Pubblicato su politicadomani Num 56 - Marzo 2006

Morire di fame
In un articolo pubblicato su Le Monde Diplomatique la situazione delle carceri in Turchia e la protesta dei detenuti

 

Una volta ottenuto il riconoscimento dello status di Paese candidato ad entrare in Europa, la Turchia si è mossa nella direzione di significativi mutamenti di carattere costituzionale e legislativo.
Il riconoscimento dell'uso della lingua curda, la lotta contro la tortura nelle carceri e l'estensione dell'area di applicazione delle libertà fondamentali (libertà di espressione, libertà di associazione, libertà di manifestazione e libertà di riunione pacifica) sono i principali punti di modifica della costituzione e dell'ordinamento giudiziario. Tutto ciò per rendere concretamente esecutive le decisioni della Corte di Strasburgo le cui linee direttive si basano su alcuni perni principali: l'integrità della persona, il primato del diritto, il pluralismo e la tolleranza.
Tutto bene, se non fosse che, per adeguarsi alle direttive europee, la Turchia porta avanti una riforma del sistema carcerario a cui i detenuti si oppongono con scioperi della fame che li conduce fino alla morte.
"Morire di fame per non morire di solitudine" è il titolo di un bell'articolo di Nedim Gürsel, scrittore e direttore di ricerca al Cnrs, pubblicato su Le Monde Diplomatique.
"Nell'arco di mezzo secolo non è mutato nulla in Turchia, un paese in cui i prigionieri politici fanno sempre lo sciopero della fame, non per recuperare la libertà come Nazim Hikmet, ma piuttosto per ritrovare la propria dignità. Per difendere il diritto di vivere insieme." Scrive Nedim.
Nell'ottobre 2000 diverse centinaia di detenuti politici iniziarono in Turchia uno sciopero della fame contro la riforma del sistema carcerario.
"La riforma penitenziaria in Turchia prevede il passaggio dal sistema "E" al sistema "F". Si tratta di trasferire i detenuti dalle camerate alle celle di isolamento, in cui i prigionieri politici rischiano di finire in balia della tirannia dei sorveglianti. Grazie al vecchio sistema "E", Nazim Hikmet, prigioniero politico di lunga data, ha potuto scrivere il suo capolavoro "Paesaggi umani del mio paese"". Allorché la polizia penetrò nel carcere per costringere i detenuti a interrompere la protesta, lo sciopero finì nel sangue.
"Malgrado i superstiti siano stati trasferiti in altre carceri in cui ormai scontano la loro condanna in minuscole celle, l'agitazione continua. I giovani prigionieri muoiono nell'indifferenza, mentre gli scioperi della fame si allargano sempre di più".

 

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