Pubblicato su Politica Domani Num 46 - Aprile 2005

Finanza "creativa"
Cartolarizzazioni made in Italy
Inventate per far quadrare i conti, sono diventate uno degli assi portanti del bilancio di Stato. Ma l'Europa non è convinta. E noi lo siamo ancora di meno

di Maria Mezzina

Ci risiamo. L'Eurostat ha di nuovo bocciato i conti pubblici italiani, quelli del 2003 e 2004. Li ha rimandati a settembre, quando ci sarà la seconda notifica. Solo sei righe per dire, in sostanza, che il bilancio italiano non è chiaro. L'ipotesi di fondo è che il bilancio sia "taroccato" e l'istituto di statistica europeo chiede spiegazioni su almeno sei operazioni "non comprensibili". Fra queste c'è anche "una operazione di cartolarizzazione (securitisation)".
Cerchiamo allora di capire che cos'è una cartolarizzazione e che cosa c'è dietro.
Il termine nasce nel 1999 ed è frutto di un'idea che parte da un presupposto squisitamente liberista: che un maggiore sviluppo dei mercati finanziari generi un maggiore sviluppo del paese. Non siamo d'accordo con la teoria che, tra l'altro, salta alcuni passaggi essenziali: una maggiore diffusione dell'azionariato genera una maggiore protezione degli investitori; questa provoca un maggiore sviluppo dei mercati finanziari a cui fa da contrappeso una minore tutela dei lavoratori (secondo il modello Pagano-Volpin del 2000). È indubbio però che le cartolarizzazioni mettono nei mercati un po' di peperoncino e li aiutano ad andare. Servono quindi, dicono gli esperti, ad incrementare e diversificare il mercato finanziario.
Si tratta di una pratica usata dai paesi emergenti. Paesi come l'Italia ne fanno uso essenzialmente per tre motivi: migliorare artificialmente gli indici di bilancio; dare in pasto alla gente notizie rassicuranti sull'andamento dei conti pubblici; "fare cassa" subito, vendendo tutto quanto sia possibile vendere.
Le operazioni di cartolarizzazione sono di due tipi: finanziarie e immobiliari.
Nelle cartolarizzazioni finanziarie c'è un possessore di crediti (Originator) - nel nostro caso lo Stato - che li trasferisce ad un'agenzia esterna, SPV (Special Purpose Vehicle), la quale li trasforma in obbligazioni: crediti e interessi dell'originator diventano così titoli sul mercato finanziario. I titoli sono venduti direttamente dalla SPV oppure, più spesso, tramite banche intermediarie a degli investitori privati che li comprano. Nel giro, i titoli lievitano di prezzo: oltre a coprire il capitale e gli interessi per cui sono stati emessi, infatti, essi debbono coprire anche le spese della SPV, le commissioni per le banche e le commissioni e le parcelle per le agenzie e gli operatori di "rating" ad "alta affidabilità" che vengono scomodati per rendere questi titoli più appetibili con un rating elevato. In questa operazione l'Originator non è più responsabile dei propri crediti e può mettere subito in bilancio, senza aspettare le scadenze, capitale e interessi.
In questo modo lo Stato italiano ha venduto i crediti contributivi di Inps, Inail e Sace, i crediti sulle vendite future dei biglietti di lotto e enalotto, i crediti dovuti agli introiti delle tasse (Irpef e Iva).
Altra cosa sono le cartolarizzazioni immobiliari. Qui lo Stato, che è proprietario di beni immobili (appartamenti, edifici, terreni, ma anche musei, monumenti, opere d'arte, aeroporti, stazioni, ospedali, caserme), decide di vendere in blocco le sue proprietà. Cede gli immobili ad una "società veicolo", Scip (Società di cartolarizzazione di immobili pubblici) creata appositamente. Questa, attraverso una cordata di banche, emette obbligazioni garantite dal valore di questi immobili e le vende sul mercato. Il ricavato va allo Stato come acconto. Il resto arriverà al momento della messa all'asta degli immobili.
Qual'è il vantaggio? Lo Stato può inscrivere in bilancio le somme ricavate dalle vendite delle obbligazioni e si libera di immobili che richiedono grosse spese di manutenzione. Il rovescio della medaglia è che il prezzo delle proprietà cedute - evidentemente ad acquirenti molto grandi - può aumentare, anche di molto, a seconda dell'andamento del mercato (spesso volatile, inaffidabile e persino "drogato"). Il vantaggio è allora tutto di chi si è accaparrato il patrimonio. Un patrimonio, tra l'altro, la cui destinazione diventa impossibile controllare.
In questo modo sono stati cartolarizzati gli immobili di proprietà degli enti previdenziali, decine di migliaia di edifici residenziali. La più grande cartolarizzazione mai fatta in Europa.
Se poi l'operazione riguarda unità abitative di edilizia popolare, ci sono pesanti implicazioni sociali: anziani e famiglie che alloggiano in queste unità e non hanno la possibilità di acquistare sia pure a prezzo ridotto (per gli inquilini sono previste alcune agevolazioni), rischiano di trovarsi in mezzo a una strada. Comuni e Regioni hanno riacquistato parte degli immobili - vale a dire: lo Stato ha venduto a se stesso - ma gran parte del patrimonio abitativo degli enti è passato in mani private.
È indubbio che le cartolarizzazioni mettono in moto un'incredibile quantità di denaro e che la circolazione del denaro produce altro denaro. Ma chi sono i beneficiari di questa girandola? Innanzi tutto le banche di intermediazione come Banca Imi, Caboto Intesa Bci, Deutsche Bank, Lehman Brothers. Poi le società "advisor" che organizzano le aste. Fra queste troviamo Pirelli & C. Real estate, Romeo Gestioni e Romeo Immobiliare, Andersen, Knight Frank. E, infine, quelli che si accaparrano i "gioielli di famiglia", i grandi gruppi transnazionali come la Carlyle. Proprio lei, la multinazionale degli investimenti immobiliari e finanziari che può vantare nomi come George Bush, John Carlucci, John Major, un budget di 24,8 miliardi di dollari e affari in 14 paesi.
Alcuni studiosi giudicano con favore l'ondata di cartolarizzazioni che ha investito l'Italia a partire dal 1999 e che è esplosa dal 2001 in poi. Dicono che ha favorito la cultura della cartolarizzazione; ha definito, semplificato e accelerato la normativa ad essa collegata; ha aperto le porte alle grandi società, incluse quelle di "rating", e alle banche di investimento straniere.
Non è detto però che l'ingresso di investitori stranieri sia sempre un vantaggio. Il passaggio di proprietà pubbliche italiane in mani straniere ha implicazioni culturali e sociali che andrebbero profondamente meditate.
Inoltre l'operazione finanziaria stessa potrebbe risolversi in un boomerang per gli investitori. Sono recentissimi gli scandali che hanno investito le società di "rating" (i cui dipendenti sono anche consulenti delle società che debbono giudicare). Il caso Enron è solo l'esempio più macroscopico di un malcostume diffuso contro il quale l'economista Marco Vitale ha puntato il dito già qualche anno fa in un suo illuminante libro, "America, punto e a capo" (sottotitolo: Una lettura non conformista della crisi dei mercati mobiliari, Scheiwiller, 2002). È stato però anche il caso che ha indotto il Congresso USA a varare misure molto restrittive a difesa degli investitori. Altrettanto non è successo in Italia con i casi Cirio e Parmalat. Un dato, questo, da tenere in considerazione.
Quanto alle norme, ogni semplificazione è certamente un bene, ma talvolta norme complesse possono fare da barriera protettiva ad avventurismi di vario genere. Questa semplificazione si traduce in un invito alle società più aggressive e più spregiudicate ad entrare nella competizione per accaparrarsi beni da far fruttare, in prospettiva, anche centinaia di volte.
E, infine, la cultura. C'è un altro modo di percepire l'intero processo: così si diffonde la cultura della ricchezza fondata sulle rendite e sui giochi di borsa dei mercati finanziari, a scapito di quella fondata sulla produzione e il lavoro. Una sub-cultura perversa e suicida, che guarda solo al presente e non si fa scrupolo di bruciare il patrimonio di casa. È la sub-cultura della cicala senza prospettive e senza memoria. Quella di gente che ha talmente poco rispetto delle proprie radici da considerare ormai roba da rigattiere il primo articolo della nostra costituzione "L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro".

 

Il significato
[Dal sito dell'Accademia della Crusca]

"Cartolarizzazione 1999
Ambito d'uso : Linguaggio giornalistico
Definizione: cessione di beni pubblici mobili e immobili in forma di titoli commercializzabili.
Di recente il termine viene usato comunemente, soprattutto in ambito giornalistico, per indicare la cessione, da parte dello Stato, di beni mobili ed immobili nella forma di titoli negoziabili. In precedenza, il termine si riferiva alla cessione, soprattutto da parte di istituti di credito, di crediti, iscritti a bilancio, a società-veicolo perché li immettessero sul mercato come titoli negoziabili. (Vedere a proposito il decreto legge Tremonti del 25 settembre 2001 n. 351 [G.U. n. 224 del 26-9-2001])".
"Cartolarizzazione. È recentissima la bocciatura da parte di Eurostat della trasformazione in obbligazioni del valore di una serie di vendite di stato, fra cui quelle di immobili e del lotto, avvenute nel 2001 [...]". (www.repubblica.it - 25 agosto 2002)

 

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