Pubblicato su Politica Domani Num 53 - Dicembre 2005

Tradizioni religiose e politica
L'adorazione dei Magi nell'arte
Da atto di rispettoso ossequio a manifestazione di sfarzo e di potere

di A.F.

L'adorazione dei Magi è uno dei temi iconografici più diffusi nell'arte tra Medio Evo e Rinascimento. Una tradizione leggendaria, tuttavia storicamente credibile, narra che le truppe persiane, durante il saccheggio perpetrato, sotto la guida dello shah Cosroe II, nel 614 ai danni di Gerusalemme, giunte di fronte alla basilica della Natività si arrestarono senza osare recarle danno alcuno. Si fermarono rispettosi, e forse intimoriti, davanti ad un mosaico che raffigurava l'omaggio dei Magi, nel loro tradizionale costume persiano, a Gesù. Questo mosaico, purtroppo andato perduto, probabilmente doveva ricordare quello tuttora esistente, che orna la chiesa ravennate di S. Apollinare in Classe, nel quale i Magi indossano i costumi persiani e i berretti frigi.
In età tardo antica e altomedievale lo schema iconografico dell'Adorazione si modella su quello della proskinesis, l'atto di prostrarsi di fronte al sovrano romano prescritto dal cerimoniale imperiale, e della congiunta offerta di doni, in segno di devozione e di pegno di fedeltà. Tuttavia, col trascorrere dei secoli e il progressivo distacco dalla cultura romana, il legame storico tra l'adorazione dei Magi e il cerimoniale romano tardoimperiale andò progressivamente affievolendosi. Ciononostante, la popolarità dell'adorazione dei Magi non diminuì, anzi, perso il carattere aulico che l'aveva precedentemente caratterizzata, entrò a far parte dei rituali religiosi cittadini connessi con la natività di Gesù. Se a Greccio san Francesco diede vita al primo presepe vivente, a Milano e, successivamente, a Firenze tra Medio Evo e Rinascimento si realizzarono dei veri e propri cortei regali patrocinati dalle più illustri e potenti famiglie della città, una sorta di processione rappresentante il cammino dei Magi e l'adorazione del Bambino. Immagine di tale rito troviamo nella pala dell'adorazione dei Magi dipinta nel 1423 da Gentile da Fabriano, ora agli Uffizi ma originariamente posta nella cappella Strozzi della chiesa fiorentina di Santa Trinita. Sempre agli Uffizi è custodita l'Adorazione dei Magi realizzata nel 1470 da Andrea Mantenga.
Nel panorama artistico fiorentino spicca un ciclo pittorico legato ai Re Magi: gli affreschi raffiguranti il loro corteo in viaggio verso Betlemme, realizzati tra il 1459 e il 1462 da Benozzo Gozzoli su commissione di Cosimo il Vecchio. L'artista li dipinse lungo le pareti della cappella gentilizia posta all'interno del palazzo di Cosimo che era stato da poco edificato sotto la direzione di Michelozzo.
Al di là del valore artistico degli affreschi, universalmente ritenuti uno dei capolavori della pittura rinascimentale, è importante sottolineare la mutata ideologia sottesa all'opera, radicalmente opposta rispetto agli schemi iconografici tardoantichi e altomedievali. Al centro della scena non vi è più l'adorazione dei Magi in ginocchio di fronte a Gesù, cioè un atto di sottomissione, bensì il corteo dei Magi, in viaggio verso il luogo della Natività. E, fra i membri del sontuoso corteo, si riconoscono proprio i più illustri esponenti della famiglia medicea: Cosimo il Vecchio, Piero e, nei panni del Mago Gasparre, l'adolescente Lorenzo, detto poi il Magnifico, futuro artefice dello splendore artistico e politico della sua casata e della sua città.
Il significato originario del tema iconografico appare pertanto stravolto: le figure dei Magi non sono più associate ad un atto di sottomissione ma costituiscono il pretesto per celebrare, fra il lusso e la ricchezza che caratterizzano il corteo, la potenza dei Medici che, signori assoluti di Firenze dal 1434, ambivano a ricoprire un ruolo di protagonisti sullo scenario politico dell'Italia del Quattrocento.

 

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