Pubblicato su Politica Domani Num 48/49 - Giu/Lug 2005

Esclusivo
Intervista a Joseph Ratzinger
Alcune domande difficili al futuro Papa

A cura di Maria Mezzina

Aveva promesso che sarebbe venuto, ma che non aveva tempo di preparare una relazione. Poi ha spiegato che in realtà aveva pensato che sarebbe stato meglio ascoltare cosa avevamo da chiedere e da lì partire per esprimere il suo pensiero.
Era il giugno del 1999 e il Cardinale Joseph Ratzinger avrebbe concluso il ciclo di incontri su "I diritti dell'uomo" in programma per quell'anno. Al futuro Papa avevamo chiesto di parlare del "Diritto alla vita". Il teatro era stracolmo e non c'è stato bisogno di intervenire. L'intervista al Cardinale è andata avanti per oltre due ore con domande che venivano dal pubblico in una sala affollata soprattutto di giovani.
Non è facile sintetizzare quello che ha detto. Su queste pagine ci proviamo.

 

Difesa dell'ambiente
Ritiene che la difesa della vita debba includere anche la difesa dell'intero pianeta?
Il tema della difesa dell'ambiente ci riguarda tutti, ma va visto anche dal punto di vista di coloro che popolano i paesi le cui risorse naturali noi europei e occidentali vogliamo difendere. I popoli dell'America latina rivendicano il diritto di poter usare le risorse per il progresso economico e tecnologico dei loro paesi. È una posizione legittima. Loro non sono semplicemente la riserva del mondo, ma sono un popolo con propri diritti, che deve poter usare delle loro riserve naturali. La protezione dell'ambiente va quindi vista in modo differenziato perché siano protetti i beni della terra essenziali per tutti: per noi, il mondo cosiddetto sviluppato, e per questi popoli. Occorre trovare il giusto equilibrio tra il rispetto assolutamente necessario delle insostituibili riserve della natura - che vanno specificate molto bene -, i diritti dell'uomo allo sviluppo e all'uso dei beni della terra, e le necessità di tante generazioni future.
Questi popoli ci dicono "un europeo consuma nella sua vita riserve della terra pari a quelle che nelle nostre terre consumano 200 o 300 persone. Se voi viveste come viviamo noi, non ci sarebbe bisogno di questo modo di sfruttare e abusare la terra."
Non bastano allora, anche se sono importanti, le manifestazioni. Con il nostro stile di vita noi consumiamo risorse della terra quante mai nessuno in Asia o in America Latina potrebbe fare. Allora in gioco siamo proprio noi, perché occorre cambiare il nostro stile di vita. E questo è un problema di grandissima importanza. La questione ambientale non si risolve se non ci impegniamo a riflettere su che cos'è l'uomo e come deve vivere perché sia salvaguardato l'equilibrio tra l'uomo e il mondo, tra i beni del mondo e la nostra terra. Nelle grandi conferenze, utilissime, di solito si commette l'errore di non dire che questa questione mette in gioco ognuno di noi molto personalmente.
Occorre quindi una nuova educazione a una vita, direi, più ascetica. Una vita più guidata dai valori spirituali e perciò più capace di rinunciare a valori materiali è una condizione fondamentale per affrontare questo problema.

Violenza sessuale e aborto
Come giudicare l'aborto nel caso in cui questo venga deciso in seguito a violenza sessuale?
L'aborto nel caso di donne violentate è un problema molto difficile. È comprensibile la situazione disperata di queste donne, la loro difficoltà ad amare una creatura imposta contro la loro volontà, nella quale si esprime anche la faccia dell'altro violento; uno che voleva soltanto distruggere l'onore di questa persona considerandola solo un essere a sua disposizione. Prevedere qui l'amore materno, il sì ad una creatura creata in questo modo è molto difficile. Perciò la Chiesa ha comprensione per le persone in queste situazioni difficili. Dall'altra parte però, perché essere già sicuri che questa nuova creatura possa essere soltanto un essere negativo, uno da escludere? È un uomo, è una persona umana. Per questo sta già nella sfera del diritto che non è più mio ma è quello di Dio. Invece di spingere le donne ad abortire dovremmo aiutare a trovare uno spazio adeguato per queste povere creature che, forse potrebbero essere anche creature con grande valore. Tante grandi personalità sono nate in situazioni difficili. Pensiamo a Beethoven, il padre era un ubriacone e era malato. Ricordo che un maestro di religione dopo avere descritto la situazione della famiglia Beethoven - senza menzionare il nome -, chiese se era possibile e giusto abortire in quel caso. Quasi tutti risposero che certamente, in quel caso, era giusto abortire. E invece, quello era l'uomo che ha dato all'umanità valori che sono indimenticabili. Perciò direi di non rispondere con la morte, ma di rispondere con l'accoglienza che aiuta la donna. E, forse, se la donna non è in grado di accettare il bambino, prevedere l'adozione e aprire spazi di amore. Mi sembra questa una risposta molto migliore. È come se, in altri termini, si tornasse di nuovo al problema della legittima difesa: in questo caso abortire sembra essere la legittima difesa. In realtà, però, si crea un nuovo male dal momento che si uccide una creatura innocente. La risposta non può essere rispondere al male creando un nuovo male, con l'intenzione di distruggere il male fatto. La vera risposta è aprire spazi di amore dove si può creare e sviluppare una vera vita umana.

Controllo delle nascite
Qual'è il suo pensiero sul problema del controllo delle nascite in relazione al peso che lo sviluppo demografico può avere sull'ambiente?
Ecco qui un problema gravissimo al quale preferisco riferirmi come al problema della paternità e maternità responsabili. E cioè nel dare la vita a una nuova creatura umana, devo anche pensare al futuro di questa creatura. Se potrà cioè vivere una degna del suo essere uomo; se troverà un pianeta nel quale poter vivere; se potrà inserirsi in una comunità umana che offra possibilità di sviluppo e di comunione umana. Anche nelle nostre zone più o meno benestanti ogni coppia si domanda quali possibilità ha di educare i bambini, di prepararli alla vita e di dare loro una certa sicurezza o almeno la possibilità che siano sufficientemente preparati per la vita e che vi trovino il loro posto nella vita. Una preoccupazione che il contesto mondiale tende ad aggravare.
La Chiesa non si oppone, al contrario propone una paternità e maternità responsabili. Ma è del parere che una soluzione per così dire tecnica, non risponde alla sfida e alla dignità dell'essere umano. La Chiesa ritiene che il problema demografico deve essere considerato per così dire in una rosa di valori.
Innanzi tutto la diffusione dei mezzi di contraccezione non risponde alla serietà del problema umano e provoca anzi una falsificazione anche delle relazioni tra uomo e donna. Perché, da spazio sacro, in cui due persone si incontrano per la vita e per dare spazio a nuove generazioni in modo responsabile, diventa possibilità di un modo anche egoistico di incontrarsi. La diffusione della pillola e dei preservativi ha creato una rivoluzione sessuale nel senso che realmente la concezione delle relazioni tra uomo e donna è cambiata profondamente. Nel terzo mondo hanno contribuito a distruggere una cultura morale dagli effetti veramente distruttivi. La grande esplosione dell'aids in Africa e in altre parti del mondo risulta anche dalla distruzione di una cultura morale che esisteva. I vescovi dicono che, se per prevenire il pericolo dell'Aids semplicemente si distribuiscono preservativi, il senso morale si perde ancora più e il mezzo diventa realmente una contro-educazione nella quale non si risana, ma si estendono sempre di più comportamenti che si sono dimostrati distruttivi. Perciò la Chiesa dice che la procreazione responsabile deve venire da un concetto di comune responsabilità morale dell'uno e dell'altro. Nel rispetto comune poi si trova la strada, che è fatta di volontà e di affetto, ma anche di pazienza e di amore che creano un altro clima e sono una garanzia più sicura.
C'è poi il fatto, di cui abbiamo già parlato, che dobbiamo cambiare il nostro modo egoistico di vivere e di "consumare" il mondo. Se vediamo nelle generazioni future soprattutto una minaccia contro di noi e una minaccia contro la terra, siamo su una strada almeno unilaterale. La vita umana, le persone sono una miniera, per così dire, di creatività e solo dalla creatività umana, solo nel cervello e nel cuore umano sta la possibilità di affrontare il problema del futuro. Perciò dobbiamo convincerci che la vera difesa del futuro sono i bambini. Invece, con il nostro attuale modo di agire vogliamo soprattutto conservare il nostro spazio, troppo ampio, direi, irresponsabile, e perdiamo le risorse del futuro, le vere risorse. Che non sono minerali o cose, sono i cuori umani e la loro creatività. Inoltre l'Europa cambia. Per ora c'è ancora un certo equilibrio, ma stanno arrivando altre popolazioni che non hanno le stesse preoccupazioni. Noi non abbiamo più le risorse del futuro (conosciamo bene il problema del pensionamento), la situazione diventerà sempre più difficile perché lo squilibrio tra le generazioni si farà più sensibile. Quindi anche questo dobbiamo tenere presente.
C'è poi un terzo punto. Abbiamo paura della mancanza di risorse sulla terra però distruggiamo gli alimenti. Oggi non si paga più per il grano o per l'uva prodotta, ma per la loro distruzione per evitare la sovrapproduzione. Questa politica che costringe i nostri agricoltori a non produrre e anzi a distruggere i prodotti per conservare l'equilibrio del mercato, mentre sulla terra da altre parti c'è tanta fame, mi sembra incredibile. E ancora non si è trovato il modo di ridistribuire questi prodotti anziché distruggerli o impedire che vengano prodotti.
Ancora una volta, quindi, vediamo che la nostra cultura è in modo molto unilaterale dominata dalla paura di conservare il nostro livello di vita materiale. È una cultura determinata da valori molto fragili e anzi negativi, direi. Credo che dovrebbe realizzarsi una certa rivoluzione morale per arrivare a un nuovo modo di vivere, e di distribuire le ricchezze della terra, e a un nuovo modo di vedere la creatività dell'uomo. In questo momento è il mercato il vero dittatore dell'umanità. Non è più l'uomo che trae profitto dal mercato, ma l'uomo serve il mercato, è schiavo del mercato.
Parlando del problema demografico dobbiamo tenere presente tutti questi aspetti di una cultura che in buona parte è anche sbagliata, perché è sottomessa a una dittatura di valori materiali che non tengono conto della profondità e del valore dell'essere umano.
Non nego la gravità del problema, sul quale anche la Chiesa deve seriamente riflettere. Non credo che i rimedi semplici che vengono imposti, provengano dalla riflessione più matura e più profonda sulle soluzioni più adeguate.

Legittima difesa
Quale è la posizione della Chiesa sul tema della legittima difesa, soprattutto nel contesto di guerre nelle quali sono portati avanti progetti di pulizia etnica?
La legittima difesa implica sia la legittima difesa di una persona aggredita ingiustamente da un'altra, sia anche la difesa, diciamo, collettiva e in caso di guerra. Posso dire che nella preparazione del Catechismo le due discussioni più difficili, più lunghe, più complicate sono state quelle sulla pena di morte - se può essere pensata come una specie di legittima difesa - e sulla "guerra giusta", se ci può essere una guerra "giusta".
Noi forse non oseremo dire che esiste questo diritto a una legittima difesa se non avessimo dall'inizio, dalla Scrittura, dai Padri questa certezza che l'uomo ha il diritto di difendere la sua vita contro un ingiusto aggressore. Anzi la Tradizione ci dice che se l'aggredito ha la responsabilità di altre persone - per esempio un padre di una famiglia o casi simili -, non solo c'è il diritto di difendersi, ma anche il dovere di difendersi a causa di questa responsabilità. Naturalmente sempre con mezzi proporzionati e, solo in caso estremo, anche con il rischio che l'altro sia ucciso.
Naturalmente esiste anche il diritto di sacrificarsi, se non c'è questa responsabilità di altri. Ma occorre considerare bene se in caso di aggressione ingiusta il sacrificio abbia veramente valore. La casistica può offrire solo alcuni principi ma non la risposta ultima.
Ma il problema non è questo caso eccezionale. È quello della legittima difesa in generale, sia del singolo, sia di una comunità nazionale o internazionale. La seconda guerra mondiale e, fino a un certo punto, anche la guerra del Kosovo sono un esemplificazione di come possa diventare necessario intervenire contro la minaccia criminale di distruggere vite umane e grandi valori necessari alla vita umana. Se nel '39-'40 gli alleati non fossero intervenuti contro il dittatore non sappiamo quante e quali misure di distruzioni umane avremmo ancora avuto. E una cosa simile, anche se in altre dimensioni, è avvenuto nel Kosovo con questa pulizia etnica. Anche se qui il problema di fondo era demografico. A causa, infatti, della grandissima denatalità serba e dell'altissima natalità degli albanesi musulmani, le previsioni erano che in trent'anni gli albanesi musulmani sarebbero stati la maggioranza nella Jugoslavia. Così i serbi si sentivano minacciati, e si capisce anche che nasca questo senso di autodifesa e che la pulizia etnica prenda il suo corso.
Se si realizzano perdite collettive di un valore, e se queste minacce collettive non minacciano soltanto tanti uomini ma la stessa concezione del diritto umano alla vita è necessario intervenire. Ma naturalmente sempre con i mezzi proporzionati.
Nella minaccia della guerra atomica era questa la grande questione: se cioè la guerra atomica poteva essere un mezzo morale, ma se era possibile difendere la moralità con l'immoralità. Perciò il mezzo deve avere una misura morale e non deve provocare crimini più grandi o forse grandi come quelli ai quali si vuole rispondere. La difficoltà, allora, sta nella ponderazione dei beni; se si tratta realmente di legittima difesa e se i mezzi a disposizione sono tali da entrare ancora nella moralità, e possano quindi essere usati in difesa della moralità e della vita umana, o se eccedono questa misura e quindi non sono più appropriati per difendere quanto è da difendere.
Di tutte le discussioni che abbiamo avuto nella preparazione del Catechismo alla fine è rimasto che la situazione della difesa legittima, sia individuale, sia collettiva, come tale esiste ed è da accettare, da riconoscere. Naturalmente con una ponderazione molto diligente della proporzionalità dei mezzi adeguati e del successo; se il successo realmente ristabilisce i valori oppure no e se, alla fine, la distruzione è ancora più grande. Si tratta quindi di una possibilità. In certi casi, anzi, è un dovere morale, ma con aspetti concreti da valutare molto responsabilmente.

 

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