Pubblicato su politicadomani Num 56 - Marzo 2006

Mutuo sociale
Diritto alla casa: uno slogan… e che altro?

di Stefano Falomi

I muri delle città sono tappezzati di manifesti; negli stadi appaiono striscioni. Evocano un concetto in due parole: "mutuo sociale".
In campagna elettorale "il diritto alla casa è diritto di tutti" è uno slogan che trova spazio sotto ogni bandiera. Il Coordinamento Nazionale per il Mutuo Sociale si dichiara trasversale, anche se i gruppi aderenti appaiono tutti collocati alla destra estrema dello schieramento politico.
Cosa contiene di specifico e di originale la proposta di Mutuo Sociale?
Nel momento in cui la Banca Centrale Europea ha innalzato gli interessi per molti la rata di mutuo si fa più pesante. In tempi di difficoltà per le fasce economicamente deboli, risulta quindi di sicuro appeal proporne il contenimento. Ma non siamo in presenza della richiesta di intervento sul sistema finanziario. Neanche i rivoluzionari più radicali, di destra o sinistra che siano, osano proporre di intervenire sul mercato del denaro. Tassando ad esempio le rendite finanziarie.
Dietro quelle due parole c'è la proposta di una legge regionale per la realizzazione di alloggi il cui costo per le famiglie sia contenuto entro un quinto delle entrate (stipendi e redditi vari).
Nuove costruzioni su terreni demaniali: nessun margine per la speculazione fondiaria. La progettazione ottenuta bandendo concorsi. Ne conseguirebbero prezzi finali contenuti. Poiché "l'Istituto Regionale per il Mutuo Sociale in qualità di ente pubblico non mira al profitto", le case dovrebbero essere vendute a prezzo di costo: per 100 metri quadri a Roma, si ipotizzano 800-1000 euro a metro quadro. Per confronto, le quotazioni attuali di alloggi economici in zone periferiche variano tra i 1.500 e i 2.700 euro a metro quadro.
Quanto alla tipologia, si afferma: "stiamo parlando di una bella casa, in palazzi bassi con massimo cinque nuclei familiari per palazzina, in quartieri costruiti nel verde, in quartieri attorno all'uomo, con rispetto per le esigenza comunitarie... Stile Garbatella per intenderci, non i casermoni sovietici stile Corviale o Laurentino38".
Per cominciare si tratterebbe di rimpiazzare, se capiamo bene, le ATER (Aziende Territoriali per l'Edilizia Residenziale pubblica), recentemente costituite in sostituzione dei vecchi IACP (Istituto Autonomo Case Popolari), con un diverso ente regionale. Tralasciamo qui questo aspetto istituzionale per entrare in questioni sostanziali. Come il disegno di estendere l'urbanizzazione a danno della campagna: i terreni demaniali non ancora alienati non sono certo in zone centrali.
Qui sorgono due considerazioni di fondo: primo, abbiamo veramente bisogno di nuove costruzioni piuttosto che di mettere mano a quelle esistenti? Secondo, quale agglomerato sociale abbiamo in mente?
La popolazione italiana è sostanzialmente stabile; anzi, non si contrae solo grazie ai flussi di immigrazione. Per inciso, i propugnatori del mutuo sociale non sembrano fra i sostenitori delle "porte aperte", quando affermano che l'accesso è riservato a "famiglie con cittadinanza italiana e residenti da almeno cinque anni nella regione". Nella proposta c'è una contraddizione di fondo: di fatto, a fronte di nuove costruzioni, abbiamo milioni di metri cubi inutilizzati di cui sarebbe piuttosto il caso di pensare che farne.
Il progetto del mutuo sociale nasce dall'esperienza sul fronte dell' emergenza abitativa delle OSA (Occupazioni Scopo Abitativo), associazioni che hanno scelto in questi ultimi due anni la via dell'occupazione di palazzi abbandonati. Ufficialmente a favore di "famiglie gettate letteralmente in mezzo ad una strada da politiche liberiste sconsiderate".
La questione del convivio sociale poi è fondamentale. Non è la firma dell'architetto che fa la differenza fra il condominio dei suburbi e i moduli della città radiosa, ma chi vi abita e il suo modo di abitare. È il contenuto che fa la casa, non l'involucro. E l'equilibrio che si propone e persegue fra spazi e funzioni private e comuni.
Quanto al principio di proprietà sostenuto dal progetto, "la casa non può essere rivenduta, affittata, messa a garanzia di un prestito o ipotecata. La casa ottenuta con mutuo sociale è economicamente inerte e deve essere utilizzata esclusivamente come abitazione per la famiglia che ne è proprietaria." Come si ottiene ciò? Cedendo alla famiglia solo parte dell'immobile. La maggior parte, certo, ma un 5% deve restare all'Istituto. Quand'anche si arrivasse a versare l'importo necessario, si diverrebbe quindi titolari di una proprietà parziale. Non c'è molta differenza con la posizione degli attuali assegnatari di alloggi di edilizia pubblica in affitto. Ma per il comitato promotore, che considera l'affitto "la più subdola forma di usura", la differenza "concettuale" è sostanziale.

 

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