Pubblicato su politicadomani Num 55 - Febbraio 2006

Guerra alle istituzioni
Autonomia siciliana fra banditismo e separatismo
La legittimazione dei movimenti separatisti e il loro assorbimento in politica provocò la rottura fra il MIS e i banditi di cui il Movimento e lo Stato si erano serviti come pedine in una partita che metteva in gioco importanti equilibri politici

di Damiano Sansosti

In Sicilia i confini fra banditismo e separatismo alla caduta del fascismo erano diventati particolarmente sfumati. Messi fuori gioco gli elementi più moderati del Movimento per l'Indipendenza della Sicilia (i vertici erano finiti tutti in galera), all'interno del MIS prese il sopravvento la frangia estremista. Fu proprio allora, verso la fine del 1945, che i separatisti si misero in contatto con la banda Giuliano per rinforzare l'esercito clandestino. Alcuni giovani e spregiudicati aristocratici - in gran parte già votati all'insurrezione armata e latitanti - costituirono un movimento nel movimento, dando vita ad una nuova formazione militare denominata Gioventù Rivoluzionaria per l'Indipendenza Siciliana (GRIS).
Il GRIS era una struttura indipendente dall'EVIS - il braccio operativo e armato del MIS - una sorta di società segreta i cui aderenti erano vincolati (pena la morte) al silenzio più assoluto nella quale i banditi assunsero un ruolo predominante.
Il GRIS si rese responsabile di frequenti e plateali azioni dimostrative, veri e propri atti di guerra contro le istituzioni, e di delitti contro i beni e le persone. A partire dal dicembre '45 fino al febbraio '46 la Sicilia sfuggì, di fatto, al controllo dello Stato italiano. In quei mesi ci fu un tragico susseguirsi di gravi episodi delittuosi, la maggior parte dei quali ebbe come bersaglio mortale le forze dell'ordine.
Come reagì lo Stato italiano a questa crudele guerriglia? Esso, contrariamente a quanto aveva fatto in altre occasioni, non ricorse al pugno di ferro o allo stato d'assedio; preferì "combattere la illegalità senza uscire dalla legge e meno che mai dalla democrazia" (Francesco Renda, "Storia della Sicilia dal 1860 al 1970", Sellerio, 1984). Dunque, niente arresti indiscriminati e processi sommari; niente limitazioni alla libertà ed ai diritti della popolazione civile. Il 27 aprile 1946, anzi, fu liberato Finocchiaro Aprile, uno dei fondatori del MIS, insieme ad altri capi del movimento; furono scarcerati anche tutti i separatisti non accusati di reati per i quali era prevista la carcerazione obbligatoria e tutti i processi in atto contro i separatisti passarono dalla magistratura militare di guerra alla magistratura penale ordinaria. Si procedette perfino alla formale legalizzazione del Movimento per l'indipendenza della Sicilia, che fu reintegrato pienamente nei suoi diritti politici.
Il MIS partecipò alla campagna elettorale per il referendum istituzionale e presentò proprie liste per l'elezione dei membri della Costituente. L'amnistia per i reati politici del 20 giugno fu estesa anche ai separatisti arruolati nell'EVIS e nel GRIS.
Il provvedimento politico che più di qualunque altro segnò la definitiva risoluzione della questione separatista, fu la promulgazione, con decreto legislativo luogotenenziale del 15 maggio 1946, dello Statuto regionale siciliano, con il quale lo Stato italiano concedeva alla Sicilia un ampio potere di autonomia. A spingerlo in questa direzione erano stati l'esigenza di rendere innocuo il movimento indipendentista, che aveva seriamente minacciato l'unità nazionale, e la solidarietà autonomistica che si era creata in Sicilia tra i partiti del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale). Alla base della convergenza delle forze politiche siciliane vi erano la unanime condanna del separatismo e la coscienza che occorreva dare legittimità politica al malcontento popolare provocato dal trattamento riservato alla Sicilia dallo Stato italiano.
Fu in questo modo che, cessata l'insurrezione armata separatista, il banditismo fu abbandonato al suo destino.

 

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