Pubblicato su politicadomani Num 56 - Marzo 2006

L'annuncio e l'essenza
Deus caritas: notizia da Lui, conseguenza per noi
Nell'amore si gioca tutto il Vangelo, tutta la rivelazione cristiana, tutta la differenza assoluta tra questa religione detta cristiana e ogni altra religione

di Giovanni Gennari

L'"Enciclica": una lettera. Dov'è la notizia? In realtà le notizie sono due. Dall'Antico Testamento è che "Dio c'è", nel senso che "è vicino" e assiste il suo popolo: rivelata nell'Esodo, al c. 3. Alla richiesta di Mosè che vuole il nome di chi lo manda al Faraone la risposta non è un'identità, ma una presenza: "Io ci sono", "Io sono con te, vai!" Il Nuovo Testamento aggiunge di suo l'annuncio di chi è Dio: "è Amore"(1 Gv. 4,8). Dà la grande notizia Giovanni, che ha vissuto "il fatto", e prima di darla sente il bisogno di testimoniare che non sta raccontando una favola, ma una realtà concreta: "Quello che abbiamo visto con i nostro occhi, quello che abbiamo udito con le nostre orecchie, quello che le nostre mani hanno toccato, noi lo annunciamo a voi…" (I Gv. 1, 1)
Qui si gioca tutto il Vangelo, tutta la rivelazione cristiana, tutta la differenza - assoluta - tra questa religione detta cristiana e ogni altra religione. Dio è amore e questo lo sappiamo perché lo abbiamo vissuto: si è mescolato alla nostra vita, alla nostra morte, alla nostra speranza, facendole Sue, e facendoci Suoi. Da qui comincia tutto. Perciò Benedetto XVI ha cominciato da qui. La sua prima enciclica dice solo questo, e lo dice in due modi: parlando di Dio prima, e poi parlando di noi. La prima parte parla di Dio. Ovvio che l'invito è a leggerla tutta, ma qui richiamo solo il nucleo radicale, che è dentro il paragrafo 10, quando il testo annuncia testualmente "l'essenza della fede biblica": "Sì, esiste una unificazione dell'uomo con Dio, il sogno originario dell'uomo, ma questa unificazione non è un fondersi insieme, un affondare nell'oceano anonimo del Divino, è unità che crea amore, in cui entrambi - Dio e l'uomo - restano se stessi e tuttavia diventano pienamente una cosa sola". Eccola la notizia che sconvolge tutto, la rivoluzione radicale cristiana: Dio è amore e l'uomo è divinizzato da Lui, fatto degno di essere amato con l'Amore di Dio, e di amare egli stesso con l'Amore di Dio. Lo aveva già detto, Benedetto XVI, il giorno dell'Immacolata: "L'uomo che si volge verso Dio non diventa più piccolo, ma più grande, perché grazie a Dio e insieme con Lui diventa grande, diventa divino, Dio non fa più piccolo l'uomo, ma lo rende divino". Non solo Dio è amore, ma ama l'uomo al punto da farsi Dio con l'uomo, uomo per l'uomo, e da rendere l'uomo Dio per grazia, nell'identificazione donata con l'Incarnazione del Verbo eterno in Gesù di Nazaret, pienamente Dio e pienamente uomo.
Pare una ovvietà. Non lo è. È la risposta pìena a tutte le critiche radicali - Feuerbach, Marx, Freud, Nietzsche in primo luogo - alle religioni inventate dagli uomini, in cui Dio è concorrente e rivale dell'uomo, per cui più piccolo è l'uomo più grande è Dio… Quel Dio delle religioni diminuisce, e alla fine sparisce sotto i colpi del progresso umano: se l'uomo "conosce", sparisce "il mito" religioso, sostituito dalla scienza, se l'uomo "può", cioè si fa forte, sparisce il "rito" religioso, sostituito dalla tecnica. La novità è che questo Dio, rivelato in Gesù Cristo, non è più rivale, ma è uomo come gli uomini, ama gli uomini fino ad identificarsi con loro, e con i loro dolori che non elimina, ma partecipa, e con la loro morte, che subisce Egli stesso per amore, aprendo oltre il morire un destino infinito per tutti coloro che liberamente si faranno amare, e amati restituiranno amore. Dio è amore: è la prima parte dell'Enciclica. La seconda ne è la conseguenza: anche l'uomo deve solo amare. Ma chi? Amare Dio, sì, ma quel Dio che c'è da sempre e che è stato poi Emanuele, Dio con noi in Gesù di Nazaret, ora non è più direttamente tra noi. Se n'è andato, ed ha fatto dire ai suoi, che siamo tutti: "uomini di Galilea, non state a guardare il cielo", Lui tornerà, ora tocca a voi. È l'Ascensione: uno scambio di consegne. Ma come è possibile per noi amare come Lui? Così: Dio è amore e anche voi - ovviamente se volete liberamente essere amati da Dio - siete amore per grazia di Dio in Gesù Cristo, grazia di Dio che arriva nello Spirito donato e presente dentro di voi. È la Pentecoste. E allora ora, nella storia di ogni giorno, fino alla fine dei tempi, il nostro "mestiere" - da "ministerium", latino - è amare Dio rimasto tra noi nella sua "immagine somigliantissima" che è l'uomo, ogni uomo e ogni donna che passa sulla terra. Perciò tutta la seconda parte dell'Enciclica descrive l'amore-carità che si concretizza nella storia in tutte le sue forme di lotta per la pace, l'uguaglianza, la giustizia, la fraternità, la libertà, lo sviluppo vero degli uomini, Sul fondamento dell'amore ricevuto che trasforma l'uomo redento in figlio di Dio per grazia, animato dallo stesso Amore che nello Spirito Santo diventa "nostro", la nostra vita terrena di uomini salvati in speranza deve passare nell'amare Dio nel prossimo e il prossimo in Dio. Per questo il "mestiere" unico dell'uomo, sulla terra, è amare il prossimo. Perciò la dottrina sociale della Chiesa non è un'appendice del Vangelo, ma è il Vangelo vissuto nella storia. Lo vivono anche tutti coloro che di fatto amano l'uomo veramente, pure se non sanno il suo nome divino, se non conoscono l'Amore fonte che è Dio. È Vangelo, del resto, scritto da 2000 anni nel cap. 25 di Matteo: "Venite, benedetti del Padre mio, perché avevo fame, ecc…" Lì è detto provocatoriamente a chi non era cosciente dell'identificazione di Dio in Gesù con quelli che hanno fame, sete, ecc… E perciò Teresa di Lisieux nell'ultimo anno della sua vita, dopo la scoperta dell'Amore di Dio come amore suo, appropriato a lei, Amore che infiammava il suo cuore umano e lo faceva vivere dello stesso fuoco che anima il cuore della Chiesa - sue parole: "Nel cuore della Chiesa io sarò l'Amore" - ha scoperto la vera natura dell'amore del prossimo. Così: "La carità è tutto sulla terra, si ama Dio nella misura in cui la si pratica".
È tutto. Sono le due parti dell'Enciclica, nella sostanza teologica ridotta all'osso. Andiamo a leggerla tutta, ma è bello, è grazia, che la prima Enciclica di Benedetto XVI sia semplicemente e solamente l'essenza; il resto è - se siamo coerenti - conseguenza. E tocca a noi tirarla. Ben oltre una pagina di giornale.

 

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