Pubblicato su Politica Domani Num 53 - Dicembre 2005

editoriale
Cattolici e impegno politico, oggi

di Giovanni Gennari

Primo punto: la parola "oggi" è essenziale. Il passato è passato. Per 50 anni i cattolici italiani, dopo il 1870, sono stati fuori dalla politica. Poi quasi per altri 50 sono stati di fatto identificati con la sola Dc. Acqua passata. Il problema insieme religioso, culturale e politico è come essere vivi, per i cattolici italiani, in questo momento della nostra società. A me, che rappresento solo me stesso, pare che le stelle polari siano due: identità di fede e laicità.
- Identità di fede vuol dire che un cattolico liberamente tale non può tradire i contenuti della fede e della dottrina della Chiesa, ma su tutto ciò che non è di fede, pur facendo parte della dottrina morale cattolica concretamente storica, deve camminare con la sua responsabilità e con la sua coscienza bene informata… Vale, p. es. per il principio di indissolubilità del matrimonio, che può essere vista come valore anche da molti che si ispirano ad un'etica laica. Un cattolico non ha il diritto di contraddire il punto di dottrina, che viene dal Vangelo stesso. Vale anche per altri problemi, come quello dell'aborto, che la fede della Chiesa considera soppressione di vita umana innocente. Il dovere del cattolico è non discostarsi dalla dottrina della Chiesa, proporla anche con la sua testimonianza e difendere la libertà della Chiesa di ricordarla anche pubblicamente offrendola al libero ascolto di tutti. Ma i principi che implicano l'identità di fede non sono molti. Certo ci sono, oltre i temi di matrimonio e difesa della vita, anche solidarietà e giustizia sociale, difesa dei poveri e degli ultimi, rifiuto di razzismo e antisemitismo, sfruttamento del lavoro altrui, umiliazione di chiunque, rifiuto della guerra e promozione della pace attiva, che non è passività, ma azione che promuove dialogo e crea fraternità. Su questi punti, in linea di principio, è sempre in gioco l'identità della fede cristiana…
- Il secondo cardine, di attualità bruciante, è quello della doverosa "laicità". È chiaro che la laicità bene intesa non può essere il rifiuto della fede o il confinamento di tutto ciò che viene da Chiesa e credenti nel privato - sarebbe laicismo violento e ingiusto - e neppure la semplice affermazione della distinzione tra piano religioso e piano civile e politico. Infatti questa non è la soluzione, ma il problema. Occorre dunque la necessaria lucidità che avverte come un fatto che non in tutto e non sempre l'ideale religioso e morale può essere automaticamente incarnato di fatto, e per legge, nella concretezza della vita delle persone e delle comunità umane pluraliste. E allora? Forse serve qualche esempio. Nel 1974, per il referendum sul divorzio, nessuno poteva contestare alla Chiesa cattolica il diritto di ricordare il valore dell'indissolubilità, né ad un gruppo di cristiani il diritto di promuovere un referendum specifico contro la legge Fortuna-Baslini, in vigore dal 1970. Non era in gioco una scelta dottrinale, ma una scelta politico-giuridica precisa, e la permanenza della legge poteva essere ritenuta un "male minore". Accadde invece che la forte pressione politica della Dc di Fanfani sulla Chiesa vinse le resistenze dello stesso Papa Paolo VI, e divenne ordine tassativo di condotta elettorale. Fu una vera disgrazia, inizio di una stagione difficile per i cattolici tutti. Quei cattolici che allora, senza negare la loro identità cristiana, la dottrina della Chiesa e il suo diritto di ricordarla e proporla, sostennero senza arroganza che il "sì" all'abrogazione era scelta opinabile e votarono "no" esercitarono anch'essi un'autentica "laicità". Andò come andò, e la Chiesa apparve "sconfitta"… Qualcosa di simile, in tema ben più drammatico, fu anche ai tempi del referendum sulla 194. Un cattolico non poteva approvare un "diritto" d'aborto, che contraddiceva direttamente l'identità della fede. Ma la 194 non fu di fatto un'affermazione di principio e di un "diritto civile", e la cosa fu chiarissima nelle dichiarazioni di molti, anche p. es. del leader del Pci di allora, Enrico Berlinguer. Fu del resto tanto vero che nel 1978, sotto la promulgazione della 194, ci furono firme di autentici cattolici, dal Presidente della Repubblica a quello del Consiglio, ad altri cinque ministri… La legge poté essere ritenuta allora un male minore. La sua abrogazione avrebbe riportato di nuovo alla clandestinità e all'impossibilità di prevenzione e aiuto alle donne in difficoltà. La legge rimase, ma fino ad oggi è stata del tutto trascurata nei fatti la possibilità di autentica prevenzione e dissuasione, pur contemplata da essa. Allora al potere era la Dc, e i cattolici erano quasi tutti da quella parte…Ripeto: acqua passata, fino ad oggi.

Ma proprio oggi la situazione è diversa. Non c'è più la Dc e non c'è più l'unità politica dei cattolici, ma questo non può e non deve significare il silenzio della Chiesa e neppure il silenzio e la passività dei cristiani, e in particolare dei cattolici impegnati in politica, che invece c'è, e mi pare il tratto nuovo e pericoloso del momento presente…
A me pare chiaro che se un partito o alleanza di partiti sceglie programmaticamente una linea in rottura con la dottrina della Chiesa sui punti essenziali visti sopra, i cattolici coerenti non possono far finta di nulla. Se nel Centrodestra si teorizza e si pratica il rifiuto della solidarietà e della uguaglianza di tutti gli uomini, o la cosiddetta "guerra preventiva" e l'egoismo individualista di razza, di nazione e anche di regione, e nel Centrosinistra si teorizza il diritto di aborto, quello di confondere matrimonio e unioni di fatto, coppie gay, quello di procreazione artificiale anche a singles e quello di praticare l'eutanasia attiva, che è ben diversa dal rifiuto doveroso dell'accanimento terapeutico, i cattolici non possono tacere. E invece accade, sui diversi problemi, in ambedue i poli. È qui il nodo vero del problema: proprio in nome della "laicità" si deve esigere, a destra e a sinistra, che nessun partito che vuole la nostra partecipazione di cattolici programmi una scelta di principio opposta alla dottrina cristiana. E se succede, si fa obiezione di coscienza pubblica: in nome della "laicità"! Su problemi in cui sono interessati temi di principio dottrinale e scelte etiche di fondo tutti i partiti e tutte le coalizioni, se vogliono l'adesione dei cattolici, lascino libertà di coscienza. E i cattolici si regoleranno con la loro. È di moda dire che su tali scelte la Chiesa - Papa, vescovi, preti, laici cristiani - dovrebbe tacere, e i cattolici non dovrebbero decidere con la coscienza loro, ma lasciare campo libero a quella altrui. E così ritornerebbe la Chiesa del silenzio. Qualcuno ne ha nostalgia? Dunque sui temi discussi, assicurata la libertà di parola anche alla Chiesa come a tutti, e quella di coscienza a credenti e non credenti, il discorso sia quello di una libera democrazia: si vota e ci si conta, chi vince vince e chi perde perde, ma può continuare a combattere democraticamente per cambiare le cose…
E oggi cosa fanno i cattolici che sono sia a destra che a sinistra? Dove sono? Che dicono? Ds e sinistre varie come tali sposano scelte che fanno a pugni con punti di dottrina, su famiglia, bioetica e simili e i cattolici che sono da quelle parti tacciono? Forza Italia pensa solo agli affari privati del suo leader, e la Lega teorizza razzismo, egoismo e divisioni della solidarietà nazionale, e i cattolici del Polo tacciono? Questa non è laicità! È totale impreparazione e indegna rappresentanza, calcolo di carriere personali e di poltrone a costo di tradimenti silenziosi e di complicità disonorevoli…

Per concludere, una distinzione che mi è parsa sempre illuminante. C'è differenza sostanziale tra un partito e una Chiesa. In un partito non ideologico, ma laico, contano le scelte operative, concrete, che debbono rispettare i principi ideali riservati alla coscienza di ciascuno. In una Chiesa contano i principi ideali, che debbono lasciare spazio alla mediazione della coscienza libera senza pretendere di arrivare sempre, come tale, a indicazioni concrete e circostanziate, che possono non essere univoche…In passato forse talora la Chiesa da noi è parsa identificarsi con un partito, o anche comportarsi come un partito, e questo - lo abbiamo visto sopra - è stato un guaio. Ma oggi il guaio è che i partiti, o i poli, o le coalizioni, non hanno perso del tutto il vizio di comportarsi anche come se fossero chiese. E allora, nei casi diversi, ma frequenti, e sui due fronti, i credenti debbono avere la forza di dire pubblicamente il loro "no", e proprio in nome della laicità.
In concreto, i cattolici impegnati nel Centrosinistra possono risparmiarsi di insistere vivacemente e in nome proprio su giustizia sociale e solidarietà - appare superfluo: porterebbero, come si dice, "vasi a Samo" - mentre non lo possono fare su bioetica e famiglia. E quelli impegnati nel Centrodestra, risparmino parole sui temi di bioetica e famiglia, a parole portati avanti dalla coalizione, magari lavorando perché alle parole succedano i fatti, ma non tacciano mai su pace, conflitto di interessi, solidarietà, accoglienza dei poveri e degli immigrati. Ancora non ci siamo. E questo è il vero guaio di oggi.

 

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