Pubblicato su Politica Domani Num 47 - Maggio 2005

Dopo Karol Wojtyla
Chi è Joseph Ratzinger, lavoratore nella vigna di Dio
Sul Soglio Pontificio una persona che vede lucidamente i pericoli che corre la Chiesa ed è pronto a proteggerla

di Maria Mezzina

Dice "pane al pane e vino al vino". È questo il tratto caratteristico di Joseph Ratzinger, ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (ex Sant'Uffizio), ex Cardinale titolare della Diocesi di Velletri-Segni. Tutto "ex", ora, da quando è diventato Benedetto XVI, successore di Pietro.
Ce ne eravamo accorti già nel 1999, a conclusione di uno dei cicli di incontri della Scuola di Formazione Socio-Politica, quando a Velletri aveva risposto senza alcuna riserva e nessun giro di parole a tutte le numerosissime domande di una platea di circa 200 giovani sui temi riguardanti il diritto alla vita.
Non esita Ratzinger a riconoscere che il Cristianesimo è diventato minoranza nel mondo. Si sta affermando nel mondo (in Europa e in America del nord e in tutti quei paesi che hanno imboccato la via della modernizzazione guardando al modello occidentale) una cultura che egli con preoccupazione definisce illuminista radicale. Il suo però non è un rifiuto né dell'illuminismo né della modernità e lo dice chiaramente:
"Questo è un semplice rifiuto dell'illuminismo e della modernità? Assolutamente no. Il cristianesimo, fin dal principio ha compreso se stesso come la religione del logos, come la religione secondo ragione. Non ha individuato i suoi precursori in primo luogo nelle altre religioni, ma in quell'illuminismo filosofico che ha sgombrato la strada dalle tradizioni per volgersi alla ricerca della verità e verso il bene, verso l'unico Dio che sta al di sopra di tutti gli dèi. In quanto religione dei perseguitati, in quanto religione universale, al di là dei diversi Stati e popoli, ha negato allo Stato il diritto di considerare la religione come una parte dell'ordinamento statale, postulando così la libertà della fede. Ha sempre definito gli uomini, tutti gli uomini senza distinzione, creature di Dio e immagine di Dio, proclamandone in termini di principio, seppure nei limiti imprescindibili degli ordinamenti sociali, la stessa dignità. In questo senso l'illuminismo è di origine cristiana ed è nato non a caso proprio ed esclusivamente nell'ambito della fede cristiana. Laddove il cristianesimo, contro la sua natura, era purtroppo diventato tradizione e religione di Stato." 1

Il grande pericolo che corre l'umanità sta nella perdita della percezione dell'Assoluto. A Dio viene contrapposta una sorta di filosofia del relativismo: ciò che conta è quello che vuole e sente la maggioranza, quello che è utile per i più, quello che è più opportuno. È il trionfo dell' "etica della maggioranza", in cui la "minoranza" non può che essere perdente e il singolo, l'individuo, il particolare non possono che rimanere esclusi. Tutto in nome della "libertà", un concetto formulato in modo ancora vago e persino contraddittorio, per il quale la religione diventa un fatto privato e Dio è relegato in una sfera puramente personale. In nome di una scienza ridotta a semplice tecnologia si è perso il senso della grandezza e della inviolabilità dell'uomo nel quale non si vede più l'immagine di Dio, e che è stato ridotto a semplice strumento. Il richiamo severo riporta alla mente lo scandalo delle migliaia di embrioni congelati, il commercio di organi, il traffico di giovani donne e bambini da avviare alla prostituzione, le moderne forme di schiavitù tollerate anche nei nostri paesi opulenti ed avanzati. La libertà vaga e malintesa di cui parla Ratzinger è all'origine di quelli che egli chiama "i grandi problemi planetari: la disuguaglianza nella ripartizione dei beni della terra, la crescente povertà, anzi l'impoverimento, lo sfruttamento della terra e delle sue risorse, la fame, le malattie che minacciano tutto il mondo, lo scontro delle culture." Una libertà che diventa, quindi, negazione dei diritti: dal diritto fondamentale alla vita e ad una esistenza dignitosa al diritto di avere opinioni diverse da quelle imperanti. È una libertà che si confonde spesso con la moda, sia quella dei gruppi, sia quella delle masse, sapientemente e subdolamente piegate alla volontà e agli interessi di chi più ha potere.
Per la solidità e la chiarezza del suo pensiero - e per l'ufficio che ha occupato per oltre venti anni come guardiano della fede -, Joseph Ratzinger è stato accusato di "tradizionalismo", "conservatorismo" e "fondamentalismo". Questo perché al di fuori e al di là di ogni trascinamento alla deriva della fede, il suo pensiero affonda saldamente le sue radici nel messaggio divino che Gesù ha lasciato agli uomini. Un messaggio tramandato attraverso la Chiesa, sul quale la Chiesa ha speso nei secoli le sue migliori energie. È un messaggio che si traduce in tutta la sua purezza nell'annuncio e nella costruzione del "Regno di Dio", di cui Dio è soggetto e causa. Dio, quindi, è al centro dell'Umanità, della Storia e del Futuro. E al centro è anche l'uomo in quanto immagine di Dio.
Un atto di fede? Certamente, reso però razionale e attento alla realtà dell'uomo che vive nella Storia. Così, infatti, egli spiega la fede: "Insomma cos'è questa fede? Ora possiamo rispondere così: è la forma, non riducibile a scienza e incommensurabile ai suoi parametri, assunta dall'uomo nel complesso della realtà; è l'interpretazione senza la quale l'intero uomo rimarrebbe campato in aria; è l'atteggiamento che precede il calcolo e l'azione dell'uomo, senza il quale egli in definitiva non potrebbe né calcolare né agire, perché tutto ciò egli è in grado di farlo unicamente nell'ambito d'un senso capace di sostentarlo. L'uomo in effetti non vive del solo pane del fattibile, ma vive invece da uomo , e, proprio nella configurazione più tipica della sua umanità, vive di parola, di amore, di senso della realtà." 2
I suoi no, che hanno creato risentimenti, disagi e persino rotture - come il no alla omosessualità, al sacerdozio femminile e a certi aspetti della teologia della liberazione - sono dettati da un'unica grande preoccupazione: salvaguardare la fede da ogni banalizzazione. Perché il cristianesimo è esigente. "Oggi più che mai il cristiano deve essere conscio di appartenere a una minoranza e di essere in contrasto con ciò che appare buono, ovvio, logico per lo "spirito del mondo", come lo chiama il Nuovo Testamento". Riecheggia in queste parole un lungo passo della splendida lettera a Diogneto il quale voleva sapere chi fossero poi questi cristiani. I cristiani, spiega lo sconosciuto redattore della lettera, vivono sì nel mondo ma "testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale".
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1 Dalla conferenza tenuta il 1 aprile 2005 a Subiaco, al Monastero di Santa Scolastica per la consegna all'allora Cardinale del premio San Benedetto "per la promozione della vita e della famiglia in Europa".
2 Da "Introduzione al Cristianesimo" di Joseph Ratzinger, Ed. Queriniana. Raccolta delle lezioni tenute dall'autore all'Università di Tubinga nel 1967-68 e tradotte finora in 17 lingue.

 

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