Pubblicato su Politica Domani Num 48/49 - Giu/Lug 2005

L'Italia di dopodomani
Lettera al Presidente della Confindustria del 2020
Ce la può fare l'Italia? Il baratro economico, morale e psicologico nel quale è caduta fanno disperare della sua capacità di riprendersi. Non è di questo parere il Prof. Marco Vitale, noto economista, studioso delle vicende italiane, oltre che fra i massimi esperti di strategie economiche internazionali. Questa lettera ideale non è solo un ottimistico auspicio. Vi sono indicate le ragioni della caduta e alcune strategie per la ripresa di questo nostro povero Paese. Una ripresa che è lecito ritenere possibile, grazie alle tante qualità e alle tante risorse del genio italico universalmente riconosciute

di Marco Vitale

Caro Presidente,
dall'alto dei miei 85 anni, che mi permettono di rivolgermi ai suoi 45 anni come un nonno ad un nipote, accolgo volentieri il suo invito ad una riflessione su cosa è successo nel nostro Paese nel corso degli ultimi 15 anni.

Mi voglio rifare al 2005 perché in quell'anno l'Italia, forse, toccò il fondo nella sua storia più recente. Il Paese era sgomento, sfiduciato, impaurito, confuso, senza rotta e senza bussola, in piena recessione morale e poi economica. Sembravamo moralmente e intellettualmente perduti. Ora invece ci siamo moralmente ripresi e viviamo abbastanza bene e serenamente. Il processo di integrazione europea è ripreso e si è completato e l'Italia ha riconquistato la posizione rispettata che le compete nello stesso.

La Fiat non è più controllata dalla famiglia Agnelli ma se l'è cavata e, pur giocando ormai il campionato di categoria B, ha conservato all'Italia un "know how" automobilistico e si è anche riusciti ad impedire che la Maserati desse il colpo di grazia all'Alfa Romeo. Una ventina di multinazionali tascabili hanno continuato la loro espansione quantitativa, qualitativa e geografica e sono diventate tutte importanti realtà mondiali nello specifico settore.
Contrariamente alle previsioni che alcuni facevano ed altri addirittura auspicavano nel 2005, l'Italia è rimasta, in misura più o meno corrispondente a quella del 2005, paese manifatturiero, anche se ha imparato a prendere parte con profitto allo sviluppo manifatturiero delle grandi regioni emergenti del mondo e soprattutto Cina, India e paesi del Sud Est Europeo ed anche se, gradualmente, il sistema (pubblico e privato insieme) ha saputo muoversi anche verso segmenti tecnologicamente più avanzati.

Nei settori legati agli stili di vita (moda, arredamento, enogastronomia, gioielleria, pelletteria) la leadership italiana si è decisamente rafforzata, nonostante la fine non programmata di alcuni stilisti importanti abbia favorito, nella moda, gli eterni rivali francesi. Ma anche in alcuni settori della meccanica, ed a prescindere dalla nazionalità degli azionisti, l'Italia sta facendo bene ed ha conquistato o consolidato posizioni mondiali rilevanti (macchine da legno, macchine agricole, elettrodomestici, meccano tessile ed altri). Nella meccanica di qualità si è verificato un interessante fenomeno. Attraverso acquisizioni reciproche ed alleanze strategiche si è realizzata una notevole integrazione tra meccanica avanzata italiana e tedesca, dando vita al più poderoso complesso di meccanica avanzata del mondo.

Fortunatamente non si parla più di Mezzogiorno se non quando si parla di vacanze e l'ultimo viceré delle Due Sicilie è stato licenziato da tempo e ridotto a vivere di quello che sa fare. Nella piana di Bagnoli sono stati aperti cantieri che hanno creato notevole occupazione per l'area partenopea per dieci anni, da quando l'intera operazione è stata affidata ad una società di sviluppi immobiliari inglese. Ad Agrigento la disoccupazione è scesa da oltre il 20% al 3% e i visitatori della Valle dei Templi sono saliti da 400.000 all'anno a 3 milioni all'anno, da quando l'intera gestione del parco archeologico è stata affidata ad una compagnia formata da uomini d'affari ed architetti americani. Il ponte di Messina non si è fatto per timore di sovvenzionare la mafia, che è stata danneggiata anche dal ritorno di Leoluca Orlando a sindaco di Palermo e soprattutto dalla trasformazione della Regione Siciliana in regione ordinaria (come è stato fatto anche con tutte le altre regioni speciali), con il dimezzamento degli organici e lo scioglimento del Parlamento regionale.

Il turismo in generale e quello culturale in particolare ha ricevuto un grande impulso ed il trend negativo ha toccato il fondo proprio nel 2005. Ciò è stato l'effetto di una articolata politica i cui punti salienti sono stati: l'approvazione di una legge costituzionale che ha reso costituzionalmente impossibili i condoni edilizi e ambientali; l'avere deciso di investire sulle fasce di mercato, come il turismo culturale, nelle quali l'Italia gode di una posizione competitiva privilegiata e non nel turismo "commodity", dove l'Italia è perdente sotto ogni profilo rispetto a tanti paesi vecchi e nuovi (in realtà non si parla più da tempo di turismo culturale ma di turismo basato sulla valorizzazione dei vari territori, in una visione integrata dei principali aspetti, che rappresentano appunto la cultura di quel territorio); l'aver ristretto in modo drastico i poteri in materia edilizia e ambientale dei comuni, subordinandone le decisioni al parere vincolante, in materia ambientale, di una apposita commissione formata esclusivamente da esperti canadesi.

Con una serie di misure appropriate tra le quali una politica fiscale raffinata, lo sviluppo dell'uso dei gas naturali e di ricupero, una poderosa campagna per il risparmio energetico che ha portato a risparmi impensabili, l'accelerazione dei programmi per il rinnovo delle centrali elettriche, la rottura del dannosissimo monopolio ENI all'importazione del gas, il costo dell'energia è sceso del 40%, allineandosi a quello dei maggiori paesi e contribuendo in modo significativo alla ripresa della competitività del Paese.

Le ex municipalizzate del Nord si sono volontariamente fuse dando vita a complessi integrati competitivi e capaci di sostenere un alto livello di investimenti, come richiesto dall'esigenza di modernizzazione delle città e dei servizi pubblici. Di fronte alla riluttanza delle analoghe minori società del Sud a procedere nella stessa direzione, per superare il groviglio di interessi che le frenavano, si è proceduto con un provvedimento legislativo che ha imposto la costituzione di una unica multiutility per ogni regione.
Il settore tessile, sotto la salutare concorrenza dei paesi emergenti, si è ridotto, fortemente ristrutturato, in parte delocalizzato, specializzato, ma conserva la leadership europea ed ha saputo conquistare posizioni significative in Cina e in India.

Gli investimenti in cultura sono diventati in quasi tutte le città la spesa principale dopo quella sociale, e ciò non solo ha reso la vita nelle nostre città molto più gradevole ma è diventato potente fattore di sviluppo economico. Cosa che del resto si è verificata anche per la sanità da quando è passato il concetto che la spesa sanitaria non è solo un costo ma un investimento e da quando il risveglio della magistratura (liberata dall'assillo di difendere la sua indipendenza dagli assalti del Governo e del Parlamento) ha ripulito le strutture sanitarie di buona parte dei ladri.

Questo riorientamento della spesa pubblica verso forme di spesa che stimolano lo sviluppo è stato possibile grazie ad una vera riorganizzazione della struttura pubblica che, in cinque anni, ha visto ridursi - con il consenso dei sindacati che quando il Paese è sull'orlo della rovina diventano ragionevoli e responsabili - il numero totale degli addetti di 1.5 milioni, raggiungendo standard accettabili sulla base di confronti internazionali; da una nuova politica fiscale basata anch'essa su una norma costituzionale che rende costituzionalmente impossibili i condoni e che quindi ha tolto di mezzo uno dei più grandi incentivi alle evasioni; e da un grande taglio delle fameliche clientele politiche, che dal 2000 al 2005 erano diventate soffocanti.

I distretti industriali non sono spariti (salvo per poche eccezioni dalle radici recenti) ma, sia quelli vecchi che quelli nuovi, si sono dati un nuovo profilo ed una nuova struttura: non più semplici vicinanze di lavoro, ma centri integrati in strutture comuni appositamente programmate e con funzioni essenziali (come la ricerca, la formazione, la sicurezza, l'informatica) unitariamente gestite. Ciò ha permesso a numerosi distretti di funzionare anche come incubatori di nuove imprese.

L'agricoltura, forte di una grande tradizione, di alte competenze scientifiche e di una delle industrie di meccanizzazione agricola più forti del mondo, anche sotto lo stimolo di una domanda di prodotti sempre più sani e di qualità e di una accesa concorrenza da tutto il mondo, ha vissuto una stagione di straordinario sviluppo ed evoluzione.

Le banche, da quando è cambiato il governatore della Banca d'Italia, hanno dato vita ad intelligenti integrazioni a livello europeo con evidenti vantaggi reciproci e con una maggiore capacità di competere, sul fronte dell'investment banking, con lo strapotere delle "investment bank" americane. Fu allora che Mediobanca vendette la sua partecipazione nelle Generali, impiegando il capitale così liberato per investimenti e finanziamenti in progetti di sviluppo di medie imprese.

Lo sviluppo tecnologico ed una politica indipendente hanno limitato la posizione dominante del duopolio televisivo e pubblicitario, ridando, anche a questo campo, un po' di movimento al paese, in precedenza, completamente ingessato e spremuto dal duopolio. Lo stesso è avvenuto in tutte le aree dove monopoli e semimonopoli, di fatto o di diritto, si arricchivano a spese dei consumatori e quindi del Paese, e ciò si è verificato da quando la competenza antitrust è stata totalmente concentrata nell'agenzia europea.

Questo recupero del Paese è stato favorito da alcuni importanti punti di svolta di carattere generale, sui quali mi riprometto di essere più esauriente in una prossima lettera, e che qui mi limito ad elencare:
- Dimissioni del governatore della Banca d'Italia accompagnate da una legge seria di tutela del risparmio e dalla forte ristrutturazione della Banca d'Italia.
- Correzione degli effetti più devastanti della disastrosa riforma Berlinguer - Moratti della scuola e università.
Si ammise finalmente che tali riforme erano un disastro (e che soprattutto il 3+2 per gli ingegneri rischiava di distruggere la tradizione ingegneristica italiana ed era un autentico delitto contro il Paese). Si ebbe allora il coraggio di fare marcia indietro. Si è dovuto correggere di corsa la logica dell'ignoranza programmata, ritornando ad insegnare seriamente matematica agli studenti di ingegneria e storia, biologia, scienza della terra nelle scuole superiori. Qui un grosso contributo l'hanno dato quei movimenti di insegnanti che con l'accordo dei genitori, ed in base ad una norma sull'autonomia scolastica, hanno condotto una resistenza attiva continuando ad insegnare i vecchi programmi, e con i vecchi testi. Ma nello stesso tempo si fissò il principio che, per venti anni, ci si sarebbe astenuti da ogni riforma generale della scuola italiana, lasciando alla stessa un periodo di tranquillità e di assestamento e di evoluzione naturale e ci si sarebbe concentrati a rafforzare aspetti specifici della stessa.
- Sospensione del campionato di calcio professionisti per 10 anni.
Preso atto della incapacità di questo mondo di riformarsi, della sua enorme capacità di corrompere la morale dei giovani, della sua potente forza diseducativa, del fatto che in gran parte era controllato da personaggi molto discutibili, che creava grandi spese pubbliche per sicurezza, manutenzione degli impianti, trasporti, che era dominato da insuperabili conflitti di interesse, che il controllo televisivo dello stesso era diventato quasi totalmente privato, si prese la saggia decisione di sospendere per dieci anni il campionato professionisti, dedicando invece un po' di risorse al calcio giocato dei club dilettantistici.
- Impegno esplicito dei trentenni per la ricostruzione e rinascita del Paese.
- Autoliberazione della più progressista regione italiana, la Lombardia, dalla più retriva cultura del paese, quella dei "lumbard".

Nella prossima lettera Le scriverò anche per riflettere sulle cose da fare per evitare di cadere nuovamente nel baratro di stupidità e immoralità in cui eravamo caduti nel 2005.

Buon lavoro
Suo
Marco Vitale
9 maggio 2020

 

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