Pubblicato su Politica Domani Num 48/49 - Giu/Lug 2005

Lavoratori dello spettacolo
Il carrozzone va avanti (mica tanto) da sé
Gioie (poche) e dolori (tanti) degli organizzatori di spettacoli

di Chiara Comerci

C'è una categoria di lavoratori che nonostante le apparenze si muove in una giungla burocratica nella quale è difficilissimo orientarsi. Sono i lavoratori dello spettacolo, tutti quelli cioè che, a vario titolo, si occupano di intrattenimento. Organizzare un evento, dal vivo o meno che sia, può sembrare una cosa semplice, ma non lo è affatto. Nel tempo si sono stratificati leggi e procedimenti burocratici che ne hanno appesantito notevolmente l'iter realizzativo. Per avere un'idea dei procedimenti necessari basta dare un'occhiata allo schema presente su questa pagina. Sembra una corsa ad ostacoli contro il tempo e la burocrazia, disseminata di difficoltà, incongruenze e pericoli. E chi sbaglia paga.
Le prime difficoltà cominciano con il primo degli adempimenti amministrativi: la richiesta del Certificato di Agibilità. Questo documento indispensabile viene fortunatamente rilasciato subito, ma risulta essere, alla luce dei fatti, un permesso di lavorare, una sorta di "caporalato" istituzionale.
Per ottenerlo l'organizzatore deve versare un deposito in denaro proporzionale all'importo totale del cachet previsto per lo spettacolo. Il deposito verrà poi restituito, ma non alla fine del concerto, del Festival o della stagione artistica. La restituzione avverrà solo al momento dello scioglimento della ragione sociale dell'organizzatore. Si tratta di un vero e proprio illecito perché l'ENPALS che rilascia il certificato è un Ente Pubblico e non può, quindi, richiedere un deposito. Tanto meno può trattenerlo fino allo scioglimento della società.
A complicare il tutto c'è anche il fatto che gli uffici ENPALS non si comportano ovunque in Italia allo stesso modo e non tutti interpretano la legge allo stesso modo: l'interpretazione della legge dipende in buona parte da chi si trova allo sportello. A Palermo, per esempio, prima di rilasciare il Certificato di Agibilità l'ENPALS richiede anche l'agibilità dei locali, ovvero il documento rilasciato dai Vigili del Fuoco. Altrove si richiedono all'organizzatore i versamenti fatti all'ENPALS nell'ultimo anno. E, fino a pochi anni fa, quando la SIAE non aveva ancora assunto alcuni dei compiti spettanti all'ENPALS, spesso gli uffici si trovavano solo nei capoluoghi di regione, pertanto chi organizzava un concerto a Sassari doveva recarsi a Cagliari per richiedere il Certificato di Agibilità.
La corsa continua con il secondo degli adempimenti amministrativi: ottenere la cosiddetta DIA (Dichiarazione di Inizio Attività). Qui l'interlocutore è la SIAE che rilascerà all'organizzatore un permesso per spettacoli ed intrattenimenti, non senza prima avere acquisito una serie di informazioni più o meno rilevanti e avere pagato un deposito e gli eventuali diritti di autore.
Finalmente lo spettacolo può avere luogo. E qui bisogna essere armati di tutti i permessi faticosamente ottenuti all'ENPALS e alla SIAE.
Le difficoltà amministrative del dopo spettacolo,poi, rasentano l'incubo. Occorre che tutte le carte siano in ordine; che tutte le informazioni, al limite della ragionevolezza, siano precise e dettagliate; che tutti i pagamenti siano corretti e fatti con i codici esatti; e che questi pagamenti siano correttamente e tempestivamente comunicati. I pagamenti vanno fatti per la SIAE, l'ENPALS, l'IRPEF, l'INPS che dovranno anche ricevere le relative comunicazioni. A parte la necessità di avere un consulente del lavoro per calcoli e adempimenti dispersivi e complessi, accade spesso che l'Agenzia delle Entrate "non si accorga" che siano state versate le ritenute IRPEF, e che quindi sia necessario perdere altro tempo per mostrare l'avvenuto pagamento. Accade anche spesso che i tributi corrispondenti alle ritenute ENPALS versati in banca non vengono comunicati all'ENPALS e che dopo qualche tempo ci si veda arrivare una multa considerevole per ritenute ENPALS non versate.
Il risultato di tutto ciò è che è molto difficile per chi non è super esperto anche solo prevedere quanto lo spettacolo potrebbe venire a costare.
Discorso a parte merita l'IVA a causa della sua notevole complessità. Non tutti i musicisti, infatti hanno partita IVA. Ma anche per i musicisti che hanno partita IVA non vi è chiarezza. In passato, infatti i musicisti hanno sempre fatturato al 10%, ma da qualche tempo qualcuno chiede di applicare l'aliquota del 20%.
Nel loro succedersi, anche i vari governi hanno contribuito a complicare la materia promuovendo in merito all'ENPALS numerose novità. Il governo Prodi ha lasciato in eredità la differenziazione delle aliquote contributive per gli iscritti all'ENPALS prima e dopo il 1995 (confusione, questa, che si aggiunge a confusione). Nella Finanziaria 2003-2004, poi, il ministro Maroni ha introdotto un'ulteriore novità (che ha reso ancora più confuse le condizioni per ottenere il Certificato di Agibilità) dicendo che l'agibilità ENPALS "può essere rilasciata anche ai singoli artisti". L'artista può quindi divenire datore di lavoro di se stesso, assumendosi tutti gli obblighi di legge, senza però avere un imponibile.
Problemi seri riguardano anche la fine della carriera degli artisti. Questi hanno diritto al minimo pensionistico solo se hanno avuto 120 giornate contribuite l'anno, per 25 anni. Viene da sé che si trovano in questa condizione solo coloro che hanno lavorato stabilmente in orchestre e per i quali sono stati versati i contributi sia per i giorni di prove che per i concerti. E le orchestre che hanno chiuso? È difficile immaginare che anche musicisti come Uto Ughi, Pollini o qualunque cantante lirico possano accumulare 120 giornate contribuite l'anno per 25 anni.
Difficoltà negli adempimenti; spese aggiuntive inutili (come quella degli indispensabili consulenti del lavoro specializzati); circolari e leggi che cambiano ogni anno; tasse che gravano sull'organizzatore e che non ritornano al musicista. Tutto ciò ostacola il lavoro, incoraggia il lavoro nero, scoraggia l'arte, deprime lo spirito. Nulla di questo è a tutela del lavoratore. Allora è lecito chiedersi se il lavoro sia ancora un diritto o se, piuttosto, non si siano fatte operazioni scientifiche per scoraggiare il lavoro degli artisti e degli organizzatori. Perché, si sa, l'arte appartiene agli spiriti liberi.

 

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