Pubblicato su politicadomani Num 58 - Maggio 2006

Quando la santità si esprime con la politica
Il "bolscevico del Vangelo"
A servizio della città e della comunità internazionale, per la difesa dei deboli e alla ricerca della pace

di Damiano Sansosti

Anche se le caratteristiche della società in cui La Pira ha agito sono profondamente mutate, il suo fare provocatorio, il suo cercare sempre la pace "per tutti gli uomini che Dio ama", ne fanno ancora oggi uno dei personaggi più stimati e più apprezzati del XX secolo.
Nel 1951 è sindaco di Firenze. Ed è sindaco a modo suo. Affronta subito il problema dei senza casa: utilizzando un decreto del 1865, che estendeva le competenze del sindaco fino al sequestro degli alloggi in caso di pubblica calamità, requisisce le ville gentilizie sfitte per metterci dentro i poveri senza casa. Poi inizia le battaglie per la disoccupazione, ed è accanto agli operai nelle occupazioni delle fabbriche. Memorabili quelle del Pignone e del Galilei.
Ma il suo impegno non si ferma ai confini di Firenze. Il suo desiderio di dialogo e di pace lo porta fino ai confini del mondo. "Dobbiamo mutare, quanto è possibile, le strutture di questo mondo per renderle al massimo adeguate alla vocazione di Dio. Il nostro stato di vita ci fa non solo spettatori, ma necessariamente attori dei più vasti drammi umani. Il pieno adempimento del nostro dovere avviene solo quando noi avremo collaborato, direttamente o indirettamente, a dare alla società una struttura giuridica, economica e politica adeguata al comandamento principale della carità". Sono gli anni della guerra fredda, della minaccia nucleare, della Cina di Mao. Esplodono nella politica internazionale nuovi scenari: il Vietnam, l'Algeria, la Corea, il Medioriente.
Uomo di dialogo innanzitutto, uomo di profonda cultura e di estrema spiritualità, La Pira lega il suo nome alle vicende internazionali più difficili del suo tempo cercando di intrecciare ovunque trame di pace. Anche con i personaggi che l'Occidente considera "nemici" e con i quali non è bene neanche parlare. La Pira è convinto che questi conflitti si inseriscono nella "dicotomia nord-sud", la vera "dicotomia del mondo", assai più del contrasto est-ovest che, come ha scritto ne "L'attesa della povera gente", "distrae le menti dei benestanti".
Nel 1952, in piena guerra fredda, organizza il primo Convegno internazionale per la pace e la civiltà cristiana. Ha inizio così la sua attività, unica in occidente, tesa a promuovere contatti sistematici tra gli esponenti politici di tutto il mondo. Con lui inizia il dialogo per la distensione, per la rottura dei blocchi. Nel 1958 hanno luogo a Firenze i "Colloqui Mediterranei" a cui partecipano rappresentanti arabi ed israeliani. Il suo sguardo è rivolto al conflitto arabo-israeliano ma non può trascurare, naturalmente, i risvolti della guerra d'Algeria e la spaccatura culturale che ne scaturisce. E così spinge il suo amico Enrico Mattei a intervenire economicamente a favore delle indipendenze che nascono sull'altra riva del Mediterraneo. Una storia, questa, che merita di essere approfondita.
Per quel lontano colloquio mediterraneo a Firenze, La Pira invitò anche i rappresentanti dell'Algeria indipendente. Un'indipendenza, in verità, non ancora acquisita, tanto che gli ospiti arrivarono forniti di passaporto tunisino. E ne derivò uno dei tanti scandali fiorentini dell'epoca. Allarmato, il questore di Firenze telefonò al sindaco: "Stanno arrivando i ribelli algerini con falsi passaporti e con le bombe!". "Stia tranquillo, li faccio sorvegliare dai vigili urbani in bicicletta", fu la risposta di La Pira.
Nel 1958, ricevendo a Palazzo Vecchio la più alta autorità di Pechino, così la salutò: "Dica al suo Governo che la Repubblica di Firenze riconosce la Repubblica Popolare di Cina". Risate e ancora scandalo. Nel 1959, invitato a Mosca, parla al Soviet Supremo in difesa della distensione e del disarmo. Nel 1965 ad Hanoi incontra Ho Chi-Minh con il quale mette a punto una serie di proposte che, se non fossero state osteggiate da esponenti occidentali ostili alla pace, avrebbero anticipato di un decennio la fine della tragica guerra vietnamita.
Lo hanno chiamato in tanti modi: "sindaco santo", "sanculotto eucaristico", "bolscevico del Vangelo" perché era impermeabile a qualsiasi tipo di manipolazione. Così tremendamente solo, monaco per vocazione, eppure così forte da richiamare il mondo intero con la sua sommessa preghiera. Così vicino a San Francesco quanto lontano da tutti quei cattolici che lo tacciarono di comunismo bianco, di eccessivo statalismo, non riconoscendo la santità della sua vocazione di cristiano, di uomo e di politico. Una santità che, nonostante il processo di beatificazione in corso, tarda ancora ad essere riconosciuta.

 

Citazione
Beatissimo Padre, [...] gli insegnamenti della Chiesa parlano chiaro: la condanna del liberalismo economico (e non soltanto economico) è estremamente chiara e decisa! Il tossico della civiltà, la causa del comunismo è espresso ed è contenuto in questo tessuto di "norme liberali" che hanno come radici il "bellum omnium contra omnes" ("homo homini lupus!").
Si vuole sradicare il "socialismo"? Si vogliono riprendere le "masse" umane e fare che esse ritornino nell'orbita integralmente cristiana? Altra via - dopo quella della preghiera - non c'è: mutare le strutture economiche, fare otri nuovi, assicurare il pane e la dignità dei lavoratori.

 

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