Pubblicato su politicadomani Num 58 - Maggio 2006

Giorgio La Pira
Una vita
Dall'impegno preso davanti a Dio come terziario domenicano, all'impegno con la città e il mondo

di D.S.

Il mondo di Giorgio La Pira va dall'Italia monarchica e fascista all'Italia della seconda guerra mondiale e della ricostruzione, dalla Costituente alla nuova Repubblica. Un paese carico di problemi il nostro, un paese poverissimo, cui però non mancano le risorse intellettuali per superare la pesante eredità del regime e della guerra. E la Pira è una risorsa senza eguali.
Nato e cresciuto nella poverissima provincia siciliana ad inizio '900, primo di sei fratelli, si iscrive, dopo il diploma, alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Messina dove incontra il prof. Emilio Betti. Il docente, trasferitosi a Firenze, lo invita a raggiungerlo. Ma nel frattempo accade qualcosa che lo segnerà per tutta la vita: nel 1925, a ventuno anni diviene terziario domenicano, con il nome di fra Raimondo, nel primo nucleo di terziari fondato da Padre Enrico Di Vita a Messina. Da questo momento l'impegno spirituale si fonde con un'intensa attività sociale. Frequenta le baracche della città, visita le famiglie povere, porta cibo, medicine, vestiti.
Raggiunge Firenze nel 1926 al seguito del professore con cui lavora per la tesi. Qui, all'approfondimento degli studi di diritto, unisce lo studio di S. Tommaso e di S. Francesco. Ed è proprio Francesco d'Assisi, con il suo insegnamento, a diventare il punto di riferimento di La Pira, che ancora giovanissimo fonda l'Istituto secolare dei Missionari della Regalità di Cristo. Nello statuto si legge che l'Istituto è "una comunità di laici costituita e regolata secondo la Costituzione ‘Provvida Mater Ecclesia’ e il Motu proprio ‘Primo Feliciter’ per una particolare consacrazione a Dio nel servizio agli uomini". L'Istituto è inserito nel grande movimento spirituale del terz'ordine francescano, di cui La Pira condivide finalità ed ideali. Questo per il futuro sindaco di Firenze significa pronunciare voti di povertà, obbedienza e celibato nella castità. È allora che nasce il messaggero di pace che riscuoterà ovunque stima e rispetto profondi, creando anche con la sua rigorosa ed entusiastica coerenza non poco imbarazzo nelle strutture ecclesiali di cui era parte convinta e che riteneva di rappresentare. Di estremo rigore spirituale, e quindi politico e sociale, pone a presupposto della sua attività la preghiera: "Il primo comandamento è la contemplazione: rendere lode a Dio". La Pira lo ha sempre anteposto a ogni altro suo impegno o incombenza rischiando anche l'esplicita condanna delle autorità, della gente e perfino della Chiesa. È una voce fuori dal coro.
Nella sua attività personale e di uomo delle istituzioni c'è una luce che lo guida costantemente: la pace. "La Pace deve essere costruita a ogni livello della realtà umana: livello economico, sociale, politico, culturale e religioso". Anche a Firenze scende nei bassifondi. Visita il dormitorio pubblico, dando ben presto vita a quell'originale esperienza che sarà la messa di S.Procolo, dove ricchi e poveri si riuniscono, come i primi cristiani, in una sola famiglia. Lotta per garantire assistenza spirituale e materiale ai poveri, coinvolgendo in questo impegno molti giovani della città.
La sua continua ricerca della verità lo avrebbe ben presto portato ad opporsi al fascismo. Il contrasto esplode apertamente con la pubblicazione, nel 1939, della rivista "Principi", in cui vengono affermati i diritti della persona umana minacciati dal totalitarismo, dalle ideologie, dal razzismo, dalla guerra, dai vent'anni di fascismo. La rivista viene soppressa e La Pira è costretto alla clandestinità. Si rifugia nei monasteri e riesce a sfuggire al regime grazie all'aiuto delle gerarchie e delle strutture ecclesiali. Non è solo. In questo periodo entra in contatto con personaggi che costituiranno il gruppo dirigente di quella Democrazia Cristiana che guiderà il paese per oltre mezzo secolo.
Alla caduta del regime è eletto all'Assemblea Costituente. Formula con Moro, Dossetti, Basso, Calamandrei, Togliatti, i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, quelli immortali scolpiti nel cuore e nella cultura degli italiani: le libertà civili e religiose, il diritto al lavoro, il valore della persona. Determinante il suo contributo per l'elaborazione e l'approvazione dell'art. 7, relativo ai rapporti tra Stato e Chiesa.
Fu da subito politico, nel senso più alto del termine, e visse con responsabilità estrema la propria candidatura."La sola metodologia di vittoria è la rinuncia a se stessi, il distacco radicale dalla propria piccola sfera, l'apertura (come conseguenza di questo distacco e di questo taglio) alla sfera mondiale di Dio: gli strumenti che suggerisce l'ambizione, la colpa, la meschinità, sono strumenti radicalmente privi di efficacia politica". Contribuisce in prima persona a formulare l'articolo 11 della Costituzione Italiana contro la guerra. Un articolo nel quale sono usate parole forti in nome del popolo italiano - "l'Italia ripudia la guerra come mezzo per risolvere le controversie tra Stati" - riuscendo a portare l'istanza della pace "evangelica" fin dentro la Costituente.

 

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Num 58 Maggio 2006 | politicadomani.it