Pubblicato su Politica Domani Num 47 - Maggio 2005

Democratizzazione
Le elezioni in Ruanda
Dopo i massacri, la riconciliazione civile e le votazioni. Il raggiungimento della normalità è però ancora offuscato da prepotenze e abusi

di Daniele Proietto

È più che un semplice ricordo l'orrore dei massacri avvenuti fra Hutu e Tutsi, in Ruanda, all'apice della guerra civile, nel 1994, quando, dopo un periodo di oltre trent'anni di opposizione delle minoranze Tutsi contro il regime Hutu, i governanti Hutu pianificarono il genocidio sistematico di un milione di Tutsi. Solo in questi giorni, dopo più di dieci anni, stanno cominciando i processi presso il Tribunale Penale Internazionale. Da tempo però il paese ha ricominciato a risalire la china del baratro in cui era caduto con un faticoso e dolorosissimo processo di "purificazione" collettiva. Tutto ciò avviene a livello di singoli villaggi e comunità attraverso l'istituzione di una sorta di "tribunali popolari" in cui Hutu e Tutsi, che prima del genocidio erano ottimi vicini, si autoaccusano delle proprie colpe e confessano le atrocità commesse per ottenere vicendevolmente perdono.
Per tornare alla normalità, tuttavia, dopo anni di dittatura e di guerra civile, è necessario un passo politico: le elezioni per la nascita di un nuovo governo. Ed è proprio alle elezioni che nel 2003 si è affidato il Ruanda, con lo scopo di chiudere definitivamente con il passato e di scrivere un nuovo capitolo della propria storia, con la speranza che in questo siano assenti parole quali guerra e genocidio.
Il 26 maggio 2003 il popolo del Ruanda si è presentato alle urne per il referendum costituzionale, vantando un'affluenza dell'87% degli aventi diritto al voto. La netta vittoria dei si (93%) ha finalmente restituito al Ruanda una Camera dei Deputati, con elezione dei membri a suffragio universale, e un'Assemblea Nazionale bicamerale. La Costituzione approvata prevede inoltre che i senatori siano in parte scelti dal Presidente della Repubblica (eletto a sua volta a suffragio universale con un mandato della durata di 5 anni) ed in parte provengano dall'associazionismo civile, come, per esempio, gruppi di intellettuali e associazioni di donne.
Il 25 Agosto è stata invece la volta delle elezioni presidenziali, che hanno registrato la schiacciante vittoria del generale Paul Kagame, che con il 95% dei consensi ha battuto Faustin Twagiramungu, il candidato dell'opposizione.
Le elezioni si sono svolte in maniera calma e nel rispetto dell'ordine, anche grazie alla presenza di osservatori dell'Unione Europea, a dimostrazione della maturità raggiunta dal popolo ruandese.
Tuttavia non sono mancate polemiche riguardanti la campagna elettorale; vi sono stati infatti numerosi arresti e più in generale azioni di intimidazione ai danni degli esponenti del partito d'opposizione (quello di Twagiramungu), con la cancellazione di numerosi meeting di carattere politico.
Se a questo si aggiunge la messa al bando del partito Mouvement Democratique Republicain (MDR), accusato di professare un'ideologia pro-Hutu, volta a dividere il paese in etnie, e se si considera l'arresto dell'ex Presidente Pasteur Bizimungu (principale esponente Hutu), che per l'accusa di "attività politica illegale e minacce alla sicurezza dello Stato" rischia fino a 10 anni di carcere, salta chiaramente agli occhi un fatto: la campagna elettorale di Kagame non è stata finalizzata a promuovere il suo operato, ma, piuttosto, è stata molto attenta a cercare di sgretolare un'opposizione che, a onor del vero, non era certamente rinomata per forza e unità.
Il 29 Settembre, con ancora sullo sfondo gli strascichi delle polemiche per le elezioni presidenziali, si sono tenute le elezioni legislative. Anche queste sono state dominate da un partito Tutsi, il Fronte Patriottico del Ruanda che con il 73.8% dei voti ha conquistato 40 dei 53 posti disponibili alla camera dei deputati.
La schiacciante vittoria dei partiti Tutsi, seppur ottenuta con il mezzo democratico per eccellenza, l'elezione da parte del popolo, potrebbe consentire a Kagame di portare a termine con maggiore decisione l'opera di marginalizzazione degli oppositori Hutu, violando così i principi del rispetto della libertà civile, fondamentali per un Paese democratico o che aspira ad esserlo, senza che la comunità internazionale possa in alcun modo intervenire.

 

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Num 47 Maggio 2005 | politicadomani.it