Pubblicato su politicadomani Num 54 - Gennaio 2006

Da Stringer a Draghi
Storia della Banca d’Italia
Dalla nascita, in seguito alla fusione di più istituti di credito, al ruolo di banca centrale nazionale

di m.m.

Banca d'Italia. Da quando è stata fondata, 112 anni fa, il nome è stato una garanzia per oltre un secolo.
Legge 10 agosto 1893 n. 449. La Banca d'Italia nasce dalla fusione della Banca del Regno con la Banca Nazionale Toscana e la Banca Toscana di credito per le industrie e il commercio d'Italia. Le riserve auree delle banche da cui era nato il nuovo istituto non erano però sufficienti ad emettere tutto il denaro necessario al paese. Le banche si erano impegnate nello sviluppo industriale. Con il Sud anche il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia entrarono a far parte degli organismi finanziari del nuovo Stato. I due istituti del Sud erano in possesso di ricchissime riserve auree. Il risparmio del Sud non era stato utilizzato e le casse erano colme di riserve. A loro venne affidata l'emissione delle banconote italiane, come già facevano per il Regno delle due Sicilie. Fu la salvezza. Da questa nuova e ingente disponibilità di denaro - e dal sacrificio di tanta povera gente - prese il via lo sviluppo economico dell'Italia.
Inizia così la storia gloriosa del più grande e più serio istituto bancario italiano.
Inizialmente la Banca d'Italia non ha un Governatore. È sul direttore che cade la responsabilità di accompagnare la banca nei cambiamenti epocali che precedono gli anni del fascismo: l'internazionalizzazione del sistema finanziario, il passaggio dalla moneta metallica al sistema dei crediti e delle banconote, il debito pubblico.
Fra il 1894 e il 1913 la Banca d'Italia deve rompere con il passato e con tutti i legacci che limitano lo sviluppo del paese. Deve sostenere la crescita industriale ed economica italiana garantendo stabilità e disponibilità di credito. Negli anni della Grande Guerra (1914-1919) è la Banca d'Italia che, in piena emergenza, riesce a controllare l'equilibrio della valuta, a garantire la funzionalità del sistema economico e a sostenere il debito pubblico del paese. È di quegli anni l'istituzione del monopolio dei cambi ed è allora che si consolidano in rapporti quotidiani fra la Banca d'Italia, il Ministero del Tesoro, il mondo della grande industria e le altre banche.
All'inizio del secolo il tenore di vita degli italiani era ancora miserevole, se paragonato a quello dei cittadini dei paesi del Nord Europa. Eppure l'Italia del primo Novecento si collocava al settimo posto fra le potenze economiche mondiali, grazie proprio al sacrificio e alla capacità di risparmiare dei suoi cittadini e grazie alla onestà dei vertici delle sue istituzioni, sia pubbliche che private. L'Italia era uscita vincitrice dal conflitto mondiale, ma il suo prestigio era minacciato dal debito pubblico e dall'inflazione. La crisi postbellica, le riconversioni delle grandi imprese industriali, spesso drammatiche e con importanti risvolti politici, le crisi bancarie collegate a questi mutamenti, e, infine, la grande depressione segnarono gli anni fra il 1920 e il 1930. Intanto la scena economica mondiale era profondamente mutata: a Francia e Inghilterra si era sostituito un nuovo attore, gli Stati Uniti d'America. Il sostegno economico dei tradizionali paesi alleati venne meno e fu necessario tessere nuovi rapporti con altri paesi.
È in questo periodo che la Banca d'Italia diventa una vera banca centrale e il grande istituto che ha fatto da vigile sentinella all'economia italiana. Fino ad oggi.

 

Homepage

 

   
Num 54 Gennaio 2006 | politicadomani.it