Pubblicato su Politica Domani Num 48/49 - Giu/Lug 2005

Rifiutare gli steccati

di Giorgio Campanini*

A conclusione della vivace ed intensa campagna referendaria, e nell'imminenza del voto, appare opportuno tentare di tracciare il bilancio di una vicenda nella quale sono apparse evidenti le forzature da parte di chi - soprattutto del partito radicale - ha evidentemente fatto del ricorso al referendum il terreno sul quale giocare la propria sopravvivenza politica, altrimenti minacciata dai persistenti rifiuti che tanto il blocco di centro-destra quanto il blocco di centro-sinistra hanno opposto alle spregiudicate avances di chi gioca (o vorrebbe giocare) le proprie carte indifferentemente sull'uno come sull'altro tavolo.
L'esito del voto stabilirà in quale misura questa strategia si sia rivelata positiva e producente; ma resta il rammarico per un'occasione perduta, quella cioè di uno schietto e aperto dibattito su questioni alla fine decisive per il futuro della società e che non avrebbero dovuto formare oggetto di un secco, e francamente banale, "sì" o "no" ai quattro quesiti sottoposti al giudizio degli elettori. Ancora una volta, infatti, soprattutto da parte laicista (e qualche volta anche da parte di cattolici troppo sicuri di sé) si è trasferito sul piano ideologico e politico un dibattito che avrebbe dovuto rimanere essenzialmente etico e tecnico: con il rischio di uno scontro frontale che per fortuna, ci sembra di poter dire, non vi è stato, anche per il sano "sangue freddo" mostrato dall'episcopato e dai cattolici più attenti e pensosi (ma anche da non pochi uomini di cultura di area "laica" che non hanno voluto piegarsi alla logica della contrapposizione ideologica).
Preso atto di questa occasione in parte perduta, vi è da augurarsi che, dopo il referendum, il dibattito riprenda in un clima più sereno e disteso, anche in vista di eventuali aggiustamenti legislativi che potranno essere attuati in un non lontano futuro, anche sulla base dell'esperienza pratica: caso emblematico quello del numero degli embrioni da impiantare e sul quale si è accesa una troppo aspra querelle fra i sostenitori del numero di tre indicato dalla legge e quanti auspicavano un'illimitata "libertà" della scienza. Almeno in questo caso la matematica - e cioè il computo complessivo dei successi e degli insuccessi - non dovrebbe essere un'opinione ...
La possibilità, e forse l'opportunità, di lasciare aperto un dibattito che invece sarebbe chiuso per almeno cinque anni da un secco "no" o da un altrettanto secco "sì", avvalora la scelta per l'astensione. Venendo a mancare, infatti, il quorum della maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto, il legislatore avrebbe modo di intervenire, successivamente - ed in un clima augurabilmente più sereno e disteso - per indicare gli eventuali aggiustamenti che si rendessero necessari, e certo senza stravolgere le linee fondamentali di una legge che in ogni modo gli elettori avrebbero mostrato di ritenere opportuno, nella sostanza, mantenere in vita.
Si potrebbe dunque correggere in futuro il "vizio ideologico" di questo referendum, pensato dai radicali e quasi da loro imposto ad una sinistra troppo poco sensibile al problema degli invalicabili limiti della scienza, quello cioè di dare luogo ad uno "scontro frontale" che il paese non vuole e augurabilmente, con l'astensione, esplicitamente dichiarerà di non volere; e si aprirà la via ad una più serena riflessione su problemi vitali per il futuro della società, per il quali non può valere la netta, e per questo stesso fatto inaccettabile, logica referendaria. Anche i cattolici non possono non essere interessati alla continuazione di un serio e responsabile confronto: che tuttavia assuma come inderogabile punto di partenza il duplice principio del rispetto della vita da una parte e del riconoscimento, dall'altra, dei limiti di una scienza che non può essere abbandonata al delirio di onnipotenza che contagia le sue componenti meno lucide e responsabili.

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* Prof. Giorgio Campanini: studioso, autore di numerosi libri, è stato docente di Storia delle Dottrine Politiche all'Università di Parma.

 

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