Pubblicato su Politica Domani Num 47 - Maggio 2005

Globalizzazione e mercati
Investimenti italiani in Cina
L'iprenditoria italiana "sbarca" in Cina, alla grande

di Mauro Lodadio

Negli ultimi mesi ci siamo trovati di fronte alle esternazioni in materia economica della Lega di Calderoli e Maroni. Entrambi chiedevano dei dazi doganali per ridurre lo strapotere commerciale della Cina. Le critiche che sono piovute da sinistra e dallo stesso governo di centro-destra, hanno fatto riflettere i dirigenti della Padania. Cosa ne pensano le maggiori industrie del nord a riguardo?
Andrea Riello, presidente di Federmacchine, il 19 aprile affermava: "Per noi la Cina rappresenta una grande opportunità. È diventata, a livello complessivo, uno dei principali mercati di consumo al mondo." Riello, unico candidato alla guida degli imprenditori del Veneto, ritiene che il "settore è rimasto leader mondiale perché ha non solo il fattore competizione nel processo, ma anche quello sul prodotto." Cadono in un sol colpo gli abbagli leghisti. La verità è che la qualità dei nostri prodotti non è confrontabile a livello generale, se non per alcune parti, con il prodotto cinese. "L'Italia deve tenere presente - aggiunge Riello - che la Cina potrebbe diventare un problema nei prossimi due lustri. L'unica difesa da tale aggressione è sfruttare al massimo i grandi investimenti che vengono fatti in Cina, per aumentare la nostra presenza e mantenere una posizione di dominio in un mercato così importante." Correre, correre, correre, quindi. La competizione, del resto, la si può ottenere soltanto mantenendo all'avanguardia i prodotti offerti.
Mettono paura le note sull'economia cinese uscite in questi giorni nelle agenzie di stampa. Nel corso del primo trimestre di quest'anno, il tasso di crescita economico è stato del 9,5%. Il dato supera di gran lunga sia gli obiettivi di governo, che si propone di "raffreddare" la crescita, sia le attese degli analisti. Interessante il commento dei dati di Jingping, portavoce dell'Ufficio Nazionale di Statistica. Egli rivela come la crescita sia stata trainata soprattutto dall'aumento della componente estera della domanda aggregata.
Una delle aziende più ricche e importanti d'Italia ha capito tutto. Lontani dalle voci leghiste, quelli della Benetton apriranno in Cina 40 nuovi punti vendita. È solo il primo passo di una strategia che prevede l'apertura di circa 200 negozi entro il 2008. Lo scrive il "Sole 24 Ore" nel mese scorso. Le prime aperture, a Pechino e Shenzhen, sono previste a settembre. "Benetton è in Cina dal 1991 -spiega Alessandro Benetton -. Il progetto è ora possibile grazie alla licenza commerciale ottenuta dal gruppo per aprire e gestire direttamente, senza intermediari, i propri negozi nel paese. Lo sviluppo in Cina - conclude - prevede anche la produzione sul posto di alcuni prodotti destinati al mercato domestico, replicando il modello di sviluppo già adottato con successo in Nord Africa, Est Europa e India."

 

Homepage

 

   
Num 47 Maggio 2005 | politicadomani.it