Pubblicato su politicadomani Num 58 - Maggio 2006

Musica
Cappello a Cilindro
Un sottile equilibrio tiene insieme il tutto, eppure ogni singola traccia brilla di luce propria, tanto da poter essere un potenziale singolo. Vero per la musica, vero per le persone

di Fausto Marrone

Provate a chiedere ad un giovane musicista perchè continua ad accanirsi sul suo strumento, perchè si ostina a passare i pomeriggi chiuso in casa a provare anziché distrarsi uscendo; chiedete ad un ragazzo che da anni sbarca il lunario suonando nei locali più scalcinati perchè si ostina a provarci, per quale ragione ha scelto una strada così in salita anziché andarsi a cercare un lavoro più sicuro.
Lui potrebbe rispondere che lo fa "per non rallentare".
L'avventura di questi ragazzi di provincia, che hanno scelto di farsi ricordare col nome Cappello a Cilindro, è iniziata così, sarei pronto a scommetterci. Senza una ragione precisa, senza un'idea chiara, ma con una passione sincera che brucia dentro e che ti impedisce di stare fermo.
La loro musica arriva al cuore di chi la ascolta così com'è, diretta, chiara, semplice. Urgente.
Al loro secondo lavoro in studio (due anni dopo l'esordio "Poeticherie", accolto da pubblico e critica come una ventata di freschezza) i Cappello a Cilindro dimostrano di essere cresciuti, maturati dando alle stampe un ottimo lavoro che è una conferma più che una sorpresa.
"Per non rallentare" conferma l'attitudine del gruppo ad essere un vero gruppo, non solo un ensemble di musicisti (sette elementi fissi) al servizio del cantante Emanuele Colandrea, autore dei testi e vera anima del gruppo. Ascoltando le 14 tracce che compongono il disco si nota quanto ogni singolo elemento sia indispensabile, quanto il gioco di squadra (e l'eccezionale esperienza acquisita in tre anni di concerti tenuti in giro per l'Italia) sia fondamentale per capire il loro mondo.
Perchè di un mondo si tratta, di un vero e proprio universo poetico, che ruota immancabilmente intorno ai testi di Colandrea e regala emozioni a non finire grazie agli arrangiamenti dei musicisti Scannicchio e De Santis; un'alchimia ottimamente riuscita, che dà vita ad una manciata di canzoni imprevedibili, ricche, divertenti, e a tratti commoventi. Un sottile equilibrio tiene insieme il tutto, eppure ogni singola traccia brilla di luce propria, tanto da poter essere un potenziale singolo.
Un disco che si fa ascoltare tutto d'un fiato, che in 50 minuti non accusa mai un momento di noia o di stanchezza, che trascina lo spettatore in un mondo fantasioso eppure immediatamente riconoscibile, fatto di viaggi che sembrano fughe malinconiche, di sagre paesane e di sbronze, di vertigini e di amori in gabbia, di vicoli popolati da strani personaggi e da amanti in fuga.
La musica dei Cappello a Cilindro è immediata, semplice, umilmente demodè, e forse non piacerà a chi ama i virtuosismi (non c'è spazio per gli assoli) o i testi complicati e cerebrali dei cantautori più intellettuali (la scrittura di Colandrea ricorda più quella dei cantautori stralunati Capossela e Rino Gaetano che quella dei letterati Guccini o Battiato); forse non piacerà neanche a chi cerca l'originalità o la provocazione a tutti i costi (e pensa che Simone Cristicchi e Caparezza siano il meglio sulla scena emergente...), e scatenerà, come già successo col loro primo lavoro, la gara al "trova la somiglianza" che va tanto di moda tra i critici più colti.
Ma non è a questo pubblico che si rivolgono i Cappello a Cilindro.
La loro musica contagiosa, la loro libertà, la loro energia creativa è rivolta a chi vuole emozionarsi, divertirsi e godere di ciò che la vita regala.
"Maybe we were born to run", cantava Bruce Springsteen. E i Cappello a Cilindro corrono.
Così, senza motivo. Per non rallentare.

 

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