gazeta
Testata moscovita filo-occidentale bisettimanale e on-line sulla quale scriveva Anna Politovskaya. Azionista del periodico è Michael Gorbaciov, ex Presidente dell'URSS e Premio Nobel per la Pace.

 

Homepage

 

   
Num 63 Novembre 2006 | politicadomani.it