Pubblicato su Politica Domani Num 46 - Aprile 2005

Insegnamento Sociale della Chiesa
Wojtyla, il Pastore
La Centesimus annus , la Chiesa e il mondo

di Maria Mezzina

La Centesimus annus di Giovanni Paolo II è una delle encicliche più profetiche. Sono richiamati e ampliati, adattandoli al mondo di oggi, gli insegnamenti contenuti nella Rerum Novarum, la prima enciclica sociale: la libertà dell'uomo, la dignità dei lavoratori, la società civile e il ruolo dello Stato, il diritto di associazione, i rapporti tra lavoro e capitale, la giusta retribuzione, il diritto di proprietà, il diritto della Chiesa di intervenire, perché
"Questa, infatti, ha la sua parola da dire di fronte a determinate situazioni umane, individuali e comunitarie, nazionali e internazionali, per le quali formula una vera dottrina, un corpus, che le permette di analizzare le realtà sociali, di pronunciarsi su di esse e di indicare orientamenti per la giusta soluzione dei problemi che ne derivano."
Le "res novae" di oggi (1991) sono il crollo dei regimi comunisti, epigone del fallimento del socialismo reale, che imprigiona l'uomo nei limiti di un ateismo legato a valori puramente terreni; i processi di decolonizzazione e una grande voglia di partecipazione democratica e di controllo della gestione dell'economia nel rispetto dei popoli e delle culture. Le sfide di oggi, dopo la caduta del muro di Berlino, sono la liberazione e la ricostruzione dell'Europa centrale e orientale e i fermenti dei paesi del terzo mondo, alla ricerca di un'autentica teologia di liberazione.
Proprietà privata unita alla universale destinazione dei beni. È il quarto capitolo la parte più intensa e più illuminata di questa straordinaria enciclica. Il lavoro, l'impresa, il mercato, il profitto, il consumo, l'ambiente, i beni collettivi e i compiti dello Stato. Impossibile fare una sintesi, bisogna leggere, meditare e capire quanto questa enciclica abbia percorso i tempi e come siano limpide le soluzioni che indica ai problemi di oggi.
Uno di questi problemi, la dismissione dei beni dello Stato e le privatizzazioni, è oggetto di alcuni articoli su queste pagine. Nelle parole dell'enciclica c'è una soluzione "alta".
"È compito dello Stato provvedere alla difesa e alla tutela di quei beni collettivi, come l'ambiente naturale e l'ambiente umano, la cui salvaguardia non può essere assicurata dai semplici meccanismi di mercato. Come ai tempi del vecchio capitalismo lo Stato aveva il dovere di difendere i diritti fondamentali del lavoro, così ora col nuovo capitalismo esso e l'intera società hanno il dovere di difendere i beni collettivi che, tra l'altro, costituiscono la cornice al cui interno soltanto è possibile per ciascuno conseguire legittimamente i suoi fini individuali.
Si ritrova qui un nuovo limite del mercato: ci sono bisogni collettivi e qualitativi che non possono essere soddisfatti mediante i suoi meccanismi; ci sono esigenze umane importanti che sfuggono alla sua logica; ci sono dei beni che, in base alla loro natura, non si possono e non si debbono vendere e comprare. Certo, i meccanismi di mercato offrono sicuri vantaggi: aiutano, tra l'altro, ad utilizzare meglio le risorse; favoriscono lo scambio dei prodotti e, soprattutto, pongono al centro la volontà e le preferenze della persona che nel contratto si incontrano con quelle di un'altra persona. Tuttavia, essi comportano il rischio di un'"idolatria" del mercato, che ignora l'esistenza dei beni che, per loro natura, non sono né possono essere semplici merci."

 

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