Pubblicato su politicadomani Num 61/62 - Set/Ott 2006

Guerra e crisi internazionale
Storia moderna del Libano
I motivi dell'ultimo conflitto israelo-libanese hanno radici profonde nella storia del paese dei cedri

di Maria Mezzina e Consuelo Quattrocchi

La storia del Libano moderno nei suoi attuali confini inizia nel 1920 quando, in seguito alla vittoria degli Alleati, l'Impero Ottomano si sfalda e il Libano diventa una colonia francese. La Francia aveva deciso di creare all'interno del mondo arabo uno Stato a prevalenza cristiano-maronita; decisione che avrebbe portato ad uno stato di guerra civile quasi permanente. L'indipendenza del Libano proclamata nel 1943 fu raggiunta di fatto solo nel 1946, quando i soldati francesi si ritirarono definitivamente.
Inizia da allora uno stato di continua guerriglia che sfocia in guerra civile e che vede fronteggiarsi la destra cristiana filo-occidentale con i gruppi arabi musulmani, le truppe dell'esercito del Libano del sud filoisraeliane (Falangisti) a maggioranza cristiana con le milizie arabe armate degli Hezbollah (il "Partito di Dio") che sono contrari a qualsiasi accordo israelo-palestinese.
Il potere politico è saldamente nelle mani delle èlite cristiano-maronite. Esse aprono ai mercati occidentali e perseguono una politica di sviluppo e di prosperità economica. Del miglioramento non riesce ad avvantaggiarsi, però, la maggioranza della popolazione, che è sciita. Praticamente esclusa dal progresso economico in atto nel paese, le condizioni della maggioranza della popolazione peggiorano. Nel 1975 la protesta popolare sfocia nella guerra civile (già peraltro prevedibile per ragioni di ordine ideologico, politico e militare, e fomentata dall'esterno in un gioco delle parti al massacro). Il delicato equilibrio fra la popolazione cristiano-maronita e quella arabo-musulmana, già compromesso nel 1948 con il primo esodo dei palestinesi dalla loro terra in seguito alla proclamazione dello Stato di Israele, si deteriora ancora di più nel 1967. Entrarono allora nel paese oltre 100.000 profughi palestinesi arabi che andarono ad affollare i campi profughi del Libano del Sud. Nel 1975, poi, in seguito alle vicende del "Settembre nero" i profughi palestinesi superarono i 300.000. La loro presenza contribuisce ad aumentare in modo consistente la popolazione araba del paese e a rendere sempre più limitata la percentuale di cristiani, i quali però hanno il controllo politico ed economico del paese, generando così uno squilibrio di distribuzione del potere e delle risorse. Nonostante gli esuli palestinesi fossero relegati in campi profughi, cresceva la loro influenza politica e anche militare. Organizzatisi ben presto in gruppi di resistenza armata, essi si muovevano dal Libano del Sud con azioni di guerriglia contro Israele, il quale rispondeva con violente rappresaglie fin dentro i confini del Libano.
Nel 1975, quando iniziarono i combattimenti tra i cristiano-maroniti della Falange e i musulmani libanesi, l'Olp scese in campo e si schierò con i musulmani: fu guerra civile violentissima. Beirut, che era stata teatro delle azioni di guerra, venne divisa dalla cosiddetta linea verde, che l'attraversava da est ad ovest, in una zona Nord a maggioranza cristiana e una Sud a prevalenza araba.
Nessuno dei tentativi di riappacificazione funzionò: né la pace imposta dalla Lega Araba che inviò in Libano una "forza di pace" guidata dalla Siria, né il piano di pace americano.
Il 1982 fu un anno cruciale, segnato da violenze inaudite. Approfittando dello stato di guerriglia permanente, l'esercito israeliano invase nuovamente il Libano (lo aveva già fatto nel 1958 ma era stato costretto al ritiro per l'intervento delle truppe Onu) dando inizio così alla quinta guerra arabo-israeliana. I guerriglieri dell'Olp furono costretti ad abbandonare una Beirut assediata e stremata. Il Presidente libanese, leader della Falange cristiana, Beshir Gemayal, fu assassinato e sostituito al potere con il fratello Amin. Per ritorsione, nel campo profughi Onu di Sabra e Chatila più di 1.000 civili palestinesi furono massacrati dalle forze falangiste in una sola notte e con il tacito consenso dell'esercito israeliano, allora comandato da Ariel Sharon. L'enormità della tragedia provocò una dura reazione internazionale: furono inviate truppe di pace occidentali che, però, non riuscirono a controllare la situazione e nel 1984 Usa, Francia, Gran Bretagna e Italia ritirarono i loro soldati. Il vuoto di potere che si lasciarono dietro fu subito occupato dalle fazioni in lotta fra loro. Nel 1985 anche Israele si ritirò, creando però una "fascia di sicurezza" affidata al controllo delle truppe cristiane dell'esercito del Libano del Sud. Intanto gli Hezbollah - il "partito di Dio" - si organizzavano con una loro milizia sciita sostenuta militarmente dall'Iran. Poiché gli scontri non cessavano, Israele continuava con i suoi raid contro le postazioni palestinesi che si protrassero fino al 1987, quando la Siria occupò la parte musulmana di Beirut e impose la pace.
Dal 1975 al 1990 ci furono in Libano oltre 150.000 vittime e furono assassinati due Presidenti; nel 1993 oltre 200.000 persone furono costrette ad abbandonare il paese perché le truppe armate degli Hezbollah - che si contrapponevano all'esercito libanese del sud filoisraeliano - furono attaccate senza successo dai raid aerei israeliani. La credibilità militare e politica delle forze Hezbollah continuava a crescere, mentre gli attacchi israeliani, che colpivano indiscriminatamente anche i civili - tragicamente famoso è quello sul campo profughi di Cana nel 1996, che provocò la morte di 100 civili - venivano condannati dalla comunità internazionale.
Nel maggio del 2000 l'esercito israeliano si ritirò: l'esercito del Libano meridionale perdette così l'appoggio necessario a contrastare le milizie degli Hezbollah, parte dei militari si rifugiarono in Israele in parte si consegnarono alle autorità libanesi.
Alla drammatica situazione militare si affianca una non semplice situazione politica.
Nel 1989 venne approvata una Costituzione che concedeva maggior potere ai musulmani. Artefici delle trattative furono Elias Hrawi, Rafiq al-Hariri e Nabih Berri. Ad essi venne affidato nel 1996 il governo del paese, in una sorta di triunvirato. Le elezioni del 1998, vinte da Imil Jamil Lahud, ex comandante dell'esercito, posero fine al triunvirato. Al posto di Rafiq al-Hariri venne chiamato a capo del governo un tecnocrate, Salim Ahmad al-Huss, fuori dei sottili giochi politici della tradizione libanese. Il nuovo governo è filosiriano e questo è un problema per la popolazione che spinge per liberare il paese dalla ingombrante presenza siriana. Le elezioni del 2000 vedono quindi vincitore con una netta maggioranza Rafiq al-Hariri.
Nato a Sidone nel 1944, Hariri proveniva da una modesta famiglia sunnita, senza alcun legame con i potenti clan politici del Paese. Durante gli anni del suo governo era riuscito a rimettere in piedi il Libano, attirando gli investimenti stranieri e puntando sul turismo di alto livello.
Rivale di Lahud, aveva cercato di sottrarre gradatamente il Paese all'abbraccio soffocante di Damasco. Hariri è morto in un attentato che ha ucciso 14 persone e ne ha ferite 135, il 14 febbraio del 2005. La sua morte, i cui mandanti sono rimasti oscuri, ha fatto ripiombare il Libano nel caos provocando una crisi internazionale sfociata nell'ultima guerra appena conclusa.

 

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