Pubblicato su politicadomani Num 61/62 - Set/Ott 2006

Se cresce il Sud, cresce tutto il Paese
Un recente documento firmato da parti sociali e regioni ha riacceso la mai sopita "questione meridionale"

di Fabio Antonilli

Lo scorso 11 luglio nella sala del Parlamentino del CNEL otto regioni meridionali (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia), Confindustria e i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil hanno presentato congiuntamente un piano di interventi per rilanciare lo sviluppo nel sud del Paese.
A spingere l'eterna "questione meridionale" al centro del dibattito politico (dopo anni di ingiustificata assenza in cui è prevalsa l'idea di uno "Stato minimo") sono i dati sconfortanti su crescita, sviluppo, occupazione e infrastrutture uniti alla percezione delle province meridionali di versare in uno stato di pressoché totale abbandono e di essere escluse dai grandi piani strategici di rilancio dell'economia.
Ed è proprio su questi temi che i firmatari dell'intesa "Insieme per lo sviluppo" hanno posto l'attenzione, avanzando alcune proposte: una "fiscalità di vantaggio" in modo da attirare investimenti nel Sud; un "nuovo sistema dei trasporti e delle infrastrutture" che migliori i collegamenti tra le città meridionali e tra le città portuali e gli altri Paesi del Mediterraneo; promuovere la "rivitalizzazione urbana" di quelle aree cittadine che sono vere e proprie sacche di degrado e sotto-cultura in mano alla criminalità organizzata; e ad altre ancora.
Ma soprattutto, si legge nel documento, occorre partire dalla consapevolezza che "se il Sud arretra, non cresce l'intero Paese, (..) che solo tassi di crescita stabili nel tempo dell'economia meridionale possono dare stabilità e certezza di crescita all'insieme dell'economia italiana. Il PIL nazionale non ha possibilità di significativi balzi in avanti se il Sud non partecipa pienamente alla produzione della ricchezza nazionale. Dunque più che atti di solidarietà chiediamo atti di coraggio e lungimiranza nell'investire sul Sud come precondizione della crescita generale dell'intera nazione". Su questo punto è utile evidenziare che il PIL del Mezzogiorno dal 2000 in poi è sceso vertiginosamente fino ad arrivare a valori al di sotto dello zero nel 2005 (fonte: stime DPS, coerente con i Conti economici nazionali del marzo 2006).
Mentre le parti firmatarie dell'Intesa chiedono maggior "lungimiranza" nelle decisioni da prendere per il Sud, il Governo per adesso si è limitato a mostrare quantomeno "ottimismo" impegnandosi a porre le condizioni per una crescita graduale del PIL meridionale fino ad arrivare al 2,5% nel 2011.
Obiettivo che, però, occorre dirlo, necessita di vere e proprie riforme sul piano sociale ed economico e non soltanto di liberalizzazioni "soft" come quelle di mezza estate che hanno interessato il mercato farmacologico e le licenze dei taxi. I primi "cento giorni" sono ormai agli sgoccioli e di riforme vere che facciano ripartire il Sud, non c'è traccia, nel frattempo l'eterno tema della questione meridionale deve accontentarsi dell'ennesima citazione in documenti che, purtroppo, sono solo politici.

Il documento "Insieme per lo sviluppo" è consultabile sul sito: www.cnel.it

 

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