Pubblicato su politicadomani Num 57 - Aprile 2006

Il maggioritario e il ribaltone
Chi la fa ... l'aspetti
È urgente una legge elettorale adatta al paese. Deve garantire pluralismo, rispetto per le minoranze e stabilità di governo. L'ultima "trovata" dei saggi del centro-destra, approvata a ridosso delle elezioni per garantirsi da una probabile sconfitta, si è rivelata un boomerang

di Maria Mezzina

Se la legge elettorale fosse rimasta quella di cinque anni fa la Cdl avrebbe vinto le elezioni. È questo il risultato di un'analisi statistica fatta all'università Bocconi di Milano dal prof. Billari, docente di Demografia. Supposte invariate le coalizioni e le scelte degli italiani (ipotesi piuttosto improbabile, però), alla Cdl sarebbero andati 320 seggi alla Camera e 166 al Senato (esclusi i voti degli italiani all'estero) contro i 281 e i 156 ottenuti (inclusi i seggi assegnati dagli italiani all'estero). La simulazione non è immediata, i calcoli sono complessi ma il risultato è credibile.
Che questa legge sia una "porcata" come l'ha definita in modo inelegante e pittoresco il solito Calderoli si è rivelato assolutamente vero. Certamente su almeno una cosa nel nuovo Parlamento maggioranza e opposizione saranno d'accordo: sulla necessità di cambiare al più presto questa legge. Altra cosa è, però, mettersi d'accordo su come cambiarla. È auspicabile che la recente "lezione" spinga il Parlamento ad approvare una legge equilibrata e coerente, adatta alle esigenze del paese e non a vantaggio di questo o quel partito o schieramento. Risulta ormai chiaro che è pressoché ancora impossibile che gli italiani si riconoscano in due o tre partiti al massimo. Legati come siamo alle nostre personalissime convinzioni, e incapaci di rinunciarvi sia pure un po', sia pure per poco, preferiamo dividerci piuttosto che rimanere uniti in nome di un ideale comune alto. Il maggioritario, che nell'intento degli italiani, avrebbe dovuto favorire la scomparsa di tanti partiti e partitini, ha invece provocato un'esplosione di simboli e di sigle. Una proliferazione peraltro favorita dai partiti maggiori allo scopo di raccogliere quanti più voti possibile per la propria coalizione.
Il precedente sistema proporzionale aveva provocato una instabilità di governo che era diventata una piaga per il sistema italiano: 46 governi in 46 anni (dal 1948 al 1994) che si erano risolti in un freno gigantesco allo sviluppo del paese. Occorreva cambiare.
L'occasione favorevole si presentò in seguito alla vittoria del referendum del 18 aprile 1993. Per la prima volta il 27 marzo 1994 si votò con un sistema maggioritario misto: ¾ dei seggi assegnati con sistema maggioritario e ¼ assegnati con il tradizionale sistema proporzionale.
Sono gli anni di "Mani pulite" e della caduta rovinosa dei partiti che avevano fatto la storia d'Italia a partire dalla fine della guerra: DC, PLI, PRI, PSI, PRSI. Inutile negare che accanto alle loro responsabilità ci sia stato anche, se non un disegno, quanto meno del compiacimento da parte dei partiti che erano sempre rimasti all'opposizione.
Scomparsi dalla scena politica i partiti "storici", il panorama politico italiano si arricchisce di una miriade di nuove sigle con le quali si ricompongono gli equilibri politici, e di nuove formazioni del tutto inedite: Forza Italia e la Lega Nord. Si parla impropriamente di "seconda Repubblica", e si cerca di dare una forma istituzionale alla nuova realtà. Ma cambia poco. Nei sette anni successivi all'introduzione del sistema maggioritario, dopo il famoso "ribaltone" del primo governo Berlusconi (dopo soli nove mesi ad opera della Lega Nord), dal 1994 al 2001 si succedono cinque governi (il primo Berlusconi e quattro governi di centro-sinistra). Il problema della modifica del sistema elettorale in senso maggioritario puro sembra l'unica possibile soluzione. Esso si intreccia però con il problema delle riforme costituzionali. Si approda così in Commissione parlamentare bicamerale per le riforme presieduta da Massimo D'Alema (Pci/Pds). Appartengono a questo periodo gli "accordi extraparlamentari" stretti fra esponenti dei maggiori partiti. È rimasto famoso quello fra D'Alema e Berlusconi a casa di Gianni Letta (a cena viene siglato il famoso "patto della crostata"). Come prevedibile, questi accordi non sono accettati dal Parlamento che si sente esautorato dalle sue funzioni e offeso nella sua dignità. La bicamerale fallisce, ufficialmente per veti incrociati.
Intanto il paese si divide sul sistema elettorale maggioritario. La spaccatura è fra i grandi partiti da una parte (Ds, Forza Italia, An) favorevoli al maggioritario puro e i partiti più piccoli dall'altra (Ppi, Verdi e Rifondazione Comunista) contrari. Il referendum del 18 aprile 1999 non raggiunge il quorum del 50%+1 e il maggioritario misto è salvo.
Mentre nel paese si acuisce lo scontro fra centro-destra e centro-sinistra, falliscono due tentativi di modifica elettorale: una del centro-destra (Urbani-Tremonti) che prevedeva un sistema proporzionale con premio di maggioranza sul modello tedesco: i seggi vengono ripartiti fra i partiti che hanno raggiunto almeno il 5% dei voti; e una del centro-sinistra che prevedeva lo stesso sistema per Camera e Senato: con premio di maggioranza del 20% alla coalizione che avesse raggiunto almeno il 40% delle preferenze.
Dalle elezioni del 2001 risulta largamente vincente la coalizione di centro-destra (Forza Italia, An, Ccd-Cdu, Lega Nord) che conquista una maggioranza schiacciante alla Camera e al Senato. Il governo Berlusconi rimane in carica (salvo rimpasti, un Berlusconi bis e numerose sostituzioni di ministri) per l'intera legislatura.
Ma la situazione italiana volge al peggio. Il clima politico è sempre più esasperato. I partiti al governo sentono pendere su di loro la sconfitta elettorale come una spada di Damocle. Decidono di modificare la legge elettorale da soli. Contro c'è tutta l'opposizione e anche qualche esponente del governo stesso: il ministro Follini (Udc) si dimette. Ma la legge, elaborata durante l'estate del 2005 da un gruppo di "saggi" (tre di Fi, uno dell'Udc e uno di An) su proposta di Calderoli (Lega Nord) e Valducci (forza Italia), è approvata fra le proteste dell'opposizione e le perplessità degli alleati di governo.
Il resto è cronaca di questi giorni.

 

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