Pubblicato su Politica Domani Num 53 - Dicembre 2005

Calcio d'altri tempi
Addio a un campione
"Ho speso una fortuna in donne, macchine veloci e sbronze. Il resto l'ho sperperato." (George Best)

di Mauro Lodadio

Quando il calcio era fatto di maglie prive di sponsor, terreni fangosi, arcigni difensori, pochi soldi e tanta passione, esisteva un genio del calcio. Numero 7 sulle spalle, tanti capelli, tanta barba e tanto dribbling. Il calcio è nato in Inghilterra ed essa possiede uno dei personaggi che meglio raccontano la filosofia di questo sport. Il calcio è divertimento, è musica. Sarà per questo che George Best fu soprannominato il quinto dei Beatles. E per sempre lo ricorderemo così.
Se Best avesse potuto parlare lontano dai fumi dell'alcool, avrebbe detto che nessuno è come lui. Visse tra critiche severe e autodistruzione lontano dai campi di gioco. Eppure il suo genio non si spegneva mai. Pretendeva e tutto gli era permesso. A quindici anni approdò a Manchester. Dopo un solo giorno scappò e lo andarono a riprendere a Belfast.
La fantasia di Cruyff, le movenze di Garrincha e la sua "bellezza". "Se non fossi stato così bello, non avreste mai sentito parlare di Pelè." L'auto-ironia di Best spariva quando entrava in campo. 1966, andata finale della Coppa dei Campioni: Machester-Benfica 3-2. Il ritorno faceva prevedere timori reverenziali per una squadra non ancora abituata a vincere. "Stiamo guardinghi, aspettiamoli - ordinava mister Busby -." Dopo dodici minuti il risultato era già 2-0. Doppietta di Best. Il secondo gol ha sempre rappresentato il suo sogno. Superare la difesa avversaria, superare il portiere e porgere in rete. Lo fece in una partita indimenticabile. Un 5-1 che suggellò la vittoria nella competizione europea più importante. "Non mi stai proprio a sentire quando parlo - gli disse il mister, alla fine della partita -." E ancora. 1970, Northampton. Best aveva 24 anni. In questa partita siglò sei degli otto gol che dettero al Manchester la vittoria. Nel suo sesto gol, scartò il portiere, si fermò sulla linea. Alzò lo sguardo verso la sua curva. Salutò i tifosi e mise in rete.
Del resto perché frenare un campione? Perché frenare i suoi capelli, le sue birre, la sua sregolatezza? "La gente non ricorderà le macchine che ho sfasciato o i miei appuntamenti con le ragazze, ricorderà il mio football." Bobby Charlton, suo compagno di squadra nel Manchester lo ricorda così, lacrime agli occhi: "George ha arricchito la vita di chiunque lo ha visto giocare." L'Old Trafford, il suo palco, il suo scenario, si riempie giorno dopo giorno di sciarpe, foto, ricordi. L'Inghilterra si è fermata, la Premier League ha giocato con un minuto di silenzio da tutti i campi. Persino Tony Blair si è dichiarato commosso: "Era il più grande talento della sua generazione e uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi." È dalla morte della Principessa Diana che la nazione inglese non veniva scossa da un lutto simile.
George Best è morto a 59 anni*. La sua carriera sportiva si ferma a 28. Alcool, disintossicazione, appelli e tragiche ricadute. "Bere è più forte di me, non riesco a stare senza - dirà -." Pochi giorni prima che morisse, lanciò un appello, fotografato dal letto dell'ospedale, intubato e irriconoscibile. "Non morite come me."

* Best è morto il 25 novembre 2005. Decine di migliaia di persone sono giunte a Belfast per i suoi funerali. L'omaggio riservato al campione è paragonabile solo a quello riservato alla famiglia reale.

 

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