Pubblicato su Politica Domani Num 46 - Aprile 2005

Radio e televisione
Una legge lunga 19 mesi
Come cambia il sistema radiotelevisivo con la legge Gasparri

di Mauro Lodadio

Il 29 aprile dello scorso anno il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge Gasparri che riordina il sistema radiotelevisivo con 142 sì, 91 no e 1 astenuto. Al suo sesto passaggio parlamentare, a 19 mesi dal suo varo, il disegno di legge Gasparri, terreno di scontro e di verifica di governo per la maggioranza, è diventata legge dello Stato.
La legge si poggia su tre pilastri: un sistema integrato delle comunicazioni su cui calcolare i tetti antitrust stimato in circa 26 miliardi, il via al digitale terrestre, la riforma della Rai e un nuovo vertice aziendale. Approvato già in via definitiva il 5 dicembre 2003, il ddl era stato rinviato il 15 dello stesso mese al Parlamento dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. L'iter parlamentare del provvedimento, ripartito nel gennaio, riceve uno "stop" il 2 febbraio 2004, alla Camera: con votazioni a favore dai margini sempre più limitati su alcuni articoli, la maggioranza chiede una "pausa di riflessione". Il provvedimento torna nell'aula della Camera da cui riceve il via libera il 24 marzo. E finalmente, dopo il passaggio alla commissione lavori pubblici e comunicazioni di Palazzo Madama, arriva l'ok definitivo del Senato.
Non sono serviti quindi a niente i moniti di Ciampi e il rinvio da parte dello stesso Presidente della Repubblica della tanto acclamata legge. I punti principali della riforma del sistema radiotelevisivo sono semplici e di facile comprensione: il dimagrimento del Sic, il paniere in base al quale si calcolano i limiti Antitrust; le nuove norme per il digitale terrestre; l'allungamento in vita del cda Rai e il divieto di incroci tv-giornali fino al 31 dicembre 2010.

TETTI ANTITRUST E PUBBLICITA' (art. 15) - Fermo restando il divieto di posizioni dominanti nei singoli mercati, non si può superare il 20% dei ricavi complessivi del Sic (canone, pubblicità nazionale e locale, televendite, sponsorizzazioni, attività di diffusione realizzate al punto vendita tranne le azioni sui prezzi, convenzioni con soggetti pubblici, offerte tv a pagamento, abbonamenti e vendite di quotidiani e periodici inclusi libri e dischi in allegato, agenzie di stampa nazionali, editoria elettronica e annuaristica anche per il tramite di Internet, utilizzazione delle opere cinematografiche). Dalla torta del Sic, elemento centrale del messaggio di rinvio di Ciampi, sono stati eliminati libri e dischi (esclusi quelli allegati ai giornali), la produzione di cinema e fiction, la produzione degli spot, le pubbliche relazioni, il Fondo unico per lo spettacolo e sono state limate voci come Internet, arrivando così a 9 miliardi di euro di tagli rispetto alla formulazione originaria. L'attuale valore, secondo le stime del Sole 24 Ore, ammonterebbe a 26 miliardi di euro.
Quanto agli affollamenti pubblicitari, solo gli spot sono soggetti ai limiti orari (18% per le tv commerciali), mentre le altre forme di pubblicità, comprese le telepromozioni, sono soggette solo ai limiti quotidiani (15% per gli spot, elevabile al 20% in caso di telepromozioni e televendite, massimo per un'ora e 12 minuti al giorno).
L'art. 14 stabilisce che l'Autorità per le Comunicazioni, nel caso in cui accerti che un'impresa supera il 20% del Sic, adotti un atto di pubblico richiamo. In caso di accertata violazione, procede in base alla legge Maccanico (anche con misure deconcentrative).

DIGITALE (art. 25) - Dal primo gennaio 2004 la Rai deve coprire il 50% della popolazione con due blocchi di diffusione; entro il primo gennaio 2005 il 70% della popolazione. Questo per avvicinarsi alla scadenza della legge 66 del 2001, cioè il passaggio definitivo alla nuova tecnica di trasmissione entro il 31 dicembre 2006: fino ad allora le concessioni analogiche (compresa Retequattro) vengono prorogate.
Modificato dopo il rinvio della legge, l'articolo 25 ingloba il testo del decreto salvareti: l'Autorità verifica entro il 30 aprile 2004 la diffusione del digitale in base a tre parametri (quota di popolazione coperta dal nuovo segnale, presenza sul mercato di decoder a prezzi accessibili, offerta di programmi ad hoc) e nei trenta giorni successivi relaziona a governo e Parlamento. In caso di verifica con esito negativo, adotta i provvedimenti previsti dalla Maccanico.

RAI (articoli 20 e 21) - La tv pubblica avrà un consiglio di amministrazione di nove membri, in carica per tre anni e rieleggibili una sola volta. Fino alla prima fase della privatizzazione (alienazione del 10% del capitale), sarà la Commissione di Vigilanza a nominare sette membri del Cda (con voto limitato ad uno, cioè 4 alla maggioranza e 3 all'opposizione), mentre gli altri due, tra cui il presidente, saranno invece scelti dal Ministero dell'Economia. La nomina del presidente diventa però efficace con il parere favorevole, a due terzi, della Vigilanza. A regime, i nove membri saranno nominati dall'assemblea dei soci. Il presidente sarà nominato dal Cda, fermo restando il parere favorevole, a due terzi, della Vigilanza.
Il rinnovo dei vertici Rai era stato fissato al 28 febbraio 2004, data però superata dai fatti: si è stabilito così che i nuovi criteri di nomina dei vertici Rai diventano operativi tre mesi dopo la chiusura della prima offerta di pubblica vendita. Questa scatterà entro quattro mesi dalla fusione della Rai in Rai Holding, che a sua volta dovrà essere completata entro due mesi dall'entrata in vigore della Gasparri. Fino al 31 dicembre 2005, comunque, sono vietate cessioni di rami d'azienda.

TV LOCALI - Ogni operatore può avere fino a tre concessioni o autorizzazioni in ogni bacino regionale, e fino a sei per regioni anche non limitrofe. Il limite quotidiano di affollamento pubblicitario sale dal 35% al 40% comprese le televendite.

 

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