Pubblicato su Politica Domani Num 46 - Aprile 2005

Intervista gruppo teatrale "Già e non ancora"
La risata allunga la vita
Oratorio Salesiano Don Bosco San Lorenzo-Velletri

A cura di Emanuela Montellanico e Chiara Quaglia

Ridere fa bene all'anima. E ci sono persone che hanno il dono di far ridere. A questa "razza" appartengono i componenti di "Già e non ancora", una compagnia teatrale dialettale di Velletri. Da anni mettono in scena commedie e sono amici da una vita. Sono commedie leggere, mai volgari che ripropongono antiche tradizioni Veliterne. Attirano un pubblico di giovani, anziani e intere famiglie. Una risata che si tinge di generosità e che per questo è ancora più bella.
All'intervista per Politica Domani hanno risposto coralmente, come nelle loro commedie, Franco Montellanico (FM), Patrizio Quaglia (PQ), Giuseppe Masella (GM), Massimo Sbariggia (MS), Nadia Giuliani NG) e Angela Mariani (AM).

Quando è nata la vostra compagnia?
MS - "Nel 1972."

Come è nata l'idea del dialetto?
PQ - "Il dialetto è congeniale al nostro modo di esprimerci. Ci interessa la cultura contadina, con tutti i fatti di vita vissuta che sono abbastanza comici. Sono nate così le nostre rappresentazioni."

Come avete iniziato e dove?
FM - "Abbiamo iniziato al SS Crocifisso a Velletri con piccoli sketch inventati da noi, o presi da qualche libretto. Facevamo le prime rappresentazioni dalle suore di Santa Marta e in alcuni ospizi, dove andavamo la domenica a fare un po' di animazione."

Come sono cambiate le vostre rappresentazioni?
GM - "Abbiamo iniziato con sketch molto brevi. Poi è venuta la padronanza con il palco e con il pubblico: recitiamo a braccio e variamo di continuo. Prendiamo spunto anche da situazioni e battute colte fra il pubblico in sala. All'inizio eravamo noi stessi a cercare il nostro pubblico, bambini, anziani, per tenerlo in allegria. Poi siamo andati in teatro. Nelle prime commedie recitavano solo gli uomini. Nella commedia "O' processo", non c'è nessuna figura femminile. In "Gliocia stovita", invece, che abbiamo ripreso a canovaccio, c'erano già delle donne. Nell'opera "Capisci 'nsomma che vo' ", che abbiamo scritto di sana pianta, le donne sono state inserite da subito."

Vi siete ispirati a qualcuno o ad altre commedie?
FM - La nostra fonte sono i fatti della vita quotidiana contadina. Ad esempio, ne "O' processo", due fratelli litigano per una questione di confini. Anche in "S'arecozzero fora" l'idea di fondo è che chi nasce contadino ritorna sempre alle sue origini. Le nostre opere sono inventate da noi. Abbiamo avuto dei maestri però. Il primo è stato un sacerdote che aveva studiato un po' di teatro in seminario. Ma il maestro più importante è stato Italo Zaccagnini che recitava in una compagnia teatrale con Romolo de Crais. Insieme fecero un'opera intitolata "I bocchi 'n so' pe' tì". Ci piacque così tanto che decidemmo di fare teatro anche noi.
PQ - "I copioni ce li facciamo da soli, recitando a canovaccio. Non ci sono singole battute, ma solo idee intorno alle quali nascono le commedie. Sono fatti di ogni giorno, aneddoti, vicende a cui abbiamo assistito o che ci sono state tramandate. Capita, a volte, che a distanza di tempo non ricordiamo più le battute. Ora, però, con i video, possiamo rivederci e ricordare i vari passaggi. Esistono comunque dei copioni che sono stati presentati alla SIAE per tutelare la compagnia.

Quanti siete e che ruolo hanno i giovani nella vostra compagnia?
NG - "Circa 15, ma è un numero sempre variabile. Ai giovani vogliamo lasciare la nostra esperienza e il nostro vissuto teatrale. I giovani sono una ventata di aria nuova e partecipano con vero entusiasmo. E poi sono proprio loro l'obbiettivo dell'Oratorio Salesiano."

Chi è il vostro pubblico e che scopo hanno i vostri spettacoli?
GM - "Il nostro pubblico va dai sette/otto anni agli ottanta e oltre. Ci sono interi nuclei familiari. Si divertono tutti. Continuano, incontrandoci e incontrandosi, a ripetere le battute che diciamo in scena. Il teatro è dunque sia dentro che fuori. Con le registrazioni fatte a teatro sta partendo un progetto per arrivare anche a tutti coloro che non possono venire a teatro. Vogliamo essere una compagnia che va verso la gente e che non rimane confinata in un teatro."
FM - "Con l'incasso del teatro aiutiamo diversi movimenti umanitari. Una parte va poi per la costruzione dell'Oratorio. Lo scopo principale però è far divertire la gente. Vogliamo costituire un movimento della gioia. Vogliamo poi inserire i giovani in un'attività che li aiuti a relazionarsi meglio con gli altri. Con il teatro vogliamo anche testimoniare che il cattolicesimo non è bigotto, ma sa portare un messaggio di fede e di gioia, come voleva Don Bosco."

C'è qualche episodio simpatico accaduto in scena?
PQ - "In "O'processo", il personaggio Fulgenzio è uno a cui piace molto il vino. La prima volta in scena usammo del vino vero, così l'interprete nostro amico si ubriacò e all'inizio del secondo atto non voleva più andare in scena perché non ricordava neanche una battuta. Sempre durante "O'processo", Luigi, il vecchio, deve rompere una noce calpestandola. Per scherzo la noce vera fu sostituta con una di plastica. Quando Luigi provò a rompere la noce, questa si sgonfiò e rigonfiò più volte. Una sera, in "Giovannina e i suoi spasimanti", Franco e Giuseppe si ritrovarono senza voce. Qualcuno suggerì loro di mangiare dell'aglio crudo. Figuratevi la faccia di Giovannina quando in scena, stando vicino a loro, fu costretta a sentire l'odore sgradevole dell'aglio."

Fino a quando pensate di continuare?
AM - "Andremo avanti finché il Signore vorrà perché la gente si diverte e noi non lo facciamo per interesse personale o economico e vogliamo continuare così. Per questo vi invitiamo ai nostri spettacoli, a divertirvi insieme a noi.

 

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