Pubblicato su Politica Domani Num 5 - Maggio 2001
TEMPO DI SCELTE
Perché bisogna andare a votare
Credo che gli italiani debbano imparare
a diventare adulti. Mi riferisco a quella massa di gente che al suono
della parola politica si fa venire attacchi di orticaria. Non ci si
può nascondere dietro un sia pur giustificatissimo "sono troppo stanco
e deluso", "tanto sono tutti uguali", o peggio, "la politica è una cosa
sporca". Il senso più profondo della politica sta nel fatto che tutti
facciamo politica: con la nostra vita, le nostre scelte e il nostro
modo di comportarci, comunque, facciamo politica.
La differenza sta nell'esserne consapevoli
e responsabili e nel credere di evitare responsabilità politiche permettendo
ad altri di usare la nostra ignavia per conquistare il potere con il
quale regolare la nostra società, la nostra vita e, in ultima analisi,
il futuro dei nostri bambini. La politica, che non è una cosa sporca
ma tale la rende chi, avendo le mani sporche, se ne serve, trova la
sua più alta e impegnativa espressione democratica in tempo di elezioni,
quando anche un solo voto - gli Stati Uniti insegnano - può essere decisivo.
Tempo di scelte, allora, tempo delicatissimo e intenso di riflessioni,
discussioni e dibattiti. Governo e Parlamento saranno chiamati a governare
l'Italia in un periodo di svolta storica, iniziato nel 1989 con la caduta
del muro. I dieci anni trascorsi hanno segnato l'inizio dei cambiamenti,
la nascita dell'Europa, il risanamento economico, la globalizzazione
dei mercati, delle conoscenze e dei problemi. Ora il tempo scorre più
veloce e tutto accade più in fretta: cinque anni (una legislatura) diventano
molto più importanti e decisivi per il futuro del paese che non in passato
e dire che, tanto, se un governo non va si può mandare a casa dopo cinque
anni, è peccare di presunzione e di leggerezza. È indispensabile decidere
con il massimo della responsabilità pensando al futuro. Ma come decidere?
Ognuno trovi la sua risposta. Occorre però fare alcune riflessioni che
credo importanti. Il proliferare delle liste elettorali (prova del fallimento
del sistema maggioritario all'italiana e della necessità di rivederlo
al più presto) sta a indicare che gli italiani, per ragioni culturali
e storiche, trovano per lo meno qualche difficoltà a riconoscersi in
un leader unico e maximo e quindi, chiunque vinca queste elezioni, metta
pure via qualsiasi illusione di poter "regnare" indisturbato e meglio
farebbe a prepararsi il terreno con un atteggiamento di disponibilità
e di apertura al dialogo piuttosto che di aperta contrapposizione. Governare
l'Italia non è semplice. I bizantinismi, di cui credevamo di poter fare
a meno nell'epoca d'oro degli anni della speranza, all'epoca dei primi
processi di tangentopoli, abbiamo scoperto di averli nel nostro DNA.
Basta osservare i tanti cambiamenti di casacca o, più onestamente, i
tanti bocconi amari mandati giù pur di conservare una posizione o salvare
una situazione difficile. Il nuovo Governo dovrà muoversi con attenzione
e dovrà mostrare capacità di dialogo con tutte le realtà del paese.
I cambiamenti necessari dovranno essere fatti con mano di velluto, delicatissima,
molto gradualmente, per non sconvolgere equilibri faticosamente conquistati,
rispettando le normative europee, perché ormai siamo una regione d'Europa
e la nostra politica e le nostre scelte interessano tutta l'Europa.
Un'ultima riflessione sull'economia. Privatizzare, globalizzare, liberare
i mercati sembrano le parole d'ordine. Ma guardiamoci intorno, oltre
le immagini patinate che mostrano i ricchi e potenti della terra sorridenti
e felici, e vedremo l'altra faccia della cartolina: le violenze delle
guerre senza fine, la fame e le malattie dei quattro miliardi più poveri
della terra, lo sconvolgimento dell'ecosistema e la desertificazione,
la tratta dei nuovi schiavi, la solitudine. Sono realtà che ci coinvolgono
perché arrivano a noi sotto forma di azioni terroristiche, carrette
del mare, acqua alta e disastri ambientali, sfruttamento e violenza
su donne e bambini, le morti del sabato sera. Crediamo davvero che la
soluzione sia chiudere le porte? Quali porte?
Maria Mezzina