Pubblicato su politicadomani Num 55 - Febbraio 2006

Grazie Mitteleuropa
Musica e vera democrazia a Salisburgo
Una serata speciale in una città scintillante di neve e impregnata di cultura. Potenti e politici si sono raccolti nella sala bianca del Mozarteum attorno alle note di Mozart. Molto discretamente, nello stile classico e sobrio dei grandi eventi

di Marco Vitale

Ho avuto la fortuna di partecipare ad un evento speciale: l'apertura, a Salisburgo, dell'anno mozartiano in occasione del duecentocinquantesimo della nascita di Mozart e vorrei condividere alcuni aspetti di questa esperienza. In una Salisburgo splendida, coperta di neve ma scintillante sotto un magnifico sole, e con una temperatura assai severa e corroborante, le celebrazioni iniziano nella mattinata del 27 gennaio, giorno della nascita di Mozart - 250 anni fa - nella sala bianca e dorata della Fondazione Internazionale Mozarteum. La sala è stracolma di persone, rigorosamente ed esclusivamente ad invito, e sono presenti le principali autorità austriache a partire dal presidente della Repubblica con la moglie. Ma non c'è il minimo accenno di mondanità e di esibizionismo spagnolesco, come avviene sempre da noi in questi casi. L'atmosfera è quella classica, di sobria eleganza, dei grandi concerti della Mitteleuropea, dove si va ai concerti per sentire musica e non per farsi vedere. L'inizio delle celebrazioni è giustamente non con le parole ma con la musica: il delizioso quartetto per piano, violino, viola e violoncello KV428 di Mozart. Subito dopo iniziano necessariamente le parole. Il presidente ricorda che il 27 gennaio è anche l'anniversario in cui l'armata rossa spalancò i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz (1945), quasi a ricordare anche gli orrori di cui l'uomo è capace. Parlano il presidente del Mozarteum, il sindaco di Salisburgo, la presidente del Land, il presidente della Repubblica austriaca. Interventi misurati ma anche con poca sostanza. L'intervento migliore è quello della signora Gabi Burgstaller presidente del Land Salisburgo, che è anche il più applaudito. Tra l'altro dice: non so cosa sarebbe successo a Mozart senza Salisburgo ma so, con certezza, cosa sarebbe Salisburgo senza Mozart.Ciò ci fa riflettere su un fenomeno straordinario.
Salisburgo è oggi una delle città più ricche, colte, famose e civili del mondo; capitale mondiale della musica. E tutto ciò è stato costruito, passo dopo passo, a partire dalla seconda metà dell''800, quando la città scoprì di avere dato i natali a un genio musicale. Quel Wolfang Amadeus Mozart vissuto solo 35 anni (dal 1756 al 1791), per lo più viaggiando in tutta Europa e vivendo in gran parte a Vienna, e che aveva avuto con la sua città natale rapporti freddi se non ostili, ma sulla memoria e sulle opere del quale la città ad un certo punto decise di orientare e basare il suo sviluppo e la propeia immagine. Oggi quel giovanotto di 35 anni morto 250 anni fa e sepolto in una fossa comune ed i festival musicali costruiti a partire da lui, sono se non tutto, quasi tutto per Salisburgo e il salisburghese.
Ci sono stati altri geni musicali (come Bach e Beethoven) ma per nessuno si è sviluppata un'identità così forte con il territorio di nascita ed un seguito di massa così vasto. Condivido questa riflessione con amici tedeschi ed uno di loro, musicologo, mi dice sorridendo: la verità è che in Paradiso quando ci sono le manifestazioni ufficiali, si suona Bach; ma nei momenti di relax, quando gli angeli hanno del tempo libero e stanno tra di loro suonano Mozart. C'è del vero in questa favola, ma io credo che la presenza così pervasiva di Mozart sia dovuta anche al fatto che un'intera città si è impadronita del suo genio e su questo ha basato il suo filone intellettuale e culturale di sviluppo. Perché qualcosa del genere non è successo con Verdi a Parma, Busseto o Milano? Perché non c'è un festival internazionale verdiano in queste città supportato da una fondazione musicale di alto livello, come il Mozarteum? Verdi non è Mozart, ma anch'egli appartiene ai geni musicali e la sua popolarità è immensa. Certo per i puristi questa eccessiva commercializzazione di Mozart può disturbare (per citare un solo esempio tra i tanti di cattivo giusto che ho visto in questi giorni, nel ristorante forse più famoso della città ti servono il conto in un cartoncino che rappresenta il profilo di Mozart); ma a prescindere da queste esagerazioni commerciali, criticabili e inutili, il modo con cui Salisburgo ha capitalizzato la memoria di Mozart è un esempio per tante città che non sanno valorizzare i loro "genius loci".
Ritornando ai discorsi della mattinata d'apertura al Mozarteum, il discorso più importante e profondo lo fa Nikolaus Harnoncourt, uno dei maggiori direttori d'orchestra europei, mozartiano insigne, settantenne nato a Berlino ma discendente da una importante famiglia della Stiria, un musicista autentico e uomo di profonda cultura. Del suo forte intervento (completamente distorto da tutta la stampa italiana che ne ha parlato) voglio riassumere i due temi centrali, che sono di valore universale.
Il primo è un appassionato e lucido allarme contro i modelli educativi dominanti nel mondo occidentale che tendono a spingere in un angolo tutto ciò che ha a che fare con l'arte e la musica. Eppure - dice Harnoncourt - l'arte e la musica sono elementi essenziali dell'umanità, sono ciò che fa essere uomo l'uomo; essi rappresentano un bilanciamento essenziale dell'utile, del pratico, dell'economico. I nostri ragazzi non sanno più cantare, non sanno più cosa sia una nota, sono educati secondo paradigmi culturali che insegnano che solo ciò che è utile è valido e che la felicità coincide con il possesso. I loro linguaggi si vanno esaurendo e impoverendo. La musica è un linguaggio universale non un privilegio per ristrette minoranze; ad essa dovrebbero avere accesso tutti i giovani dai 3-4-5 anni. Dopo è troppo tardi; dopo vi è spazio solo per la radio e il walkman.
Il secondo concetto è di non cercare di penetrare i geni musicali come Mozart attraverso i fatti controversi e incerti della loro vita, ma di cercare di penetrarli solo attraverso la loro opera. Ascoltare, ascoltare, ascoltare la loro musica: è l'unica cosa che conta. La grande musica non serve a rilassare l'uomo tra una fatica e l'altra, ma a turbarlo, a porgli domande che di solito non si pone, a farlo penetrare nel mistero che racchiude la vita, nell'inesplicabile, in ciò che la ragione non afferra e non spiega "Il vero Mozart è l'insondabile, l'incomprensibile… noi dobbiamo umilmente riconoscere che i nostri soliti criteri di misura non corrispondono a lui; egli viene da un altro pianeta… Un genio come Mozart non nasce e cresce; è come una meteorite che sbuca dall'Universo…Vi sono composizioni infantili di Mozart dalle quali emergono contenuti emotivi che sorpassano di gran lunga quelli che lui, a quell'età, aveva potuto vivere e conoscere. Noi possiamo dunque apprendere dal giovane uomo che fu, e restò tale per tutta la sua vita, i misteri più profondi e più assoluti dell'amore, della morte, della tragedia, della colpa e della felicità. Egli ci obbliga a sondare gli abissi dell'anima e subito dopo a guardare al cielo; forse egli è una chiave nelle mani di Dio". E con questa riflessione finale Harnoncourt fa propria una riflessione che in tanti abbiamo fatto: la grande musica è una chiave misteriosa verso il divino. Che altra prova si vuole dell'esistenza di Dio, oltre alle tre ultime sinfonie di Mozart?
Harnoncourt ha poi impresso un suggello alle sue parole dirigendo una sinfonia in sol minore K550 con un pathos, un rigore, una lucidità, un coinvolgimento emotivo, assolutamente straordinari, guidando dei Wiener Philarmoniker, in assoluto stato di grazia. Chi era presente a questa performance, di gran lunga la più importante da un punto di vista musicale dell'intera inaugurazione, non potrà mai dimenticarla.
La sinfonia K550 diretta da Harnoncourt al Mozarteum è stata una magia. L'evento della sera nella grande sala del Festival, il concerto ufficiale trasmesso in diretta internazionale alla televisione, è stato invece un semplice concerto anche se un gran bel concerto. Con una sala stracolma di oltre 2000 persone provenienti da tutta Europa (ma anche qui senza esibizionismi), con trecento politici presenti (ma nessuno se ne è accorto), molti dell'Unione Europea e tra gli ex si intravede Mario Monti, con interpreti di gran classe (dal soprano Cecilia Bartoli, al baritono Thomas Hampson, alla straordinaria pianista giapponese Mitsuko Uckida; dal grande Yuri Bushmet viola al delicatissimo Gidon Kremer, violino), dal perfetto coro di Vienna, ad un Muti, gagliardo, sportivo e allegro più del solito; è stata una bella e straordinaria festa durata tre ore e mezza.
Alle 20, ora della nascita di Mozart, un lungo intervallo era stato programmato per permettere al pubblico di ascoltare lo scampanio delle campane di tutte le chiese di Strasburgo, che suonavano a festa. Invero il freddo intenso, intorno ai quindici gradi, ha fatto sì che non siano stati in molti a uscire dal teatro ad ascoltare lo scampanio. Io ero tra quei pochi e nella notte limpida e fredda mentre le campane suonavano guardavo l'antico bianco castello dell'arcivescovado dove, nel 1781 il venticinquenne Mozart fu licenziato letteralmente con un calcio nel sedere dal coetaneo conteArco. Ora l'Europa era lì a ringraziare il grande giovane salisburghese ed a fare festa nel suo ricordo.
Poi, dopo una elegante cena, l'ultimo evento di una giornata memorabile: mentre, poco prima di mezzanotte, ci attardiamo nella hall dell'hotel per gli ultimi saluti, entra un uomo di mezza età con una signora, accompagnati da un giovane. È un ingresso discretissimo e non l'avremmo in nessun modo distinto da un normale ospite dell'albergo, se non l'avessimo subito riconosciuto, perché aveva preso la parola in mattinata al Mozarteum. Era il presidente della Repubblica austriaca che, con discrezione, senza poliziotti, sirene e altri aggeggi del genere, si infilava nell'ascensore.
Come è bella la democrazia, quando è vera e non spagnolesca. Grazie Mitteleuropea, di ieri e di oggi.

 

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