Pubblicato su politicadomani Num 58 - Maggio 2006

Nella città e oltre
Il sindaco di Firenze
Un primo cittadino che lotta per amore della gente e della sua città

di Eryka David

"Ho un solo alleato: la giustizia fraterna quale il Vangelo la presenta: ciò significa: lavoro per chi ne manca, casa per chi ne è privo, assistenza per chi ne necessita, libertà spirituale e politica per tutti, vocazione artistica e spirituale di Firenze nel quadro universale della civiltà cristiana ed umana. Non mi servo dei comuni metodi di meccanica parlamentare e partitica: a Firenze c'è posto per tutti gli uomini di buona volontà che hanno come obiettivo di azione i punti sopra indicati."
Queste sono le parole che meglio rappresentano un uomo che di comune aveva poco: Giorgio La Pira. Di enorme ricchezza morale ed intellettuale, non sempre venne capito dai contemporanei e dai colleghi.
L'anno che segnò l'entrata di Giorgio La Pira nella storia della politica italiana fu il 1951. La Pira venne scelto dalla Democrazia Cristiana come il candidato migliore per la carica di sindaco di Firenze. Lui, siciliano di Pozzallo (Ragusa), accettò sottolineando la sua indipendenza da ogni corrente politica e affermando di non avere la tessera di nessun partito. Il suo mandato durò dal 1951 al 1958 e in seguito dal 1961 al 1965.
Il giorno del suo insediamento, innamorato della città, si rivolse a lei dicendo "Mia dolce, misurata e armoniosa Firenze". Ben presto, però, si rese conto dello stato di disagio in cui versava la città: la povertà come condizione senza ritorno, i senza tetto, la disoccupazione dilagante che rischiava di aumentare drammaticamente a causa della chiusura di grosse imprese. Fu in questo momento che La Pira mostrò il suo modo di fare politica, una politica concreta, una politica di fatti.
Uno dei primi atti amministrativi fu l'apertura di un ufficio per gli alloggi, chiamato a rispondere alle necessità dei senza casa. Ben presto fu avviata la progettazione e la creazione di interi quartieri popolari intorno alla città. Per La Pira, una catastrofe come quella dei senza tetto andava risolta. Per questo utilizzò un vecchio decreto del 1865 che estendeva le competenze del sindaco fino al sequestro degli alloggi - in caso di pubblica calamità - per poi ridistribuirli in maniera equa.
La ferma volontà del sindaco di occuparsi dei più poveri della sua città appare chiara in una lettera che egli inviò alla segreteria nazionale nel 1955: "Fino a quando mi lasciate a questo posto mi opporrò con energia massima a tutti i soprusi dei ricchi e dei potenti. Non lascerò indifesa la parte debole della città; chiusura di fabbriche, licenziamenti e sfratti troveranno in me una diga non facilmente abbattibile".
Così iniziarono le lotte per bloccare la disoccupazione. La Pira coinvolse tutti, dal Parlamento al Papa. Partecipava attivamente alle occupazioni delle fabbriche, condividendo con gli operai la passione e timori. Queste battaglie si conclusero con alcuni successi, come il mancato licenziamento di 2000 operai dalla storica fabbrica del Pignone, grazie all'integrazione, dopo una serie di lunghe trattative, del Pignone con l' Eni. Un altro successo lo ebbe nel 1954, quando requisì la fonderia delle Cure, messa in liquidazione dai proprietari, e la trasformò in cooperativa.
Fu allora che nacquero i primi problemi, la maggioranza si sfaldò assumendo un atteggiamento di critica nei confronti del sindaco. Per il suo modo di vedere la politica venne accusato di statalismo e di comunismo bianco e di preferire alla dottrina cattolico-sociale, che predicava la coesistenza e la cooperazione tra le classi, un socialismo nel quale i cattolici temevano di perdere identità e visibilità.
Con il suo sindaco Firenze diventa un'entità viva e vitale dotata di mente, corpo e anima. Una città piena di passione e di amore che si apre al mondo. Innumerevoli sono le manifestazioni organizzate dal sindaco a favore della gente, anche quella ben oltre i confini della città. Allo scopo di scongiurare l'apocalisse atomica, che in quel periodo rappresentava un pericolo e un incubo per l'umanità, si tenne a Firenze un'importante incontro: "Il convegno dei sindaci delle capitali di tutto il mondo". Molti arrivarono per siglare a Palazzo Vecchio un patto di amicizia e di collaborazione che aveva radici lontane. La Pira colse questa occasione per mettere in guardia contro la guerra e per riaffermare il suo amore infinito per la gente e per la città: "la minaccia della guerra atomica ha fatto scoprire il valore misterioso ed in un certo modo infinito della città umana [...] che cosa essa sia, che cosa valga e quale destino essa possieda è un problema che ciascuno può risolvere appena pensa alla storia della sua città [...] Esse restano come libri vivi della storia e della civiltà umana [...] Nessuno, per nessuna ragione ha il diritto di sradicare le città della terra, ove fioriscono: sono la casa comune che va usata e migliorata; che non va distrutta mai !".

 

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Num 58 Maggio 2006 | politicadomani.it