Pubblicato su politicadomani Num 63 - Novembre 2006

Il coraggio di Chomsky
Poliarchia piuttosto che democrazia
La cultura elitaria genera la sofferenza delle masse, si tratta una forma di nuova schiavitù sostenuta anche da un'informazione collusa

di D.S.

Da oltre cinquant'anni Noam Chomsky scrive articoli e libri, firma petizioni, partecipa ad assemblee e dibattiti in tutto il mondo, tiene conferenze, rilascia interviste. Insegna lingue moderne e linguistica al MIT (Massachussets Institute of Technology). L'università statunitense specializzata nelle scienze e nella tecnologia dove si trovano alcuni tra i complessi tecnologici più all'avanguardia del mondo. Alle sue lezioni, in aule sempre stracolme, partecipano da anni professori di linguistica e filosofia, psicologia e matematica, seduti fianco a fianco ad auditori di ogni tipo, dagli studenti ai semplici curiosi. Le lezioni sono come le sue conferenze: il confronto intellettuale è alla base della sua didattica ed è anche il suo metodo di lotta politica: "Abbiamo libertà di parola grazie alle lotte popolari. Niente è mai arrivato dall'alto [...] La protezione contro la tirannia viene dalla lotta, e non importa di che tipo di tirannia si tratti".
Le sue aspre critiche nei confronti del neocolonialismo, i suoi innumerevoli scritti contro la politica americana e i suoi alleati, il suo attivismo a difesa delle minoranze e dei diritti dei più deboli di tutto il mondo, il suo impegno a difesa del rispetto dei Trattati Internazionali, insieme ai suoi studi rivoluzionari nel campo del linguaggio, fanno di lui, come sostiene il New York Times, "il più grande intellettuale vivente". Inoltre le sue straordinarie capacità culturali e comunicative lo rendono uno dei più citati intellettuali del nostro tempo.
Con la sua opera, Chomsky, affronta le élites nazionali e internazionali e tutti coloro che li sostengono: esse sono espressione, dice, di una tirannia che rende il sistema democratico una semplice metafora, mera propaganda: "Funzionamento democratico significa partecipazione dei cittadini, non si tratta solo di schiacciare un bottone al momento delle elezioni. Di conseguenza significa avere delle organizzazioni, scegliersi i propri candidati, richiamarli regolarmente, e così via: ma non esiste nulla di tutto questo. Quello che esiste è una sorta di classe politica, strettamente legata alle élites e alle leadership economiche e selezionata al loro interno. E il popolo può ratificare le sue scelte, ma questa non è democrazia. Infatti, nelle scienze politiche si chiama poliarchia, non democrazia".
Chomsky viene attaccato da ogni parte per la sua estrema franchezza e il suo rifiuto di ogni forma di compromesso politico. È accusato, per le sua polivalenza, a seconda della provenienza delle critiche, di essere filosovietico e antisovietico, filoarabo e antiarabo, filo Khmer rossi e cospiratore col nemico di turno. Perfino un ebreo accusato di antisemitismo.
Nell'epoca della guerra preventiva e del dominio del pensiero unilaterale la sua critica non investe la politica americana in sé (nonostante essa metta in discussione la sovranità degli Stati e il loro diritto a relazioni internazionali basate sulla non ingerenza) ma l'ideologia stessa che essa esprime. Le culture dominanti e le società potenti come "la Francia in Africa, la Gran Bretagna in Kenya ed in altri luoghi superano di gran lunga qualsiasi attività terroristica", afferma Chomsky.
Con la sua attività di "intellettuale contro" si scaglia inesorabile contro la collusione tra potere e mezzi di informazione, i quali, per sottomissione, per incapacità e ignoranza, per scelta di comodo, contribuiscono a rendere legali i grandi crimini di guerra commessi dai governi delle grandi e potenti nazioni: "Si poteva vedere sulla prima pagina del New York Times una grande foto di un ufficiale durante la battaglia, o meglio durante la presa dell'ospedale di Fallujah. E poi un'altra immagine di persone stese a terra con i soldati che le sorvegliano. Quella foto documenta un testo, scritto accanto, in cui si legge che medici e pazienti erano stati costretti a stendersi per terra incatenati. Secondo la legge statunitense, il presidente sarebbe soggetto alla pena di morte per questo crimine. Si tratta, infatti, di una grave violazione delle Convenzioni di Ginevra: queste affermano esplicitamente e senza ambiguità che gli ospedali, lo staff medico e i pazienti devono essere protetti da tutte le parti in guerra in ogni conflitto. Non si potrebbe, quindi, commettere una così grave violazione di questi documenti. Negli Stati Uniti, inoltre, esiste un Atto sui crimini di guerra, passato al Congresso nel 1996, secondo il quale le gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra sono soggette alla pena di morte. E questo non riguarda i soldati che le hanno compiute, ma direttamente i loro comandanti".
Ancora oggi Chomsky a 78 anni continua nel suo attivismo politico con passione crescente. Senza mai smettere di constatare, e di condannare, la sempre maggiore distanza tra governanti e governati di ogni parte del mondo. Risultato questo che deriva dall'accumulazione di potere e di denaro di solo un piccolissimo segmento della popolazione rispetto alla stragrande maggioranza. Queste élites, denuncia Chomsky, con la globalizzazione del potere attraverso l'ingerenza economica, politica e religiosa stanno producendo nel mondo, una volta "avanzato", nuove forme di schiavitù tenute in piedi attraverso l'ignoranza e la disinformazione.
Nei suoi 78 anni Chomsky è stato spettatore, e protagonista, del susseguirsi di una Storia che la maggioranza della gente comune non riesce ancora a vedere e a capire. Questa sua capacità di sintesi intellettuale, la sua capacità di comprendere e far comprendere le grandi ragioni delle realtà storiche, rappresentano il suo lascito, una eredità di inestimabile valore.

 

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