Pubblicato su Politica Domani Num 52 - Novembre 2005

Indice di corruzione

di m.m.

Ti, Transparency international, è la ong che si occupa di monitorare la correttezza e la trasparenza degli affari internazionali e interni ai paesi. Ogni anno Ti pubblica un rapporto sulla corruzione (Ipc, Indice di corruzione percepita). Vale a dire: studiosi e uomini di affari residenti e non in un dato paese sono interrogati sul grado di corruzione che essi ritengono ci sia nel paese; la corruzione viene intesa come uso di pubblico ufficio per interessi privati. Per arrivare all'ipc si considerano 16 differenti sondaggi compiuti da 10 istituzioni internazionali indipendenti. Ciascuno dei 159 paesi presenti nella lista dell'ipc debbono comparire in almeno tre dei sedici sondaggi. Il punteggio va da 10, per i paesi più virtuosi a 0 per quelli più corrotti.
Occupano le posizioni alte della scala Islanda, Finlandia, Nuova Zelanda, Danimarca, Singapore e Svizzera, tutti paesi con punteggio superiore al 9. Occupano gli ultimi posti i paesi più poveri; sono ultimi Ciad e Bangladesh con 1,7 punti su 10. In 113 paesi su 159 la corruzione è diffusa in tutti gli ambiti della vita pubblica.
Nella lista l'Italia occupa il 40° posto, insieme a Ungheria e Corea del Sud, con un punteggio di 5 su 10. Oltre ai paesi del Nord Europa - notoriamente più onesti - precedono l'Italia paesi come Hong Kong, Cile, Emirati arabi, Slovenia,Qatar, Uruguay, Giordania, Malesia. Dei paesi dell'Unione Europea solo Grecia e Slovacchia stanno peggio di noi (4,3).
La comunità internazionale sta cercando di combattere questo fenomeno, tanto antico quanto devastante. Dal 14 dicembre 2005, fra circa un mese, sarà possibile attivare uno strumento internazionale contro la corruzione, l'UNCAC (Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione). La Convenzione è stata firmata da 129 paesi, inclusi tutti i membri dei G8, ma solo uno di essi, la Francia, l'ha ratificata. Compito dell'UNCAC è accelerare il recupero di fondi rubati da dittatori e funzionari governativi; fare pressione su poli bancari come Svizzera e Gran Bretagna perché collaborino alle inchieste sui conti illeciti; elaborare una legislazione anticorruzione da adottare in tutti i paesi membri della Convenzione; lanciare azioni giudiziarie internazionali contro politici e funzionari corrotti.
I dati suggeriscono un paio di considerazioni. La prima: difficile che dall'estero si pensi di investire in Italia, vista la pessima credibilità di questo paese. La seconda: comprensibile, ma quanto mai inquietante la reticenza dell'esecutivo italiano a ratificare l'UNCAC. Sarebbe come firmarsi da soli la propria condanna. E, naturalmente, non è un problema solo di destra o di sinistra.

 

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