Pubblicato su politicadomani Num 63 - Novembre 2006

La tv in cella
Il confronto
L'occhio della telecamera all'interno di una prigione è spesso impietoso. Occorre usarlo con delicatezza per non calpestare la dignità del detenuto, che è persona anche lui

di Maria Mezzina

Accettereste voi, se foste carcerati, una troupe televisiva oppure cinematografica che puntando l'occhio della telecamera nella vostra cella - nove metri quadrati da condividere con almeno un'altra persona - scrutasse la vostra vita privata, monotona, sempre uguale, chiusi in quello spazio 20 ore su 24, per mesi, per anni?
Accettereste, sapendo che quelle riprese saranno poi trasmesse e potranno essere viste da chiunque, compresi i vostri cari, di sottoporvi a questa specie di gogna?
Io non lo accetterei. E infatti molti nel carcere dove sono state fatte le riprese mandate poi in onda in una serie di trasmissioni condotte da Maurizio Costanzo si sono rifiutati di farlo.
Siamo nella Casa Circondariale di Velletri. Le riprese sono state fatte dalla troupe televisiva di Italia 1, la Tv commerciale di Mediaset, che per otto settimane a partire dal 27 ottobre le manderà in onda in terza serata. Si tratta del nuovo "reality" di Costanzo che rimane agganciato così a Mediaset, grazie anche a questo progetto.
Altra cosa è, invece, prestare il proprio volto e la propria voce per raccontare liberamente la propria esperienza, gli stati d'animo, le speranze, le delusioni, e quella voglia di riscattarsi e di ricominciare daccapo che fanno la differenza fra un delinquente e un uomo o una donna che sono detenuti ma sanno di avere commesso degli errori ed hanno una sola speranza e una sola forza, quella di riscattarsi e di ricominciare. È questo il messaggio che tredici minuti di un video, che probabilmente non andrà mai in onda, trasmette a chi lo vede.
Quei tredici minuti sono la prima parte di nove che appartengono a un video, "Raccontamela giusta" è il titolo, che raccoglie le testimonianze di tante persone - detenuti, parenti, datori di lavoro, giudici e direttori - che ruotano attorno al mondo del carcere. Il video, che è stato realizzato dall'associazione di volontariato "La fraternità" a Verona, fa parte del materiale didattico di un percorso di formazione per volontari.
Probabilmente la differenza fra i due video - di gente "sbracata" ripresa nel proprio cinico quanto inutile quotidiano girare a vuoto, nel video della Tv commerciale, e di detenuti, uomini e donne, che si raccontano nel video dell'associazione - sta proprio nella finalità associata ai due lavori.
Maurizio Costanzo, da abile showman, costruisce una trasmissione che punta sulla novità e che vuole, probabilmente, cavalcare l'onda delle discussioni e delle polemiche seguite all'ultimo indulto. Senza neanche preoccuparsi troppo degli ascolti, vista l'ora della messa in onda, a quasi mezzanotte.
L'associazione di Verona sta invece costruendo uno strumento didattico e non si tratta solo di far vedere l'anonimità e, tutto sommato, l'inutilità delle vita dietro le sbarre; si tratta di capire cosa c'è dietro il detenuto, il quale, nel raccontare se stesso afferma potentemente la sua dignità di persona - che, sì, ha sbagliato, ma che è pronta a ricominciare - con i suoi timori, i suoi rammarichi e le sue speranze.
C'è una differenza sostanziale nel porsi di fronte al mondo del carcere. Per Maurizio Costanzo si tratta di un palcoscenico su cui imbastire uno spettacolo capace al più di strappare qualche consenso o qualche lacrima pietosa e inutile. Per l'associazione di Verona si tratta di penetrare un mondo chiuso ai più, di cui in molti hanno paura, una sorta di girone dell'inferno dantesco, per dimostrare che in questo girone ci sono anche uomini e donne che non hanno perso la loro dignità, che anzi in quel luogo di pena hanno avuto ed hanno occasione di riflettere e trovare per i loro problemi una dimensione più umana perché tenacemente ancorata alla speranza e alla voglia di vivere e di riscattarsi.

 

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