Pubblicato su Politica Domani Num 46 - Aprile 2005

Wojtyla, l'uomo
Il teatro rapsodico
Il teatro della "parola viva, il teatro delle "catacombe", l'esperienza di questa forma di espressione, unica nel suo genere è ancora quasi sconosciuta in Italia

di Maria Mezzina

Una casa privata, cinque attori e venti spettatori, una candela e qualche brano di Chopin al pianoforte, questi sono gli inizi del teatro rapsodico di Cracovia. Era nato nel 1941 in pieno regime nazista, ad opera di Mieczyslaw Kotlarczyk, insegnante di lingua polacca, il teatro della "parola viva". Un anno prima aveva preso avvio il teatro clandestino di Tadeusz Kudlinski di cui quello di Kotlarczyk è erede.
Per Karol il teatro rapsodico è molto di più di una passione: è un modo di vivere ed è una ricerca. Un pensare ad alta voce e una ricerca del senso dei tragici avvenimenti del tempo, un parlare con sé e con gli altri, e con l'Altro. "Nel teatro rapsodico l'attore finisce con l'essere non tanto il testimone del problema ma una specie di problema egli stesso, una volta accettato di calcare quell'insolita scena", scrive Wojtyla in una delle sue lettere all'amico Kotlarczyk. L'amicizia fra i due, nata sui banchi di scuola, al liceo (Kotlarczyk è stato insegnante di letteratura polacca del giovane Karol), con il teatro rapsodico diventa legame tenace. Uniscono i due la passione comune per il teatro ma soprattutto il desiderio di mantenere viva la dignità del popolo polacco mortificata e oppressa dal regime nazista, e la ricerca del senso ultimo delle cose e della vita e, in questo, la ricerca di Dio.
Nel '41, per proteggerla dai nazisti, Karol Wojtyla accoglie in casa la famiglia di Kotlarczyk. Il teatro continua a vivere nelle case degli amici. Nel '43 c'è la prima (clandestina) del "Samuel Zborowski" di Juliusz Slowacki e Wojtyla interpreta la parte del protagonista. Sarà la sua ultima comparsa sulle scene teatrali: aveva deciso per la via del sacerdozio, e a nulla serviranno le argomentazioni di Kudlinski, che per una notte intera cercherà di convincere l'amico a non lasciare il teatro per la sua vocazione.
Dopo la guerra, il teatro delle catacombe, come veniva chiamato, esce finalmente allo scoperto (salvo poi ritornarvi dal 1953-1957, in pieno regime comunista). Di esso si occupa e scrive ancora Wojtyla, divenuto intanto sacerdote e poi vescovo di Cracovia. Lo fa sulle pagine del "Settimanale universale di Cracovia", una delle poche voci libere nel nuovo regime stalinista, dal 1959 al 1961 con lo pseudonimo di Andrzej Jawien. Il teatro trasmette valori in contrasto con la dottrina del regime al potere ed è seguito con entusiasmo da molti giovani. Il maestro rimane affascinato dall'opera di Dante e dal lavoro fatto in Italia per portarlo sul palcoscenico da attori quali Albertazzi, Foà e Carraro e decide di inserire il poeta italiano nel repertorio del teatro rapsodico. L'amico Karol gli scrive: "La tua Divina Commedia va ascoltata e riascoltata più volte per capire il senso profondo di Dante Alighieri al di là delle sue parole".
Ascoltare e riascoltare per capire il senso profondo delle parole. È il modo di porsi di Wojtyla, il giovane, il sacerdote, il papa, di fronte a se stesso e agli altri, per arrivare a Dio. Un Dio profondamente incarnato nella storia e nel dolore degli uomini al quale, come Giobbe, il giovane, il poeta e l'uomo continua a porre domande.
Nella primavera del 1967 il vescovo Wojtyla celebra una messa in occasione dei 25 anni della nascita del teatro rapsodico. Il regime usa la messa come occasione per sospendere le attività del teatro. Il 9 giugno 1967 Karol scrive all'amico e registra con lui la fine del "loro" teatro. Pochi giorni dopo Paolo VI lo nomina cardinale. Un anno dopo "scoppia" il '68, poi nel '69 fiorisce e muore la primavera di Praga; nell'87 Wojtyla è papa; nell'89 cade il muro di Berlino.
Oggi, ad oltre sessant'anni dagli inizi del teatro della "parola viva", la voce di Karol si alza ancora potente nella sua debolezza, davanti a un pubblico di milioni di persone, come ai giorni della sua giovinezza, davanti a quelle 20 persone nella stanza con le candela accesa e la musica di Chopin. E la speranza è che un altro muro crolli su se stesso, incruento.

Questo articolo è apparso su Politica Domani n.30 - Novembre 2003. La ristampa è un omaggio al Papa

 

Opere teatrali di Karol Wojtyla
"Giobbe" e "Geremia", pubblicati in "Poesie e drammi" (1980)
- "Fratello di nostro Dio", scritto nel '49, pubblicato nel '79 e messo in scena nell'80
- "La bottega dell'orefice", scritto nel '60 e rappresentato nel '79.

Il teatro rapsodico e Karol Wojtyla
Karol Wojtyla, "Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio" (1996).

 

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