Pubblicato su Politica Domani Num 47 - Maggio 2005

Conflitti
La guerra civile dimenticata del Nepal
È in corso in Oriente un conflitto che i media stanno passando sotto silenzio

di Mauro Lodadio

Quando si parla di pace e tranquillità si pensa alle mete più esotiche, quelle più lontane dallo smog e dal traffico cittadino. Al caldo dei tropici, a quello del Pacifico o alle isole sperdute dell'Oceano Indiano. Chi parte invece per il relax della montagna, non può esimersi dal rimirare il paese più montuoso per eccellenza, il Nepal. Tra monaci buddisti, panorami mozzafiato e trekking sulle cime del mondo, la quiete e la serenità non dovrebbero mancare. Ma il condizionale è d'obbligo in questo caso. Cancellata dall'agenda dei media, la guerra civile, che da tempo attanaglia uno dei posti più belli del mondo, si sta facendo più intensa dopo gli ultimi avvenimenti.
Cominciamo dall'inizio.
Nel 1996 il Partito Comunista, entrato in clandestinità, si ispira alla lunga marcia di Mao. Inizia una guerriglia che ben presto si estende in ogni distretto del paese. Oggi il partito maoista controlla un territorio montuoso pari a due terzi della nazione. Le maggiori città, come ad esempio la capitale Kathmandu, sono controllate dal governo. Il leader della guerriglia è Prachanda. Quest'ultimo pone come condizione di un cessate il fuoco, l'elezione di un'assemblea costituente. La monarchia costituzionale è retta dal Re Gyanendra, salito al trono nel 2001. I maggiori partiti sono il moderato Congresso e il riformista Partito Comunista Marxista-Leninista. Entrambi hanno raccolto i consensi di due terzi della popolazione nepalese, con un lieve vantaggio per il primo. I Maoisti, invece, si attestano intorno al 20-25% a livello nazionale, con punte del 70% nei territori più poveri.
Razzie ed atrocità perpetrate da Pushpa Kamal Dahal, detto "il compagno Prachanda" (grandioso), e dall'esercito del Re, servono ad aumentare la confusione imperante e a finanziare una guerra civile diventata ormai interminabile. È ad aprile del 1990 che cominciano le proteste. Oltre centomila persone si avvicinano pericolosamente al palazzo reale e le forze di sicurezza uccidono circa cento persone. È la goccia che fa traboccare il vaso. Tre giorni dopo il Nepal diventa una monarchia costituzionale. Le lotte di potere fanno cadere più volte il governo eletto con regolari elezioni. In seguito, nel 1994, i partiti Maoisti si ritirano dal Parlamento e due anni più tardi dichiarano "guerra popolare" contro il governo. Nel raggio di pochi anni la guerriglia sbarca nella capitale e nelle città più importanti del territorio. Comincia ad essere un problema serio per il paese.
Il primo febbraio di quest'anno, il Re Gyanendra sospende il governo, riprende il potere esecutivo, dichiara lo stato d'emergenza. Siamo di fronte ad un "auto-golpe". I leader degli altri partiti vengono arrestati. Vengono sospesi alcuni diritti umani come la libertà di opinione e di proprietà privata dei terreni. Gyanendra promette di combattere la corruzione, l'incapacità e l'incompetenza delle amministrazioni costituite da politici corrotti. La svolta autoritaria contribuisce, ora più che mai, a destabilizzare un'area già in crisi. Il partito che sicuramente ne ha tratto più giovamento è proprio quello maoista, che adesso sembra legittimato a combattere per riportare la libertà repressa dal Re. Si parla addirittura di una possibile unione nella lotta con gli altri partiti più moderati e riformisti. Interessante la lettura a livello mondiale proposta dal sito di geopolitica "Equilibri.net". "A livello esterno, India, Gran Bretagna, Nazioni Unite, alcune ONG e la WB premono per la interruzione degli aiuti economici e militari al governo ufficiale nepalese, con l'obiettivo di indurre Gyanendra a tornare sui suoi passi. Pakistan e Cina invece vedono un'occasione unica nel poter finalmente subentrare all'India nel controllo della regione."
E gli Stati Uniti? "La posizione degli USA è incerta - scrive Carapelli -. Considerando che il movimento maoista è annoverato tra i movimenti terroristici internazionali, è quindi opportuno finanziare il governo nepalese per battere Prachanda, tuttavia lo stesso Gyanendra sta tendendo le mani alla Cina e al Pakistan, paesi verso i quali gli USA detengono un atteggiamento se non ostile, certamente diffidente." Due, quindi, gli scenari che si aprono. "Si è creata una complessa tela di rapporti interni ed esterni al paese, che può avere conseguenze opposte, ossia il collasso definitivo della monarchia e quindi il ritorno ad un governo democratico e repubblicano in Nepal, oppure la definitiva sconfitta dei maoisti, l'esclusione dei partiti democratici e quindi e l'instaurazione di un governo dichiaratamente anti-occidentale."

 

Homepage

 

   
Num 47 Maggio 2005 | politicadomani.it