Pubblicato su politicadomani Num 55 - Febbraio 2006

La globalizzazione nel pensiero di Amartya Sen
Rispetto delle identità plurali
Il 19 gennaio l'economista indiano ha tenuto a Roma una conferenza da cui è utile trarre qualche riflessione

di Carlo Vallauri

Le nuove frontiere della conflittualità tendono a spostarsi dall'urto frontale tra i blocchi (come nell'esperienza della guerra fredda tra Usa e Urss) ad una sorta di guerra di tutti contro tutti, di cui la globalizzazione è il risvolto economico. Nella precedente fase, all'interno dei singoli popoli, i gruppi sociali si collocavano in una scala che li distingueva sulla base della professione e dei redditi e gli Stati nazionali fiancheggiavano - volenti o nolenti - le potenze dalle quali pensavano di trarre i maggiori vantaggi. Adesso, in contrasto con l'iperpotenza americana, si delineano le progredienti potenzialità dei paesi, in particolar modo quelli asiatici, in grado di competere, mediante l'impiego di adeguate tecnologie, indipendentemente dalla diversità di forme politiche e d'indirizzi religiosi o culturali. Ed il grado di ricchezza delle multinazionali che controllano il petrolio e le altre fonti di energia si contrappone sempre più alla povertà, alla fame, alle malattie che incidono sull'esistenza di decine, centinaia di milioni di esseri umani.
Le grandi istituzioni internazionali, erette sulle ripartizioni territoriali d'antica matrice, sono sempre meno rispondenti alle esigenze di vita e di sviluppo delle moltitudini, e sono sempre meno alla ricerca di una applicazione concreta dei principi di diritti umani di cui potenti ed intellettuali, costituzioni e partiti, dichiarano di essere portatori. Una spinta ad una generale omologazione di opinioni, di collocamento sociale, di mentalità - processi favoriti dall'intermediazione in tempo immediato degli strumenti di comunicazione a distanza - trova naturale contrasto nelle aspirazioni ad un libero dispiegamento delle energie delle singole nazioni come degli individui rispetto a organizzazioni statali sempre più invadenti nelle sfere private.
Ecco allora contrapporsi l'interesse a mantenere le attuali condizioni di disparità sul piano internazionale come all'interno delle singole comunità, all'esplosione di atti e di volontà più attente ai valori fondamentali della coscienza, più preoccupate della salvaguardia dei diritti sociali. Contro il primato assoluto e determinante delle potenze dominanti e dei grandi complessi finanziari supernazionali vengono in luce nuove potenzialità di cui sono espressione i raccordi stabiliti tra popoli in sofferenza che cercano di ergersi a paladini di quei diritti umani continuamente sacrificati. E i "più forti" ancora una volta provano a presentarsi quali difensori delle necessità dei "più deboli". Una falsificazione della realtà che gran parte della cultura copre con le sue costanti mistificazioni e con l'indifferenza. Non si può più pensare ad un contraltare costituito da un gruppo di Stati contro altri Stati perché ormai molteplici sono le basi da cui muovono gli esseri umani. Fattori di fede, comuni conoscenze tecnologiche e comuni valutazioni della realtà vivono all'interno dei popoli in forme differenziate. Ecco perché il sociologo Amartya Sen, premio Nobel per l'economia, sollecita uno spostamento dell'attenzione dalle contrapposizioni ormai separate verso una più esatta individuazione delle diverse identità - religiose, culturali, politiche, psicologiche - tutte da rispettare, affinché dal riconoscimento delle identità plurali possa derivare un graduale sforzo diretto a sospingere verso una revisione dell'impostazione delle contese politiche, oggi ridotte a favorire esclusivamente l'interesse di chi è più forte, detentore del potere economico e finanziario.
Solo un riscatto attraverso la sollevazione libertaria delle molteplici identità, piegate oggi ad egemonie apparentemente imbattibili, può indicare la strada di un risveglio materiale e di un risveglio delle coscienze. Non esiste infatti solo il problema del controllo delle materie prime ma anche quello della formazione di nuove tipologie di valori derivanti dalla storia, dalla vita vissuta, che riconducono alla considerazione delle motivazioni culturali attorno alle quali singole persone, comunità, popoli, si ritrovano nelle loro identità esistenziali, tutt'altro che scomparse nella confusione di una generale uniformità.
La democrazia può sussistere solo nel rispettodi tali identità.

 

Biografia
Carlo Vallauri

Carlo Vallauri ha insegnato Storia contemporanea all'Università per stranieri di Siena, Storia dei partiti e Sociologia politica all'Università di Roma "La Sapienza" e Storia dei movimenti sindacali alla Luiss.
È stato dirigente generale del Ministero del Bilancio e della Programmazione economica.
Ha pubblicato studi sulla politica liberale di Zanardelli, Giolitti e l'occupazione delle fabbriche, il corporativismo, gli statuti e l'organizzazione dei partiti (ricerca CNR in otto volumi), il PSI e l'Internazionale socialista, la cooperazione agricola, la storia dei sindacati, la guerra in Abruzzo (sulla base dei documenti rinvenuti presso l'Archivio centrale dello Stato, i National Archives e il Record Office di Londra), Roma contemporanea, i diritti umani e la pace nei manuali scolastici dei paesi sviluppati e dei paesi in via di sviluppo (Unesco), la disparità tra uomini e donne nei mass media (Consiglio d'Europa), il teatro italiano contemporaneo (World Encyclopedia of Contemporary Theatre).
Ha tenuto lezioni e conferenze in California, Canada, Francia, Spagna, Olanda, Polonia, Russia, Georgia, Algeria. Suoi testi sono stati tradotti negli Stati Uniti e nei paesi balcanici.
Collaboratore e componente dei comitati scientifici di riviste e fondazioni culturali, presidente dell'Istituto laziale di studi storici, è stato direttore di "Ridotto" e condirettore della "Rivista trimestrale di Scienza politica e dell'Amministrazione".

 

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