Pubblicato su Politica Domani Num 50/51 - Set/Ott 2005

Disservizi e malgoverno
Anche gli States piangono
Messi a nudo alcuni nervi scoperti. L'amministrazione Bush si scopre in gravi difficoltà interne

di Mauro Lodadio

Mentre lo tsunami degli Stati Uniti d'America si abbatteva sulla Louisiana, George W. Bush si godeva le meritate vacanze. Migliaia di morti, e Condoleeza Rice, preoccupatissima, acquistava scarpe in tutt'altra parte. Ci dicono questo le cronache locali. Ci raccontano di una delle città più belle d'America invasa dall'acqua e a rischio fortissimo di epidemie, del dramma di New Orleans e dell'incapacità di governare. Un leit-motiv, quest'ultimo, per il nostro paese.
Ma una cosa ci è sfuggita. A differenza di altri cataclismi e di altre tragedie, nessuno ha alzato un dito in termini di aiuti umanitari. Meglio, non se ne è parlato. Di aiuti ce ne sono stati. Eccome. Dall'Italia, dall'Europa, persino da Cuba e dal nemico Fidel. Ma è come se non si dovesse dire. È come se questa notizia non dovesse passare. Nessuno deve pensare che gli Stati Uniti d'America possano essere vulnerabili. Soprattutto adesso. Ora che si sono fatti paladini della giustizia mondiale. Contro il terrorismo e contro chi minaccia terrore e paura per il mondo.
La realtà è ben diversa. Proprio il dispiegamento di energie e soldi sul progetto di esportare la democrazia per civilizzare il mondo, ha prosciugato fondi importanti. Quelli destinati ai cataclismi e alla lotta interna alla povertà. Devono passare circa due settimane prima che vengano stanziati 52 miliardi di dollari. Una settimana perché vengano richiamati dall'Iraq i militari necessari a contrastare lo sciacallaggio. Il costo dell'uragano si sta rivelando pesantissimo: le ultime valutazioni parlano di 200 miliardi di dollari. Repubblicani e democratici hanno chiesto massimo rigore e la nomina di un commissario che gestisca i fondi federali e controlli il modo in cui vengono spesi. Ci sono timori che simili stanziamenti possano affossare i conti pubblici americani, già appesantiti da un deficit di bilancio stimato in 331 miliardi di dollari.
I primi 52 miliardi di dollari erano una misura urgente. Se la somma non fosse stata sbloccata entro breve tempo, le casse degli aiuti sarebbero state vuote: gli interventi d'emergenza costano 2 miliardi di dollari al giorno. E quindi il sì del Congresso era scontato, nonostante le riserve dell'opposizione sulla capacità della Protezione civile - criticata per lentezza e inadeguatezza - a gestire la somma, e nonostante i contrasti sulla commissione che dovrà indagare sugli errori e i ritardi dei primi interventi. Ma stiamo davvero parlando degli Stati Uniti d'America?
Non ci sono soltanto gli aiuti "silenziosi" da parte dell'Europa. Nella settimana scorsa è stato organizzato un concerto da parte delle star più in voga negli Stati Uniti. Non solo musica, ma anche star televisive: Paul Simon, Usher, Rod Stewart e Neil Young. Fra gli attori e le attrici, Jennifer Aniston, Cameron Diaz, Ellen DeGeneres, Jack Nicholson, Leonardo Di Caprio. I giudizi sulla gestione del disastro diventano sempre più duri. Leader democratici ed esponenti neri denunciano la discriminazione razziale e sociale fra le vittime dell'uragano Katrina: i più colpiti e abbandonati sono quasi esclusivamente i neri, i poveri e gli anziani. La first lady, Laura Bush si è detta "disgustata" dalle critiche. A New Orleans, intanto, l'acqua che aveva inondato la città si abbassava a un ritmo tra i 10 e i 15 centimetri al giorno, lasciando l'abitato allagato per giorni. E, man mano che l'acqua si ritirava, emergevano i corpi.
La situazione è tuttora incandescente e rischia di compromettere definitivamente l'amministrazione Bush, accusata di interessarsi più del mondo musulmano, del petrolio e della ricchezza che di risolvere i suoi problemi interni. Tragici, anche se si parla di Stati Uniti d'America.

 

Homepage

 

   
Num 50/51 Sett/Ott 2005 | politicadomani.it