Pubblicato su Politica Domani Num 50/51 - Set/Ott 2005

Speculum
Katrina, o l'isolamento degli USA

 

Gli Stati Uniti sono allo stremo. La nazione - sedicente - più potente del mondo è stata ridotta in ginocchio non dal terrorismo ma dalla forza della natura. L'uragano Katrina si è abbattuto su New Orleans e sul resto della Louisiana con la forza di cento attentati, lasciando sul terreno migliaia di morti, enormi devastazioni, l'anarchia nel corpo sociale. Poco importa se, a differenza di ogni attentato, l'uragano e i suoi devastanti effetti erano stati ampiamente previsti. Di fronte all'immane potenza dei fenomeni naturali, spesso ben poco possono le misure preventive. Più grave è l'immagine di inefficienza che si ha di fronte all'incapacità di portare soccorso alla popolazione colpita: mancanza di mezzi, di uomini, incompetenza generalizzata. Non si percepiscono significative differenze rispetto a quanto accaduto nel Sud-Est asiatico in occasione dello tsunami o, limitandoci all'Italia, dopo i terremoti del Belice o dell'Irpinia. Ma, per gli States, la questione non è solo umanitaria, è anche politica. È il boccone avvelenato subito dal governo Bush dalle offerte d'aiuto da parte non solo di Francia e Germania, nazioni non proprio amate per la loro differente posizione riguardo la guerra in Iraq, ma persino da Cuba e Corea del Nord, da tempo ritenute nemiche. E non ci sono solo state le offerte di aiuto. Preso atto dell'impossibilità di fronteggiare la catastrofe, lo stesso Bush si è visto costretto, per la prima volta nella storia americana, a chiedere aiuti alle nazioni europee e alla Nato. Di fronte a tale sconfitta, Al Qaeda, per voce del suo rappresentante in Iraq, Al Zarqawi, ha visto nella devastazione naturale una sorta di castigo divino. Un'altra reazione popolare appare, però, degna di nota. Una reazione popolare che in pratica non c'è stata. Nessuna mobilitazione in aiuto delle popolazioni colpite, nessuna rilevante raccolta di fondi, viveri o medicinali. Soprattutto nessuna reazione emotiva degna di nota. In sostanza, sembra che quanto espresso esplicitamente da Al Zarqawi sia tacitamente pensato, magari con diverse sfumature, da buona parte dell'opinione pubblica mondiale. È da poco trascorso il 4° anniversario dell'attentato terroristico dell'11 settembre. Allora tutto il mondo civile si era dichiarato solidale con gli Stati Uniti, tutti i popoli si strinsero in un ideale e fraterno abbraccio con una nazione così barbaramente colpita dalla fanatica follia omicida. Adesso lo scenario appare radicalmente mutato: niente è rimasto di quella solidarietà emotiva e materiale. E non è difficile mettere in relazione questa reazione con il più o meno velato sentimento antiamericano suscitato dalla politica espansionista intrapresa dall'amministrazione Bush in sfregio ad un quasi unanime dissenso, con il suo seguito di caos, morte e distruzione di cui siamo tutti quotidianamente testimoni.

Gladius

 

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