Pubblicato su politicadomani Num 57 - Aprile 2006

FS tra progresso e ritardi
140 anni di storia
All'inizio c'erano solo sette chilometri di strada ferrata da Napoli a Nocera

di Fabio Antonilli

Era il 1836 quando il borbone Ferdinando II, re delle due Sicilie, accettò la proposta dell'architetto francese Armando Bayard de le Vingtrie di costruire la "strada ferrata", così la chiamavano allora, da Napoli a Nocera. Tre anni dopo, il 3 ottobre 1839, nel Regno - e per la prima volta nel territorio italiano - una locomotiva correva sulle rotaie trascinandosi dietro alcuni vagoni su cui avevano preso preso posto passeggeri increduli e in festa.
Negli anni che seguirono i vari sovrani di un'Italia ancora divisa si dettero da fare per eguagliare il pionierismo meridionale. Nel 1861, anno dell'unità d'Italia, nell'intera penisola erano in esercizio 2.521 km di rotaie (in Gran Bretagna se ne contavano già 14.600, in Germania 11.000 e in Francia 4.000). Gli anni dal 1861 al 1875 furono quelli dello sviluppo: le strade ferrate raggiunsero i 7.780 km. Nel 1901, per la prima volta in Italia, debuttarono la prime motrici elettriche sulla Milano-Varese. Ma fu nel 1905, in piena epoca liberale che si decise di nazionalizzare le ferrovie. Con la Legge n.137, nascono le "Ferrovie dello Stato". Un segnale di lungimiranza della classe dirigente di allora, Giolitti in testa: il servizio di trasporto su rotaia trovava posto nella sua collocazione più naturale, la gestione pubblica. Era necessario aprire la società alle masse che stavano diventando sempre più protagoniste. Il treno divenne così il simbolo di questa proiezione verso la modernità e il progresso.
Sarà poi durante il periodo tra le due guerre che le ferrovie saranno oggetto di una particolare attenzione. Per ragioni di efficienza fu sciolto il vecchio Consiglio di Amministra-zione e fu sostituito da una gestione commissariale. Nel 1924 fu creato il Ministero delle Comunicazioni che proseguì per la strada della elettrificazione e del prolungamento della rete: nel 1936 si contavano 23.313 km. Durante il fascismo si registrano i più forti tagli di organico: dai 235.500 addetti del 1921 si passa alle 133.100 unità del 1937. Anche gli stipendi subiscono tagli consistenti.
Durante la seconda guerra modiale i bombardamenti resero inagibile oltre il 40 per cento della linea, e nemmeno il materiale rotabile si salvò dalla distruzione. Per esempio, le originarie 4.177 locomotive e le 8.704 carrozze alla fine della guerra erano ridotte rispettivamente a 1.803 e a 1.255. All'indomani del conflitto, le FS furono di nuovo in prima linea per partecipare alla gigantesca opera di ricostruzione avviata nel Paese e già alla fine del 1945 lo sviluppo della rete era tornato a valori vicini a quelli del 1940. Uno sforzo massiccio che però non riuscì mai a tradursi in un reale miglioramento del sistema. Mentre infatti aumentava la mobilità degli italiani e la necessità di spostare grandi quantitativi di merci da una parte all'altra del Paese, la rete rimase sostanzialmente immutata. Agli anni drammatici della guerra era subentrato un momento di grande crescita. Le Ferrovie non riuscirono ad adeguarsi per venire incontro alle nuove pressanti esigenze.
Negli anni '50 e '60, in pieno boom economico, si scelse la politica del trasporto su gomma che avrebbe portato alla creazione di una fitta rete di strade e autostrade (e all'attuale intasamento da traffico urbano nelle grandi e piccole città). Solo la crisi petrolifera di metà degli anni '70 riuscì a porre un qualche freno all'espansione del traffico su gomma senza riuscire, però, a far cambiare politica ai governi successivi.

 

Homepage

 

   
Num 57 Aprile 2006 | politicadomani.it