Pubblicato su Politica Domani Num 53 - Dicembre 2005

Liberté-Égalité
Parigi ... oh cara
I giovani immigrati di seconda generazione che hanno messo a fuoco le periferie di Parigi hanno ben assimilato la cultura francese di cui sono parte

di Maria Mezzina

Quando a Parigi la metropolitana non funziona, per raggiungere la città occorre la macchina. È lì, in città, che si riversa la vita dei francesi. Sui grandi boulevards, fra i suoi monumenti, nelle brasserie, nei parchi, all'università. Un ribollire di cultura e vitalità intellettuale.
Nelle periferie di Parigi le grands ensembles sono state costruite nel ventennio fra il '55 e il '75 per affrontare la crisi degli alloggi. Prese in affitto a prezzi popolari da giovani famiglie di francesi autoctoni, sono i quartieri dormitorio ormai degradati. È qui che i giovani immigrati di seconda generazione rimangono prigionieri quando mancano i mezzi pubblici. Le loro famiglie, provenienti dall'Africa e dal Magreb, hanno sostituito nelle grands ensembles i precedenti inquilini quando questi, superate le difficoltà economiche del ventennio della ricostruzione, si sono trasferiti in altre residenze più consone al loro livello di vita.
"Se mi chiudono nel mio spazio, anch'io li immobilizzo nel loro" è la ragione addotta da uno dei manifestanti sul perché siano state proprio le automobili ad essere prese di mira. Oltre 6.600 date alle fiamme in 15 giorni, 30.000 veicoli in un anno.
Liberté, égalité, fraternité. Delle tre parole d'ordine sulle quali si è fondato il moderno Stato francese, la seconda è stata tradita.
A Parigi sono tutti francesi, anche tutti quegli immigrati che in grandissimo numero sono approdati in terra di Francia. Loro, che provenivano proprio dalle regioni del mondo dove la libertà e l'uguaglianza sono ancora negate ai più, arrivati in Francia, sono diventati francesi. Di fatto, però, l'essere francesi dei loro figli è diverso da quello degli altri francesi. Una educazione scolastica insufficiente, in scuole frequentate solo da immigrati. Dalle quali i professori cercano di fuggire e nelle quali i presidi non riescono più a mantenere alcuna parvenza di ordine e di disciplina. Senza una famiglia alle spalle. In otto in tre stanze. Senza un passato, perché sono stati costretti a diventare francesi, e nonostante questo sono definiti musulmani, anche se non lo sono. Senza un futuro, perché nei grands ensembles la disoccupazione è al 35% e sul lavoro questi giovani di colore sono sempre discriminati.
Eppure - afferma il sociologo francese Emmanuel Todd - la rivolta di questi ragazzi è la dimostrazione più evidente di quanto essi siano imbevuti di cultura francese. Sono infatti proprio loro, come i loro coetanei del '68 - fatte le dovute distinzioni -, che rivendicano per sé quella égalité ufficialmente affermata e concretamente negata. E la rivendicano perché, insieme alla libertà, è un valore che hanno profondamente interiorizzato. Al punto che queste "bande" di rivoltosi sono fatte di giovani appartenenti a tante etnie. Male fa quindi - osserva il sociologo - il ministro degli interni francese Nicolas Sarkozy a chiamarli "gentaglia" e "feccia" e a dire di voler "ripulire le periferie a manganellate", perché così facendo contribuisce a "ridurre l'immagine di uno Stato a quella di un clan privilegiato contro un clan di straccioni" (Octavi Martì su "El Pais", Spagna - pubblicato in versione italiana da Internazionale n° 616-617, Novembre 2005).
"La Francia - osserva ancora Martì - paga anche il cambiamento di rotta degli investimenti dello Stato. Quello che prima veniva speso per il sociale, oggi viene investito per le carceri e per la polizia."
Le vicende francesi sono lo specchio di quanto accade nel resto dell'Europa. Mancanza di prospettiva. Lavoro che non c'è e, quando c'è, è così precario da non permettere di pensare a una propria famiglia. Il dilagare di (dis)valori quali i soldi, il potere e il successo. E, su tutto, il dominio della Tv. Per cui si è qualcuno solo se si va in Tv, e si fa qualsiasi cosa per andare in Tv.
Sbaglia quindi Sarkozy. Ma sbaglia anche il ministro Pisanu, quando afferma che è giusto chiudere le porte e ricacciare indietro gli immigrati. Se mai (e Dio non voglia) una situazione del genere dovesse verificarsi anche in Italia, allora, a chi troverà modo di accusare coloro che da anni si battono per l'accoglienza, l'inclusione, il rispetto del pluralismo - etnico, culturale e religioso -, bisognerà rispondere come fece Picasso con l'ufficiale tedesco che rimase colpito dalla Guernica: "L'ha fatto lei?", gli chiese il tedesco. "No, l'avete fatto voi" gli rispose il grande pittore.

 

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