Pubblicato su Politica Domani Num 6 - Giugno 2001

I non diritti delle donne
AFGHANISTAN: GUERRA SANTA. CONTRO LE DONNE
Cronaca da un paese martoriato dalla guerra civile

di Maria Cristina Conti

In Afghanistan è in atto una guerra civile che da venti anni sta martoriando e affamando la popolazione e che ha radicalmente mutato la condizione umana e giuridica delle donne. Nel 1996 i Taliban, esponenti dell'estrema destra fondamentalista islamica, hanno preso il potere e da allora hanno attuato un governo basato sulla rigida osservanza delle leggi islamiche, organizzando una milizia religiosa come braccio del "Ministero per la Promozione della Virtù e la Soppressione del Vizio" a capo del quale c'è il loro mullah, Mohammed Omar. Il ruolo della donna nelle società musulmane è al centro di innumerevoli dibattiti. Samia Kouider sociologa algerina, accusa l'Occidente di portare avanti una visione riduttiva del mondo islamico. "L'islam e la Shariâa (le leggi coraniche), di cui le fonti principali sono il Corano e i Hadith (i detti del profeta Muhammad), non hanno conferito alla donna una posizione più precaria o peggiorativa rispetto alle altre religioni monoteiste; le società musulmane non sono più androcratiche di altre, la questione fondamentale da porsi è perché nel mondo musulmano contemporaneo sono sopravvissuti e sono riproposti modelli e comportamenti sociali tipici delle cosiddette società premoderne caratterizzate da una forte gerarchia fra clan e clan, fra tribù e tribù, fra casta e casta, a fra gruppo e gruppo, fra famiglia e famiglia, fra uomo e uomo, fra uomo e donna.La problematica è molto complessa e la sola lettura religiosa è davvero insufficiente"* Nel Corano è affermata la completa parità tra uomo e donna, tuttavia vi si legge più volte che "gli uomini sono un gradino più in alto" delle donne (II-228). Sotto il potere dei Taliban le donne sono state costrette a rinunciare ai diritti civili acquisiti dopo tante lotte, a tornare ad indossare il burqua (abito lungo che copre interamente il corpo e il viso) e ad abbandonare i loro posti di lavoro. Sono totalmente subordinate agli uomini della loro famiglia, che hanno su di loro diritto di vita e di morte, possono ripudiarle abbandonandole sulla strada a chiedere l'elemosina e poi riprendersele in casa. Non possono apparire in pubblico da sole e sono quotidianamente vittime di punizioni pubbliche, lapidazioni e minacce se non indossano l'abito adatto o se espongono accidentalmente qualche centimetro di pelle in pubblico. Quella afghana è una società dove le donne sono dei fantasmi: devono portare scarpe che non fanno rumore e i vetri delle finestre delle loro case sono colorati in modo che non sia possibile guardare dentro. La diffusione della depressione ha raggiunto livelli spaventosi e la percentuale dei suicidi continua a crescere. Oggi in Afghanistan l'unico impiego al quale la donna può aspirare è nelle strutture ospedaliere dove resta comunque interdetto il contatto e lo scambio anche solo verbale con il personale di sesso maschile. Lo scorso 18 maggio la milizia ha fatto irruzione nell'ospedale per le vittime di guerra di Kubul, voluto e gestito da Emergency, costringendo il personale che vi operava ad abbandonare la struttura, aperta solo il 25 aprile scorso, con il pretesto che nella mensa vi era troppa promiscuità: le infermiere mangiavano insieme ai dottori. La situazione è critica ed è difficile non intervenire di fronte alla violazione di diritti umani fondamentali, come la libertà personale, anche se è necessario agire con il doveroso rispetto per principi religiosi diversi dai nostri e difficili da comprendere. Purché però questi siano democraticamente accettati e non imposti con la forza e fatti osservare con la violenza, a seguito di una interpretazione dell'Islam e del Corano quanto meno discutibile se non del tutto errata. * Da Le figlie di Abramo - Donne Sessualità e Religione a cura di M.A.Sozzi. Edizioni Guerini, 1998.

 

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Num 6 Giugno 2001 | politicadomani.it