Pubblicato su politicadomani Num 55 - Febbraio 2006

Messico
Prove di democrazia
Nel pensiero dell'EZLN le proposte a la strategia per nuove forme di partecipazione

di Eryka David

Siamo in corsa per lo "sviluppo" e la rincorsa è stata presa da tempo. Ora ci scopriamo costretti a lottare per i primi posti, inseguendo (a fatica) questo o quello Stato sulla base di regole imposte da altri che si chiamano "competitività" e che ci stanno strette. In questa centrifuga sentiamo che gran parte di noi vorrebbe una seconda se non una terza alternativa. Quindi la domanda "Che fare?" appare più che mai attuale. Qualcuno rispose che "è necessario sognare" (Lenin), quindi di fronte ad un movimento quale quello zapatista che è capace di sognare alziamo le mani.
Perfino la scelta di indossare dei passamontagna, fatta certamente per fini di sicurezza personale, è una scelta contro un sistema che ci vuole globalizzati, cloni l'uno dell'altro. Invece, nascondersi il volto potrebbe essere una difesa, potrebbe rappresentare la salvezza della nostra individuale autenticità.
Marcos, portavoce del movimento, sostiene che in un governo giusto e democratico che veramente funziona è il popolo l'unico vero capo. E lui, Marcos, si dichiara subalterno al suo popolo, "subcomandante". Un popolo, quello del Chiapas, che sa di poter vivere senza "padroni", mentre questi non possono vivere senza il popolo.
Il movimento zapatista si basa su poche idee che aprono orizzonti amplissimi di applicazione e di comportamenti concreti. Queste idee hanno aperto nuove vie nel modo di pensare il diritto, vie percorse da persone che hanno lasciato un segno profondo; idee da cui sono germogliate significative e importanti esperienze, una delle quali è il movimento zapatista.
Lo "zapatismo", che ormai ha sconfinato il Messico, si racchiude in alcuni principi generali che vanno essenzialmente contro il sistema dei partiti che conosciamo: un sistema che mostra sempre più evidenti i segni del fallimento. L'organizzazione politico-militare che sta alla base dell'EZLN non vuole conquistare il potere per poi con questo cambiare la società; né considera la lotta armata quale mezzo per realizzare le proprie aspirazioni. L'EZLN denuncia, anzi, il carattere antidemocratico delle organizzazioni politico-militari. Essa non si riconosce in questa o in quella corrente di pensiero, non è un movimento anarchico, non teorizza la rivolta, non cade nell' eclettismo. L'organizzazione si pone sulla scena politica con grande modestia ma, allo stesso tempo, rivendica la dignità come essenza fondamentale del suo operare politico, convinta che deve esistere una corrispondenza tra quello che si dice e quello che si fa. L'organizzazione ha chiara l'importanza del fatto che la società controlli lo Stato dal di fuori, per obbligarlo a comportamenti corretti e a favore del popolo. "Non si tratta di prendere il potere ma di rivoluzionare la relazione tra coloro che lo esercitano e coloro che lo subiscono", è stato detto della loro strategia. É questa la "rivoluzione" auspicata dall'EZLN, e questa "rivoluzione" dovrà essere l'inizio di un cammino verso la costruzione di meccanismi di auto-organizzazione per edificare nuove forme di governo.
Coloro che fanno parte dell'EZLN parlano in nome di quelli che stanno in basso, del popolo dei villaggi zapatisti. Eppure alla loro voce si sono uniti in tanti e il loro pensiero è condiviso da tanti che zapatisti non sono, e che non sono del Chiapas. È infatti ormai evidente il limite di questa forma di pseudo democrazia nella quale viviamo, in nome della quale continuano ad ingannarci con nuove "crociate", e forte è il bisogno di gettare le basi di una nuova forma di partecipazione tutta da scoprire e da verificare. Una forma alla quale il pensiero di questo movimento sta dando un contributo formidabile.

 

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Num 55 Febbraio 2006 | politicadomani.it