Pubblicato su Politica Domani Num 50/51 - Set/Ott 2005

La calda estate italiana

di Alberto Foresi

Fra gli abituali intasamenti sulla Salerno-Reggio, i soliti incendi, dovuti a misteriosi fenomeni di autocombustione o all'imperizia dei fumatori, che, sempre più ghettizzati, trovano rifugio, per dar sfogo al loro esecrando vizio, nei luoghi più impervi dell'Aspromonte, è giunta al termine anche quest'ultima estate italiana. Un'estate quanto mai calda - e non tanto per il clima - che ci ha offerto l'ennesimo squallido panorama della dissoluzione e dell'inconsistenza della nostra classe politica e dirigenziale.
Il Presidente del Consiglio, avvicinandosi le elezioni, ha aperto la discussione sulla premiership del centro-destra, chiudendola poco dopo affermando che l'unico candidato è lui medesimo. Il padrone sono io, per chi non l'avesse capito. Salvo poi essere costretto a riaprirla con l'ipotesi di tanto imprevedibili quanto improbabili primarie.
L'ex responsabile della Croce Rossa italiana in Iraq Maurizio Scelli - sentendosi probabilmente defenestrato dopo il fallimento del meeting fiorentino della gioventù di Forza Italia da lui organizzato, con una platea pressoché deserta di fronte al caudillo -, ha alzato il velo su molti lati oscuri della presenza italiana in Iraq, riconoscendo l'ambiguo comportamento nostrano. Alleati degli Stati Uniti, ma aperti ad aiuti e trattative con i guerriglieri-terroristi. Senza che, ovviamente, il "Grande Alleato" sappia, confermando i dubbi in noi suscitati dalle modalità della liberazione degli ostaggi e i molti lati oscuri che avvolgono tuttora la morte di Nicola Calipari, subito proclamato eroe nazionale e altrettanto rapidamente consegnato all'oblio. Niente di nuovo. Dall'unità ad oggi l'Italia è sempre stata prodiga di alleanze e povera di lealtà. Del resto siamo i teorici del famoso piede in due scarpe, gli unici che riescono ad essere equamente amici di due nemici. Ma almeno Andreotti queste cose le sapeva fare con classe. Ce n'è quanto basta per le dimissioni se non fosse che questo governo, sempre all'oscuro di tutto, può contare su un valido e fedele alleato, una solerte ed indefessa opposizione, persa in vacue dissertazioni sulle sue primarie e in altro sterilume dello stesso tenore.
Archiviati senza troppo rumore i nostri connazionali morti in vari attentati terroristici sparsi nel mondo, preso atto che le decine di morti giornaliere in Iraq non fanno più notizia, abbiamo contemplato la bufera che si è abbattuta sulla Banca d'Italia. Il Governatore, a quanto pare, da arbitro imparziale del sistema bancario italico, si sarebbe trasformato in parte attiva nel favorire l'ascesa di nuovi e rampanti protagonisti del mondo finanziario. Un'altra telenovela italiana. Con Berlusconi, l'antico nemico, che prima difende Fazio e poi lo scarica, e l'opposizione, un tempo schierata in sua difesa, pronta poi a chiederne le dimissioni, ed ora spiazzata quanto mai, dopo l'ennesima sconcertante pessima figura internazionale. Unico ad aver mantenuto una posizione coerente è il risorto efebico fautore della finanza creativa. Non solo. La questione si è spostata sulla liceità delle intercettazioni telefoniche che hanno dato il via all'inchiesta. In sostanza gli italiani sono autorizzati ad interessarsi della condotta dei loro governanti solo se i sospetti emergono in seguito a procedure munite di tutti i timbri e le autorizzazioni necessarie. L'oligarchia al potere si autogoverna e il cittadino scivola sempre di più verso il ruolo di suddito. Forse è vero che non è stato commesso nessun reato. Ma il problema non è solo legale. È una condotta etica che è venuta meno e, con questa, la credibilità del mondo finanziario italiano. E c'è anche il rischio che si finisca per confondere le colpe personali con il ruolo stesso del Governatore, sottoponendo così la Banca d'Italia a scriteriate riforme, ledendo la sua autonomia istituzionale e portandola, magari, sotto il controllo dell'esecutivo.
La stagione di Mani pulite è stata gravida di speranze, e tragica negli esiti: i politici divenuti corrotti sono stati in buona parte sostituiti da corrotti e corruttori datisi generosamente alla politica. Ma i vecchi politici riuscivano almeno a provare vergogna, e molti di loro sparirono nell'ombra. Qualcuno persino si suicidò. Oggi l'importante è farla franca, con cavilli e quant'altro, per essere pronti a perseguire nuovamente, rasserenati e incoraggiati, i propri interessi.
La situazione è grave ma non è seria, disse un tempo Flaiano, commentando lo squallido spettacolo offerto dalla classe politica italiana. Oggi, a distanza di qualche decennio, la situazione è ancora grave ed è anche seria. E ciò non solo per l'inadeguatezza di chi ci governa ma anche, e soprattutto, per la passività di noi italiani. Quando emersero le malefatte dei politici della cosiddetta Prima Repubblica siamo stati capaci di mostrare indignazione e rifiuto verso una classe dirigente indegna di cui sentivamo finalmente giunto il momento di liberarci. Ricordate le monetine contro Craxi all'Hotel Raphael di Roma? Sembra ormai un evento della preistoria, di un'età di aspettative e di illusioni irrimediabilmente tramontata. Carità cristiana a parte.

 

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