Pubblicato su Politica Domani Num 53 - Dicembre 2005

Gli otto mali italiani dell'acqua

 

1. Povertà di conoscenze adeguate ed aggiornate.
Non esistono dati certi sulla qualità delle acque. Non esistono rilevamenti sistematici sulle acque sotterranee.
Non ci sono dati sull'inquinamento e della contaminazione esercitate sulle acque dall'agricoltura, zootecnia, industria, settore civile, turismo, energia.
Si conosce poco dello stato delle fognature.

2. Un terzo degli Italiani non ha accesso regolare e sufficiente all'acqua potabile, pur essendo l'Italia europeo con il tasso di consumo d'acqua pro capite per usi domestici più elevato (78 m³/anno/abitante).
La percentuale della popolazione in difetto va dal 53,8 % della popolazione totale in Sardegna all'88,4 % in Molise e in Calabria. I dati relativi alle altre regioni del Mezzogiorno sono Sicilia 55,3 %, Basilicata 64 %, Puglia 69,4 %, Campania 82,4 %, Abruzzo 71 %

3. Solo 40 % degli Italiani bevono acqua di rubinetto ma sono i primi consumatori d'acque minerali al mondo (155 litri d'acqua minerale pro capite nel 1999).
Eppure l'acqua minerale non è né per definizione né in pratica più pura e più sana dell'acqua potabile.
L'acqua minerale e, in media, dalle 300 alle 600 volte più cara dell'acqua di rubinetto.
La quasi totalità degli grandi marche italiane sono divenute proprietà di imprese "straniere" : la San Pellegrino, Levissima e Panna fanno parte di Nestlé mentre Ferrarelle e San Benedetto della Danone

4. Il degrado del patrimonio idrico del Paese non cessa di aggravarsi. Gli Italiani sfruttano le risorse idriche nazionali in maniera eccessiva e sconsiderata.
50% dei prelievi è destinato ad usi irrigui ma la produttività in Italia dell'acqua usata nell'agricoltura è fra le più basse dell'Unione europea.
Le superfici agrarie effettivamente irrigate in Italia sono state nel 1999 di 2,7 milioni di ettari, l'acqua allocata ad usi irrigui corrisponde ai bisogni domestici di 540 milioni di persone (180 città come Roma), quasi dieci volte la popolazione dell'Italia.
30% degli abitanti dei capoluoghi di provincia è ancora priva di un sistema di depurazione delle acque reflue. Sono rare le città del Sud dove la depurazione supera il 25% delle acque reflue.

5. Il sistema idrico italiano è malandato e mal tenuto. Crollano degli investimenti.
Le perdite d'acqua negli usi irrigui è del 30 % in media. Quelle nel ciclo prelievo - immissione - erogazione per usi domestici sono del 27 % (media nazionale). In molte regioni e città, le perdite sono stimate a 30-40 %. Le autorità preposte non hanno speso entro i termini prescritti una percentuale importante delle risorse disponibili erogate specialmente dall'UE. Le regioni del Nord hanno speso poco più della metà (53,7%) dei mutui erogati per opere idriche. Le regioni del Sud solo 22,7%.
Fatto pari a 100 il volume degli investimenti realizzati nel 1985 nell'industria dei servizi idrici, gli investimenti realizzati nel 1998 hanno rappresentato il 29 % del 1985 !

6. La gestione municipalizzata pubblica diretta ("in economia") delle acque è stata messa in crisi. Lo Stato ha preferito il privato.
Esiste una grande frammentazione degli enti gestori (più di 8.000 comuni). Incapace di attuare le disposizioni della Legge Galli che miravano a rendere più efficace la gestione delle Acque, lo Stato ha abolito la modalità di gestione pubblica diretta ed ha imposto la trasformazione di tutte le aziende municipali in società per azioni.
La via è stata aperta alla presa di controllo dei servizi idrici italiani da parte delle grandi imprese multinazionali europee e extra-europee.

7. Moltiplicazione ed intensificazione dei conflitti "locali".
Lotte contro l'apertura di cave cementizie in zone altamente vulnerabili, sul piano idrico ed ambientale, di nuovi trafori (per esempio nel Gran Sasso) ; o di mega discariche di rifiuti ad elevata tossicità. Conflitti attorno all'acquedotto pugliese, alla costruzione di nuove dighe o riguardo la privatizzazione del capitale delle nuove società per azioni "pubbliche". Battaglie per l'accesso quotidiano all'acqua potabile e contro l'irrigazione sconsiderata.

8. Il peso dell'Italia sulla politica europea, mediterranea e mondiale dell'acqua è praticamente nullo.
L'Italia è assente dalle quattro grandi istituzioni/programmi che attualmente delineano i grandi orientamenti e le scelte prioritarie della politica mondiale dell'acqua, e cioè il World Water Council, il Global Water Partnership, la World Commission on Water for the 21st Century, il Global Water Assessment Programme.

[Fonte: "Il pozzo di Antonio. Un'analisi dello stato della risorsa acqua in Italia (2003)" - www.contrattoacqua.it]

 

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