Pubblicato su politicadomani Num 56 - Marzo 2006

Una grande democrazia teocratica
Il Fondamentalismo al potere
Repubblicani e Fondamentalisti alla guida degli USA

di Alberto Foresi

Al termine del primo conflitto mondale, fra i fattori che contribuirono maggiormente alla diffusione delle teorie fondamentaliste e al loro legame con tematiche connesse all'apocalittica millenaristica c'è senza dubbio il mutamento allora in atto sullo scenario politico internazionale. Primo fra tutti, sconfitto il nemico prussiano, la rivoluzione bolscevica in Russia. È proprio fra le coscienze sconvolte dall'erompere di una rivoluzione atea e proletaria che vanno ricercate le origini di una visione manichea del mondo e l'esigenza di una mobilitazione delle forze del bene contro le forze maligne della sovversione. E proprio allora si comincia ad attribuire agli Stati Uniti il compito di ergersi, quale nuova Gerusalemme terrestre, a baluardo contro le forze rivoluzionarie dell'Anticristo, dando così origine ad una sorta di patriottismo biblico. Elemento ancora oggi distintivo della retorica conservatrice neofondamentalista, anche se l'antico Nemico è stato identificato in nuovi soggetti.
A partire dal 1925 i movimenti fondamentalisti registrano una crescita imponente e costante. Essi hanno acquistato da allora sempre maggior visibilità nella sfera pubblica grazie all'apertura di scuole confessionali, alla creazione di reti radio-televisive, alla promozione di campagne contro aborto, pornografia, omosessualità e, più in generale, contro tutte le istanze di rinnovamento e di innovazione presenti nella società statunitense, in particolar modo dopo le rivolte studentesche fra la fine degli anni '60 e gli inizi degli anni '70 del secolo scorso. È proprio in quegli anni che una serie di eventi allora in atto vengono recepiti dagli ambienti fondamentalisti quali elementi di pericolo, di corruzione e di disgregazione dell'identità sociale e religiosa statunitense: lo scandalo Watergate, le ripercussioni interne dell'intervento in Vietnam e degli esiti disastrosi del conflitto, il femminismo, la parità razziale tra bianchi e neri, il riconoscimento dei diritti degli omosessuali. Tutti elementi che, per i Fondamentalisti (in quegli anni quantificabili in circa un quarto della popolazione americana) rendevano quanto mai necessario ristabilire la gerarchia dei valori su cui si fonda l'identità collettiva statunitense, al fine di riparare ai guasti provocati da una modernità volta ad estromettere la religione e i suoi principi dalla sfera pubblica e politica.
Proprio nella seconda metà degli anni '60, subito dopo lo scandalo Watergate e la debacle in Vietnam, le teorie fondamentaliste cominceranno ad avere un'influenza diretta anche sulla presidenza degli Stati Uniti. Jimmy Carter, più marcatamente Ronald Reagan e i Bush padre e figlio non hanno nascosto le proprie personali simpatie per il Fondamentalismo, che ha anche fornito all'attuale presidente buona parte delle argomentazioni per trasformare la presunta lotta contro il terrorismo di matrice islamica in uno scontro epocale tra il Bene e il Male.
È significativo notare come negli USA, a partire dagli anni 90, le idee fondamentaliste abbiano attecchito anche in ambienti estranei al movimento fondamentalista propriamente detto, allargandosi anche ai movimenti cattolici tradizionalisti ed ebraici ortodossi. Alla Convention repubblicana del 1992 il senatore Patrick Buchanan, vicino ai movimenti fondamentalisti, annunciò che era iniziata la guerra in difesa dell'anima dell'America, guerra in cui dovevano essere mobilitate, sotto la guida del Partito repubblicano, sia le forze protestanti sia quelle cattoliche ed ebraiche in un fronte comune da opporre al dilagante umanesimo secolare, inteso in maniera oltremodo restrittiva come visione del mondo che esclude ogni riferimento all'esistenza di Dio.
Le peculiarità di una simile direttiva politica sta proprio nel contesto istituzionale in cui viene attuata, ovvero in un sistema politico democratico che dovrebbe essere laico per definizione. Facendo un confronto, peraltro quanto mai arduo, con la realtà politica europea e, in particolare, italiana, una simile tendenza sarebbe da noi impraticabile: niente vieta alla Chiesa romana di esporre le proprie opinioni, riconoscendole pertanto una sorta di autorità morale consultiva. Tuttavia tali opinioni possono essere recepite a livello politico solo se sono saldamente fondate su presupposti giuridici in quanto una democrazia è la realizzazione di un sistema sociopolitico voluto dalla popolazione stessa tramite la delega rappresentata dalle elezioni in funzione di un bene comune e non di un Bene assoluto ottemperante alla volontà divina.

 

"Apocalittico"

Il significato etimologico del termine "apocalisse" è "rivelazione", (dal verbo greco "apokaljpto"= "svelare", deriva il sostantivo "apokàljpsis"= "rivelazione, manifestazione").
L'Apocalisse della letteratura ebraica (Daniele nell'A.T.) e quella del N.T. contengono descrizioni di fenomeni terrificanti, ma la loro intenzione non è né intimidatoria né spettacolare. Esse rivelano che la disgrazia, il dolore, la disperazione possono durare solo per un tempo limitato perché Dio prepara "cieli nuovi e terra nuova". La letteratura apocalittica ha avuto grande sviluppo in periodi di crisi religiosa e politica della storia d'Israele. Quando tutto sembrava perduto, gli apocalittici incoraggiavano il popolo oppresso ed alimentavano la speranza di una futura rivincita.
Il genere apocalittico fa uso di simboli. La maggior parte dei simboli dell'Apocalisse di Giovanni sono presi dalla tradizione profetica. Ecco alcuni esempi: una donna simboleggia un popolo o una città; le corna sono simbolo di potere, in particolare di potere dinastico; il mare è un elemento maligno, fonte d'insicurezza e di morte; il colore bianco indica la gioia della vittoria; lo scarlatto, la lussuria e la regalità; il nero, la morte.

 

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