Pubblicato su politicadomani Num 56 - Marzo 2006

Occidentalizzazione e diritti delle minoranze
Il difficile processo di modernizzazione in Turchia
Nel paese erede dell'Impero Ottomano la rivoluzione kemalista imprime una svolta radicale che investe la cultura, la società e l'amministrazione

di A.F. e D.S.

La Turchia presenta una peculiare caratteristica rispetto agli altri paesi islamici: mentre in questi si registra un continuo pullulare di sigle che rimandano a movimenti integralisti più o meno violenti, essa è l'unica nazione estranea a questo fenomeno. A spiegare tale caratteristica non è sufficiente rifarsi all'efficiente apparato repressivo messo in atto da forze di polizia ed esercito, in Turchia spesso coincidenti: basti pensare che, nonostante il massiccio impiego di uomini e mezzi, non si è mai riusciti a debellare il PKK, il movimento rivoluzionario ed indipendentista curdo. Spiegazioni più plausibili si ottengono esaminando la storia della Turchia. In primo le caratteristiche cosmopolite dell'Impero Ottomano - al cui interno hanno convissuto sostanzialmente in modo pacifico popoli di diversa etnia e religione - i cui esponenti spesso sono giunti a ricoprire incarichi di prestigio e di potere al vertice della corte imperiale di Costantinopoli. È anche da sottolineare che il popolo turco, forse perché ha abbracciato la religione islamica relativamente tardi, non ha mai dimostrato una fervente religiosità né una particolare attenzione verso i precetti coranici. Tanto è vero che in Turchia, oggi come in passato, è diffuso il consumo di bevande alcoliche.
Non vanno però nemmeno dimenticati i tre colpi di stato, ad opera dell'esercito, che hanno profondamente caratterizzato la storia della prima e della seconda Repubblica turca. Il più feroce fu proprio quello del 1980 causato, oltre che dall'impotenza del governo di fronte alle sanguinose violenze politiche ad opera delle fazioni estremiste del paese, anche dall'affiorare sulla scena politica della religione e dall'integralismo islamico. Il movimento di Khomeini infatti aveva appena trionfato in Iran mentre in Turchia il Partito della Salvezza Nazionale, di ispirazione islamica e molto attivo sulla scena politica nazionale, sembrava avvicinarsi proprio alla linea iraniana. Fu allora che i militari presero il potere e lo mantennero per tre lunghissimi anni, tempo necessario per varare una nuova legge elettorale e una nuova costituzione tali da evitare il ripetersi di periodi di paralisi politica e di violenza.
I più grandi cambiamenti nel paese e le cause delle tensioni vanno ricercate nella creazione della Repubblica turca. La Turchia è una Repubblica Parlamentare dal giorno della sua fondazione avvenuta il 29 ottobre 1923 quando per l'occasione il Parlamento Turco onorò Mustafa Kemal, primo Presidente della neonata Repubbblica, del nuovo cognome "Ataturk", in turco "Padre dei Turchi". Una delle principali riforme volute dall'ex ufficiale del disciolto esercito dell'Impero Ottomano fu infatti proprio quella di istituire la prassi di identificare le persone con un nome ed un cognome, soppiantando l'uso orientale fino ad allora in uso del patronimico. Inizia così la Rivoluzione Kemalista, garantita dall'esercito e guidata da Ataturk contro i settori conservatori della società; una radicale e profonda occidentalizzazione del paese, con il chiaro intento nazionalistico di dare maggiore unità possibile all'etnia turca. Proprio in questo contesto si inserisce il grave problema dell'etnia curda, oggi il 20% della popolazione totale della Turchia, che aveva appoggiato Kemal in cambio della promessa della tutela della propria specificità etnica. Promessa che Ataturk, giunto al potere, si rimangiò ben presto, perseguendo piuttosto una politica volta all'assimilazione dei Curdi, impedendo l'uso della loro lingua ed ogni espressione della loro cultura e tradizione. Tale politica tuttavia non dette gli esiti sperati, tant'è vero che la questione curda, spesso causa di reciproche violenze, è tutt'ora irrisolta.
Viene abolito il Califfato. Viene cambiata la lingua fino ad allora parlata purificandola dalle parole e dagli idiomi arabi e persiani che avevano caratterizzato il linguaggio dell'Impero Ottomano e viene adottato l'alfabeto latino. Islam e Stato vengono disgiunti: l'Islam non è più religione di Stato e i privilegi di cui godevano le gerarchie religiose vengono aboliti. Viene tolto l'obbligo del velo per le donne e del fez per gli uomini. Sono aboliti la poligamia e il calendario musulmano. Viene istituito il matrimonio civile e imposto il calendario gregoriano. Viene abolita la Sharia, il diritto coranico. Viene assunto il codice civile svizzero e quello penale italiano e viene riformato il sistema giudiziario. Nel 1934 il suffragio universale viene esteso anche alle donne. Viene creata una Banca Centrale e un sistema finanziario complesso, con istituti di credito industriale, agricolo e commerciale, tesi a far uscire il paese dall'arretratezza feudale che lo caratterizzava. Vengono nazionalizzati i sistemi di trasporto e i grandi complessi industriali. Viene decretato anche il trasferimento della capitale: non più la storica sede imperiale di Istambul, l'antica Costantinopoli, ma Ankara, allora poco più di un villaggio e divenuta rapidamente una città dall'aspetto occidentale.
L'Impero Ottomano non esiste più. Ataturk ha reso la Turchia un paese completamente nuovo la cui struttura sociale e statale è ispirata ai modelli occidentali. Nel quale però, ancora oggi, la vecchia generazione fa fatica anche solo a comunicare con le nuove.

 

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Num 56 Marzo 2006 | politicadomani.it