Pubblicato su politicadomani Num 54 - Gennaio 2006

Ad alta velociTAV
Quando la cinquecento non funziona ...
Chi paga per l'alta velocità? Alcuni retroscena per capire cosa sta accadendo, chi ci perde e chi ci guadagna

di Eryka David

L'Italia che sogna l'alta velocità deve accontentarsi di un'infrastruttura su rotaia che negli ultimi cinquant'anni non è riuscita a cambiare volto e che, anzi, si trova oggi ad affrontare una crisi senza precedenti. Ancora metà della rete è sprovvista di moderni sistemi di controllo. E con la prossima Finanziaria sarà paralisi. Per il 2006 le risorse per le Ferrovie sono tagliate del 92,6 per cento lasciando disponibili solo 276 milioni di euro; il calo arriva poi a sfiorare il 98 per cento al 2008 (Anna Donati, responsabile trasporti dei Verdi). Il taglio drastico dei trasferimenti contenuto nella Finanziaria renderà impossibile - salvo un massiccio intervento sui prezzi dei biglietti, altamente improbabile - procedere al piano di ammodernamento delle rotaie e dei convogli diventato oggi più che mai urgente.
"Ci siamo avvicinati troppo al punto di rottura e in molti casi siamo andati oltre", denuncia Armando Romeo, segretario generale dell'Orsa-ferrovie, organizzazione sindacale a difesa dei ferrovieri. Nonostante ciò siamo una nazione che guarda avanti. Ma perché? E soprattutto come mai la questione Tav riemerge sempre in maniera drastica e ciclica? È l'effetto di una martellante propaganda orchestrata dai poteri forti, tutti interessati ad entrare nel più "grande affare" degli ultimi tempi.
L'alta velocità ferroviaria è nata a metà degli anni 80 in sede politica. L'affare ha un costo di manutenzione e di ammortamento all'incirca tre volte maggiore di quello delle linee convenzionali. In termini economici, l'investimento può tuttavia risultare conveniente quando un numero sufficientemente alto di passeggeri - tra 30 e 50 mila al giorno, tanto per dare dei numeri - sia disposto a pagare il relativo biglietto. Fatti i conti, risulta che questo è possibile quando si hanno città di qualche milione di abitanti, poste ad una distanza compresa tra 300 e 500 km, e con una pianura in mezzo possibilmente poco abitata. Si tratta del caso della Parigi-Lione, la cui realizzazione viene considerata un successo commerciale.
Serve allora capire come mai si sia deciso di farla in Italia dove mancano tutte le condizioni favorevoli e si accumulano tutte quelle negative, per le caratteristiche orografiche, la distribuzione e la densità degli abitati, l'urbanizzazione diffusa, tanto per citare le più importanti.
La singolarità di questa vicenda è che ci si trova di fronte al mistero di persone che hanno apparentemente programmato un disastro economico, sapendo perfettamente di farlo. La ragione di questo mistero è piuttosto semplice da spiegare. È sufficiente sostituire alla regola del capitalismo teorico quella del capitalismo reale, la quale dice più o meno: è accettabile qualunque disastro economico purché le perdite siano addossate all'intera comunità e i guadagni rimangano nelle mani di chi gestisce l'operazione.
Con Ligato, politico democristiano (1988), parte il progetto che si interrompe con il suo successore Schimberni, il quale, con grande sorpresa di chi lo aveva nominato, ha la mania di fare i conti: cancella l'alta velocità sostenendo, all'incirca, che se uno ha una cinquecento che non funziona, non può pensare di risolvere il problema comprandosi una Ferrari. Ma il nuovo ministro dei trasporti, Bernini, cancella a sua volta Schimberni. E finalmente, con Necci sul ponte di comando delle FS, l'operazione prende il volo. Per gestire l'operazione viene costituita la società T.A.V., in cui le FS entrano come soci di minoranza, essendo ufficialmente la maggioranza in mano ai privati. La realtà è diversa e in continua e complessa evoluzione. Da qui in avanti non si capirà più molto, salvo il fatto che la T.A.V. si rivelerà un artificio destinato a permettere l'appropriazione di denaro per pure attività di transazione.
Nell'architettura finanziaria prevista sulla carta, il 40% della cifra da investire veniva messo a disposizione dallo Stato a fondo perduto più, in grazioso regalo, la direttissima Firenze-Roma, già costruita venti anni prima; il rimanente 60% doveva essere reperito dai privati. Ma nessuno presta cifre di decine e decine di migliaia di miliardi ad una società, la T.A.V., con capitale di appena 140 miliardi, perché manca qualsiasi garanzia di restituzione. Da qui il colpo di genio, tutto di marca italiana: i soldi saranno dei privati, almeno in parte, ma gli interessi e la restituzione del capitale saranno garantiti integralmente dallo Stato (Tesoro). Con solo questa ulteriore sottigliezza: il pagamento degli interessi verrà messo a bilancio, ma la restituzione del capitale no. La restituzione del capitale verrà rimandata di una quindicina di anni, in modo da non sforare i parametri di Maastricht.
Chiamare privato questo finanziamento è una volgare bugia e una truffa. La maggioranza delle azioni è in mano alle FS fin dall'inizio, solo che la cosa è mascherata dalla partecipazione di una banca interamente posseduta dalle ferrovie di stato. Il rimanente è in mano ad altre banche. La stragrande maggioranza di queste, tuttavia, sono istituti di diritto pubblico. Di privato vi sono, sì e no, una ventina di miliardi. Ricapitolando siamo noi gli investitori di questa opera e siamo sempre noi coloro che sono destinati a fallire.

Fonti:
I dati e gli argomenti tecnici sono ripresi dal libro "Alta velocità. Valutazione economica, tecnologica e ambientale del progetto" di Claudio Cancelli. Quelli giuridici e amministrativi da articoli di Zambrini e Ponti e dal libro "La storia del futuro di tangentopoli" di Ivan Cicconi.

Per saperne di più
- V. Bettin e C. Cancelli, "Alta Velocità - Valutazione economica, tecnologica e ambientale del progetto" - Edizione Cuen
- Oscar Margaira, "Adesso o mai più" - Editrice il Graffio
- Chiara Sasso, "Canto per la Nostra Valle. Diario fra qualità della vita e prepotenza della velocità" - Editrice Marra
- "Facce No Tav. L'opposizione popolare raccontata in 250 scatti" - Edizione Melli
I volti del popolo No Tav fermati dall'obiettivo e raccolti in un libro.

 

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