Pubblicato su politicadomani Num 58 - Maggio 2006

Musicalità
A tu per tu con Lu
Vocalismo, poesia e musica contemporanea nell'esperienza di Luisa Cottifogli, al secolo Lu: dalla tradizione popolare al jazz, attraverso un passaggio in India

di Maurizio Torretti

Il jazz, passaporto per l'India
Il giornalista indiano Niranjan Jhaveri è un curioso personaggio che si divide tra New York e Mumbay (Bombay). Organizza il Jazz Yatra Festival, uno dei più importanti appuntamenti musicali che si tiene ogni anno a Delhi, Pune, Mumbay e in altre grandi città dell'India. Niranjan Jhaveri viaggia spesso per il mondo per seguire concerti e musicisti. Insieme ad artisti indiani seleziona i migliori vocalisti per iniziarli allo studio del canto indiano. Nel 1998 Niranjan Jhaveri incontra Lu, al secolo Luisa Cottifogli, e rimane colpito dalle inflessioni timbriche della sua voce e dalla levigatezza delle sue agilità vocali. Lu vince una borsa di studio e si trasferisce a Mumbay. Qui studia il repertorio vocale indiano e si esibisce in concerto. L'accoglienza della stampa e del pubblico è calorosissima.
"È stata un'esperienza sconvolgente sentirsi catapultati dall'altra parte del mondo, nel caos di Mumbay con i suoi milioni di esseri umani in continuo e frenetico movimento. Uomini e donne come formiche operose che si spostano tra grattacieli, palazzi fatiscenti, lussuosi alberghi e sterminate bidonville con capanne di cartone e sacchi di nylon. Dopo lo shock iniziale dei primi giorni, ho deciso di uscire dalla bambagia del mio Oberoi Hotel, dove mi esibivo alcune sere alla settimana, per immergermi nella realtà indiana. I viaggi in treno per raggiungere la mia insegnante di canto si sono ben presto espansi a mète imprevedibili. Ho incontrato "per caso" proprio chi volevo incontrare e visto ciò che volevo vedere, per quella sorta di "destino" che risponde puntuale a ciò che chiedi interiormente, destino che ci segue ovunque, ma che si manifesta così chiaro e forte solo in paesi come l'India".
Tra i ricordi più nitidi di Lu c'è l'incontro con le comunità dei Worli: una donna conosciuta in treno la ospita una notte in casa sua, sul Deccan. Lì conosce un maestro di canto che nella quiete notturna e meditabonda del luogo le offrirà una lezione colta di canto e di riflessione mistica. "Arrivata l'ora della partenza, mi ha salutato raccomandandomi di praticare un semplice esercizio che in qualche modo ha cambiato la mia idea del mestiere di cantante: mi ha invitata a cantare una nota, la mia nota, per una mezz'ora buona al giorno, concentrando l'attenzione sulla produzione di quello stesso suono, per capire sempre dove mi trovo e cosa sto facendo".
Rientrata in Italia, Lu si dedica alla realizzazione di "Aiò Nenè: vengo dal nord ma sono del sud, scaturita come un fiume in piena dopo il viaggio in India. Vi sono raccolti brani dialettali imparati da bambina ed altri scoperti nelle sue frequentazioni con altri musicisti.

"Rumì", il ritorno alle origini
Lu insegna tecnica vocale. Dall'intenso rapporto docente-discente nasce l'esperienza che è all'origine di "Rumì". Un giorno un suo allievo di coro le mostra una pubblicazione di Bellosi e Quondamatteo sulle tradizioni popolari della Romagna. "Pian piano ho iniziato a scoprire vere e proprie meraviglie legate ai luoghi dove sono cresciuta ma dalle quali ero rimasta estranea, proprio a causa della lingua, un dialetto che nessuno aveva mai parlato in casa mia. Ho scoperto che in romagnolo sono state composte opere che nulla hanno da invidiare alla poesia ufficiale e dominante, anzi, proprio dal vernacolo acquistano quella icasticità e immediatezza che la scrittura in lingua spesso non possiede.. Si tratta di una poesia straordinaria, ricca di gestualità, ironia e interiorità sincera. Il vero problema è che con la traduzione in italiano, inevitabile per superare i confini regionali, si perdono certi modi di dire e la musicalità tipica del dialetto".
Olindo Guerrini, Aldo Spallicci, Nettore Neri, Lino Guerra, Tonino Guerra, Eraldo Baldini sono solo alcuni nomi di questa produzione poetica. La musicalità, intrinseca alle parole in gran parte tronche del dialetto romagnolo, si è adattata a meraviglia alle sonorità contemporanee di quello che poi è diventato "Rumì". Lu scopre anche le orazioni popolari raccolte da Umberto Toschi. "Una religiosità che non immaginavo lontanamente soprattutto in una regione da sempre considerata rossa e anticlericale, preghiere commoventi e interpretazioni leggendarie e rocambolesche della vita dei santi. Nelle mie ricerche ho riconosciuto il Rumì di Santa Mareja, che avevo già incontrato fra gli appunti di Beppe Bellosi e negli scritti di Francesco Balilla Pratella".
Pratella, allievo di Mascagni, ha operato nei primi del '900, aderendo da una parte alla corrente futurista e alle sue sperimentazioni, dall'altra rimanendo legato alle tradizioni della sua regione (era nato a Lugo di Romagna) sia nell'attività compositiva che in quella di ricerca etnomusicologica. "Un personaggio combattuto tra la proiezione verso il futuro e la sperimentazione, e le melodie del passato - dice di lui Lu - L'ho incontrato attraverso i suoi trattati di etnomusicologia e le sue raccolte di melodie e arrangiamenti corali di brani romagnoli. Lui parla del "Rumì" come di un personaggio ancora vivo nei ricordi della gente, lungo e curvo, con un grugno da maiale, avvolto nella sua mantella nera e in compagnia solo del suo bastone, inseguito al suo arrivo in paese dai ragazzini, intento a cantilenare nei mercati e nelle fiere la sua orazione alla Madonna." Beppe Bellosi invece, Lu l'ha conosciuto personalmente, dopo averne letto gli scritti. "Mi aspettavo di incontrare, sepolto dai libri, un signore avanti negli anni. E invece ho scoperto un personaggio più giovane, che ha iniziato la sua ricerca culturale da ragazzino registrando su chilometri di nastro magnetico melodie tradizionali raccolte nelle osterie, nelle case, nei campi; melodie tramandate dai vecchi romagnoli e racchiuse in due dischi per Albatros realizzati con Roberto Leydi".
Filtrare esperienze stilistiche vocali, generi musicali lontani con soluzioni strumentali inattese, esaltare il contenuto espressivo della melodia popolare, reinterpretare lo spirito della canzone vernacolare in stile moderno, fresco e luminoso, mettere insieme in assoluta fantasia sonorità estranee alla tradizione con sfondi di ideazione pop, fusion, etnici, elettronici e contemporanei, eleganti e sofisticati, tutto questo è "Rumì".
"Dopo aver fatto conoscenza con il Rumì, ho più volte avvertito la sua presenza durante il mio girovagare tra le carraie e i sentieri della terra romagnola. L'ho ritrovato nelle parole di alcune poesie che descrivono la solitudine e l'abbandono, pur non essendo sicura che il suo sentire fosse proprio quello accorato del poeta. Lino Guerra, autore di "Casteina Bianca", a trentanove anni muore - suicida - di solitudine. Il Rumì forse non si chiede neanche il perché del suo errare; vaga e basta, ripetendo per una vita intera le stesse parole. E sotto il suo aspetto da scemo del villaggio non è dato sapere se soffra di solitudine, di acciacchi fisici, di freddo o di pidocchi o se la sua vita scorra semplicemente senza domande, in compagnia del cielo, della strada e dei suoi abitanti".

 

Il Rumì de santa Mareia
"Il "Rumì" è un personaggio realmente esistito, era un mendicante, veniva chiamato "Rumì de santa Mareia" perché era appunto un romeo, una persona che vagava per la bassa romagnola, andando di fiera in fiera, di festa in festa, di porta in porta a cantilenare una nenia che era un'orazione alla Madonna. Questa cosa gli fruttava qualche soldo e un tozzo di pane. In pratica viveva mendicando. È un personaggio che mi ha subito colpito: le descrizioni lo ritraggono come una persona alta, emaciata, un po' gobba, avvolta nel suo mantello nero, che era il tipico mantello degli uomini romagnoli del tempo - ancora oggi alcuni uomini si vedono vestiti così d'inverno. Quando arrivava nei paesi i bambini lo rincorrevano, lo prendevano un po' in giro. Era una sorta di matto del villaggio che si procacciava da vivere in questo modo. Quello che mi ha colpito è che viaggiava continuamente negli stessi chilometri quadrati, di villaggio in villaggio, percorrendo le stesse strade. Ma ogni volta per lui era un viaggio sicuramente faticoso e diverso, incontrava persone diverse in stagioni diverse. Anche il disco è legato alle stagioni: c'è l'estate de "La sighéla", l'inverno di "Nord"; ci sono un po' tutti i rumori della campagna nel mio immaginario".

di Luisa Cottifogli

 

Homepage

 

   
Num 58 Maggio 2006 | politicadomani.it