Pubblicato su politicadomani Num 63 - Novembre 2006

Biografia di un Magister
Noam Chomsky: un intellettuale contro
Linguista, storico, politologo, accademico, concretamente impegnato nella diffusione di una cultura politica a difesa dei più deboli e contro le élite dominanti

di Damiano Sansosti

William (Zev) Chomsky, insieme a sua moglie Elsie, scappa dalla Russia nel 1913 per sfuggire all'arruolamento obbligatorio nell'esercito zarista. La coppia, di religione ebraica, si stabilisce a Baltimora, nel Maryland, dove per vivere è costretta a fare i più diversi e sottopagati lavori. Più tardi i due si trasferiscono a Filadelfia, in Pennsylvania. Qui, il 7 dicembre del 1928, nasce Noam Avram Chomsky. A Filadelfia il padre di Noam è prima insegnante nella scuola religiosa della congregazione Mikhveh Israel, dove insegna anche la madre Elsie, professoressa di ebraico, e poi preside di facoltà al Gratz ed insegnante al Dropsie College, facoltà di specializzazione in studi ebraici e semitici.
La famiglia avrà per il giovane Chomsky una notevole influenza, culturale e politica. Cresciuto in un ambiente aperto e tollerante, spronato sin da piccolo allo studio e alla conoscenza, Noam esprimerà la sua straordinaria capacità e il suo genio sia nell'impegno politico sia nella linguistica. Alla morte del padre William, studioso di lingua medievale, il New York Times scriverà di lui "uno dei più eminenti filologi ebrei del mondo". William trasmetterà al figlio Noam la passione per lo studio del linguaggio. Bertrand Russel e George Orwell lo influenzeranno invece nella sua ricerca in ambito filosofico e nella logica che egli applicherà alla ricerca di una Ragione politica ispirata tanto alla libertà quanto alla coerenza.
Noam ha solo tredici anni quando inizia i suoi viaggi a New York, dove passa il suo tempo tra le librerie dell'usato di Fourth Avenue, il giornale anarchico "Freie arbeiter stimme" e l'edicola che suo zio possiede sulla 72a strada. L'edicola dello zio di Noam è in realtà un salotto politico-letterario frequentato soprattutto da immigrati ebrei, lavoratori ed intellettuali, tutti poverissimi, "molti vivevano in case che erano dei tuguri. Ma la loro era una cultura ricca e vivace e mi ha profondamente influenzato negli anni dell'adolescenza", scrive di loro Chomsky.
A vent'anni lo studio di Anton Pannekoek (in particolar modo quello sull'autorganizzazione della classe lavoratrice) lo segnerà definitivamente, rappresentando ancora oggi per Chomsky il suo più specifico e concreto progetto politico. La convinzione di Chomsky è che solo le società fondate sulla libertà possano funzionare e risolvere i problemi dell'individuo e della collettività. Più tardi definirà il popolo una "avanguardia rivoluzionaria" che insorge contro i sistemi di oppressione e partecipa ai movimenti spontanei che hanno radici "nei bisogni primari e negli ideali delle masse alienate". Gli ideali anarco-sindacalisti segneranno tutta la sua vita politica.
Intanto la vita universitaria lo delude e matura l'idea di abbandonare il college e andare in Palestina, per partecipare al lavoro di cooperazione tra la classe lavoratrice araba e quella ebraica in un kibbutz, entro un contesto socialista. Ma è ancora troppo presto. È il 1947 e Chomsky, come l'allora componente maggioritaria del sionismo, si oppone con forza all'idea di uno Stato ebraico in Palestina.
Nel 1949 la sua tesi di laurea "Morphophonemics of Modern Hebrew" rappresenta il primo esempio della straordinaria rivoluzione in campo linguistico da lui postulata.
Nel 1953, si avvera il sogno accarezzato da tempo. Insieme alla moglie Carol, parte alla volta del kibbutz Ha-Zorea, dove i due vivono però soltanto per sei settimane. "L'esclusività e lo scenario istituzionale razzista" lo turbano profondamente. Al suo ritorno negli Stati Uniti il solco che lo divide dalla maggior parte delle organizzazioni ebraiche è quasi incolmabile. Egli giudica le azioni del governo israeliano senza indulgere in nessun tipo di giustificazione autoassolutoria, con una lucidità che lo porta fino a dubitare della legittimità di uno Stato ebraico creato a scapito del popolo palestinese. Questa sua posizione gli vale ben presto le prime pesantissime accuse di antisemitismo.
Chomsky si laurea nel 1955 e un anno dopo, tra un incarico da ricercatore ed un posto da insegnante al MIT (Massachussets Institute of Technology), scrive "Three Models for the Description of Language"; il saggio contiene gli elementi essenziali del suo approccio al linguaggio dai quali deriva il suo netto rifiuto delle leggi prevalenti nella linguistica procedurale. Il suo lavoro diverge tanto radicalmente dall'opinione corrente da provocare, dopo un iniziale silenzio, un'eco di commenti e di voci fra loro contrastanti e sempre più vasta.
Sono gli anni sessanta - gli anni della crisi dei missili nucleari di Cuba, dei bombardamenti sul Vietnam, della guerra fredda a rischio nucleare - e Chomsky affianca alla rivoluzione nella "vecchia" linguistica procedurale un impegno politico sempre crescente: "Erano giorni frenetici. Tenevo molti discorsi politici al giorno un po' dappertutto, venivo arrestato, andavo alle assemblee sulla resistenza, insegnavo nelle aule, giocavo con i miei bambini. Sono persino riuscito a piantare molti alberi ed arbusti nel giardino di casa".
A soli trentuno anni Noam Chomsky è già un intellettuale di incredibile statura. Oramai famoso per il suo lavoro rivoluzionario nella linguistica e nella filosofia, inizia a viaggiare tra America ed Europa in qualità di pubblico "osservatore politico". Riceve premi ed onorificenze in tutto il mondo pronunciandosi contro tutte le violazioni dei diritti umani e contro l'azione oppressiva di ogni classe dominante. Inizia a scrivere sulla Cambogia, sul Laos, sul Salvador, e poi ancora sul Nicaragua, sull'Indocina, su Tripoli, sul Medioriente, senza però mai indulgere nei confronti dei movimenti e delle organizzazioni che considera oppressive, antirivoluzionarie ed elitarie. Ciò che colpisce della sua opera è proprio la lucidità, la linearità, la vastità e profondità culturale e storiografica. Netta e inequivocabile è la sua condanna delle derive totalitarie del maoismo, dello stalinismo, del trotzkismo, che avevano affascinato invece intere comunità di intellettuali suoi contemporanei.
Un vero e proprio Ludi Magister il quale, però, a differenza del Prof. Knecht, il Maestro del "Giuoco delle perle di vetro" di Hesse, fa risiedere il meglio del sapere umano fuori di ogni gerarchia.

 

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