Pubblicato su Politica Domani Num 48/49 - Giu/Lug 2005

Diritti umani
Tortura e libertà
Anche nelle democrazie il pericolo di cadere nella spirale degli abusi più o meno leciti è sempre dietro l'angolo

di Marianna Berti

Ian Buruma, scrittore e professore di Diritti umani, al Bard College di New York, mette in guardia le democrazie dalla tortura in un articolo uscito sul Corriere della Sera, lo scorso 15 febbraio.
Il riservista dell'esercito statunitense Charles Graner è stato condannato per sevizie verso i detenuti iracheni nel carcere di Abu Gharaib, a Baghdad. Il processo che è seguito ha finito per coinvolgere il neoministro della giustizia americano Alberto Gonzales. Lo stesso aveva riferito a Bush, in un promemoria del 25 gennaio 2002, l'inapplicabilità delle convenzioni internazionali antitortura ai membri di Al Qaeda e ai talebani, in quanto "combattenti illegali".
I giudici militari hanno impedito la prosecuzione delle inchieste sulla responsabilità di ufficiali di alto grado. Graner andava invece punito per riscattare l'immagine dell'America. Tutto questo è potuto accadere grazie a giochi di legge, con i quali è possibile distribuire le colpe nel modo più conveniente, salvaguardando chi più conta.
Il caso di Abu Gharaib non è l'unico. Gli stessi abusi sono stati compiuti in molte basi dell'esercito Usa dislocato nelle basi fuori del territorio statunitense. Nonostante le proteste di molti che si sono schierati a difesa dei diritti umani, il dipartimento di Giustizia non ha posto ancora limiti determinati alle torture.
Gli americani oggi, i britannici negli anni Settanta contro i sospetti dell'Ira (e attualmente a Bassora, in Irak), i francesi durante la guerra algerina (1954-1962), tutti si sono macchiati del reato di tortura, un reato definito dallo storico Robert Conquest più oltraggioso dell'assassinio, nei confronti della dignità umana. Per Ian Buruma è insensato e intollerabile che libere nazioni si siano abbassate a tali pratiche per autodifesa. Questo può solo portare alla loro distruzione, ritiene l'illustre studioso il quale aggiunge che spesso le informazioni ottenute sotto tortura non sono esatte.
La novità più preoccupante, tuttavia, è la pretesa degli americani di dare un fondamento legale a questi metodi.
Inoltre, nota un giornalista brasiliano (di cui Lawrence Weschler riporta l'opinione in A Miracle, a Universe), gli stessi militari comprendono che, con il tempo, il ricorso alla tortura conduce alla disgregazione dell'esercito, venendo meno disciplina e onestà. Secondo Buruma anche in società avanzate come quella statunitense si trovano potenziali torturatori. Se questi non vengono indirizzati ad una condotta corretta si lascerà campo libero alle barbarie.
La democrazia è una forma di governo particolare, ne esistono differenti, come la storia reale e quella delle idee dimostrano. Aristotele distingueva tra monarchia, oligarchia e democrazia, quest'ultima si basa su scelte di valore, opta per la libertà, l'uguaglianza, come tutti sappiamo. Quella che è stata chiamata "democrazia dei moderni" non punta tutto sulla partecipazione del popolo alla vita pubblica, ma guarda anche all'individuo, emerge l'esigenza di tutelare una sfera privata, propria di ognuno, dove il potere politico non può entrare. Alla "libertà di" (di eleggere, di essere eletti alle cariche politiche, eccetera), si affianca la "libertà da" (dallo Stato, in primis). La tortura non è concepibile in una democrazia, la violenza di un uomo su un altro, volta ad infrangere tutti i diritti riconosciuti, non può essere ammessa. Una dittatura, invece, attribuisce al capo un potere arbitrario, così il ricorso a sevizie non pregiudica in alcun modo il regime. Una società democratica punisce i comuni cittadini rei di pratiche simili ed è scontato che i suoi organi di potere le escludano.
Questo in teoria. Come sempre, la realtà è più indefinita e sfuggente. Nelle società occidentali il rischio è l'accettazione o, addirittura, la legalizzazione della tortura all'interno delle forze armate. Il corpo militare ha le potenzialità per commettere abusi, ha le armi (chi abusa è sempre il più forte, come dimostrano anche in Italia i fatti accaduti solo due anni fa nella caserma di Bolzaneto). La democrazia però impone standard di autocontrollo elevatissimi, altissime virtù morali, tanto più difficili da acquisire e mantenere, quanto più uno Stato si trovi coinvolto in situazioni ingarbugliate, interne o internazionali, come è accaduto, da ultimo, agli USA in Iraq.

 

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