Pubblicato su Politica Domani Num 52 - Novembre 2005

Testimonianze
Il mio volontariato fra i detenuti
Io so che non posso cambiare il male in bene, come faceva San Francesco, ma so anche che un giorno mi si chiederà conto del mio fratello

di Dina Slottje*

Credo che una delle più difficili attività di volontariato sia quella che si svolge negli istituti penali. Difficile a farsi e difficile ad essere compresa. Tra i molti che mi interrogavano sul perché avevo scelto di visitare questi istituti alcuni mi hanno dato l'impressione che mi considerassero una sempliciona, una che crede che un semplice atto di bontà possa cambiare l'animo dei detenuti. Altri sembravano sospettare una mia mal accordata simpatia per gli offensori, accompagnata da disinteresse per le vittime. Con tutta sincerità, non ho mai pensato di essere come San Francesco, capace di cambiare un lupo in un agnello. Né quindici anni di lavoro nelle carceri mi hanno abituata al crimine come tale: la mia simpatia va soprattutto per le vittime, e sento tutto il raccapriccio e lo sdegno per certi delitti. Ma nel detenuto vedo una persona a cui si deve rispetto. Sempre.
Debbo confessare che nei miei anni verdi, quando pensavo a come avrei potuto aiutare il mio prossimo scartavo istintivamente gli istituti penali. Mai avrei pensato di mettere un piede dentro le "cancelle". Fu durante la mia permanenza in un paese dell'America Latina che, per pura curiosità, varcai le soglie di un tale istituto. Se le carceri in Italia fanno sempre una forte impressione, non si può descrivere l'aspetto che presentava un tale luogo in America Latina negli anni novanta.
Da quel giorno qualcosa in me cambiò e cominciai a visitare regolarmente quel luogo di pene e di miserie. Da allora per me un detenuto è semplicemente un essere umano, come me. Non tocca a me giudicarlo, per questo c'è un ingranaggio giudiziario che giustamente lo punirà per i suoi crimini, se li ha commessi; quello che m'interessa è l'essere umano che nonostante tutto rimane tale, e in certi casi eminentemente tale.
"Ero carcerato e mi avete visitato". Fu allora che veramente compresi questa frase che non ha mai cessato di colpirmi profondamente. Erano le parole di Un Uomo che più di ogni altro aveva il diritto di giudicare, e che ha denunciato il male come nessun altro. Quest'Uomo aveva messo anche questa condizione tra le cose indispensabili per la salvezza eterna.
Quello che mi ha sempre colpito è il fatto che non ha detto "Ero innocentemente carcerato", ma solo "Ero carcerato". Lui, l'unico innocente tra i figli dell'uomo si è identificato con i criminali più efferati, e ha chiesto a me, colpevole come tutti gli esseri umani, di porgere la mano ad un fratello, più colpevole forse di me, ma certamente anche più infelice. Come posso rifiutare?
E poi, ogni vita umana ha la sua storia, ed io non so cosa si nasconde dietro il crimine; cose, che forse non contano per la giustizia degli uomini, ma che per me hanno una grande importanza. Io non conosco il codice penale, non so cosa può costituire un'attenuante legale, però conosco la devastazione e la deformazione della mente e della coscienza che si verifica senza una sana educazione famigliare e senza l'influsso di genitori che sanno creare un ambiente caldo di amore. Ricordo, a Guayaquil in Ecuador, gruppi di bambini cenciosi che di giorno scorazzavano per le strade e alle due di notte venivano a dormire sotto le scale dell'aeroporto; e ricordo altri bimbi che dividevano il loro tempo vivendo tra le strade e le carceri, dove uno dei genitori era detenuto. Penso ai quartieri malfamati delle nostre città italiane, nomi noti alle cronache dei giornali, dove la miseria nutre i fiori del male, gente che poi andrà a popolare le carceri.
Non tutti i criminali vengono però dai bassifondi. In altri, giovani di buona famiglia, avvengono misteriose trasformazioni che li spingono verso la spirale della droga. Volti innocenti di bimbo acquistano i tratti ributtanti del vizio, oppure si chiudono in espressioni di cruda freddezza che sembrano non avere nulla di umano. Cosa accade nell'animo umano perché si cambi così solo Dio lo sa. La giustizia degli uomini può punire ma non comprendere.
Io so che un giorno Qualcuno mi chiederà conto di mio fratello, ed io non potrò dire come disse Caino: "E che, sono io il responsabile di mio fratello?"
Quindici anni di esperienza fra i detenuti mi hanno insegnato che qualche volta è difficile riconoscere in un carcerato i tratti di Cristo come Egli ci chiede di fare, ma ho anche imparato che fra quelle celle si possono trovare delicatezze di sentimenti che non si trovano altrove. Ma, in ogni caso, quell' "Ero carcerato e mi visitaste" è diventato per me un dovere a cui non posso sottrarmi.

* Religiosa

 

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